Nella Danimarca a cavallo tra il XIX secolo e il XX secolo, mentre il resto dell’Europa viene smossa da grandi cambiamenti, Hammershøi mantiene il suo unico stile innaturale. Il poeta del silenzio è conosciuto per le sue opere con soggetto interni e architetture minimaliste.
La vita
Vilhelm Hammershøi (1864-1916) visse per la maggior parte della sua vita a Copenaghen, nel quartiere di Chrisianshaven, dapprima all’indirizzo Strandgade 30 (dal 1899 al 1909) e poi Strandgade 25 (dal 1913 al 1916). Il pittore del silenzio viaggiò molto in tutta Europa, ma nessuno degli stili con cui venne a contatto ispirò o modificò la sua pittura, che rimase immutata per tutta la sua carriera artistica.
Studiò pittura fino dalla tenera età di otto anni, dapprima con maestri privati e poi all’Accademia di Belle Arti di Copenaghen. Il suo stile non è possibile farlo rientrare in una categoria rigida. La sua vita scorre monotona e nel 1891 sposa Ida Ilsted.
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Lo stile
Viene definito il poeta del silenzio per la sua principale tematica: la casa desolata, silenziosa e spoglia che emana un’atmosfera sospesa nel tempo. Fu l’iniziatore dell’arte di interni danese, con la sua linea dritta e geometrica. Nei suoi quadri spesso figura la moglie, ripresa rigorosamente di spalle, in vestiti austeri dai colori scuri, spesso posizionata nei pressi di una finestra o di una porta. Il volto non viene mai mostrato, avvolgendo la scena in un’aura enigmatica. Le finestre sono quasi sempre chiuse e non lasciano intravvedere l’esterno, mentre le porte sono aperte e mostrano gli altri locali della casa. Il cromatismo è ridotto al minimo: tonalità del bianco, del grigio, della terra ed agli effetti di luce alternati a quelli d’ombra. L’assenza fa da protagonista in tutte le sue opere.
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La fama
Molto conosciuto durante la sua epoca, finì poi nel dimenticatoio, inghiottito dalla fama delle rivoluzionarie avanguardie nel primo dopoguerra. Fu ampiamente citato e ammirato dai suoi contemporanei, tra i quali il poeta Rainer Maria Rilke e il regista Carl Theodor Dreyer. A partire dagli anni ’90 venne riscoperto soprattutto grazie a una retrospettiva organizzata dal Museo d’Orsay di Parigi (1997), seguita da quella presso il Museo Guggenheim di New York.
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