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I voyeur: il sacrificio degli amanti fotografati da Kohei Yoshiyuki

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«Volevo che le persone scoprissero i corpi un centimetro alla volta» dichiarò in un’intervista Kohei Yoshiyuki, fotografo giapponese autore di Kōen (公園, Il parco), progetto fotografico allestito alla Komai Gallery di Tokyo per la prima volta nel 1979. Si tratta di 74 scatti realizzati con pellicola infrarossi e flash che raffigurano amanti in momenti di intimità all’interno di Chuo Koen, parco centrale della capitale giapponese. Situato nel quartiere di Shinjuku, è un importante snodo ferroviario di Tokyo e dunque ancora oggi tra i punti di incontro favoriti per le coppie di pendolari.

Una sera, Kohei Yoshiyuki, che si trovava nei pressi di Chuo Park, venne colpito non tanto dalle dolci effusioni degli amanti quanto dai gruppetti di guardoni che si erano accampati dietro ai cespugli per spiare, condividere e in qualche modo “rubare” quegli incontri segreti. A Kohei ci vollero sei mesi prima di decidersi a portare con sé la propria flash Kodak: per lasciare che la realtà si dispiegasse era necessaria la fiducia dei voyeurs, la loro complicità, la stessa che questi ricercavano nell’intimità delle coppie prima osservandole in lontananza e poi sempre più da vicino, spingendosi fino a toccarli nei casi più fortunati. Questo era il prezzo da pagare per gli amanti in un Giappone stordito dalla repressione sessuale – repressione che si cercò di combattere proprio a Shinjuku, casa base del movimento di sinistra intenzionato ad abbattere i tabù e le tradizioni, cominciando con “atti osceni” e illegali come, per esempio, fotografare amplessi.

La serie di fotografie venne pubblicata nel 1972 su Shukan Shincho, nota rivista giapponese che si occupava liberamente di tematiche considerate tabù. All’epoca il sesso prematrimoniale e l’omosessualità erano aspramente criticati e, spesso, i giovani giapponesi vivevano con la famiglia fino al matrimonio. Il parco diventò dunque meta fissa per chi volesse sottrarsi, fosse solo nell’attesa tra un treno e un altro, agli occhi severi della gente. Trovando così però altri occhi, più liberi e ugualmente avidi.


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Nell’esposizione del 1979, Kohei volle ricreare la situazione originaria: nessuna luce, solo una torcia data in dotazione ai visitatori per strappare gli abiti e scoprire quei corpi, stampati a grandezza naturale. Le stampe sono state distrutte dopo la mostra, e il lavoro è sparito quasi completamente prima di riapparire in una mostra a New York nel 2007.

«The Park è un brillante esempio di documentazione sociale, che cattura perfettamente la solitudine, la tristezza, e la disperazione che spesso accompagna i rapporti sessuali o umani in una metropoli enorme e dura come Tokyo».†

(Martin Parr in The Photobook: A History, Volume II)

 

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Miriam Di Veroli

Classe 1996, studia Lettere moderne all'Università degli Studi di Milano.

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