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Il libraio: un mestiere in via d’estinzione?

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11 minuti di lettura

di Ilaria Moretti

Questa è la storia di un uomo di Milano che faceva il libraio.

Les Petites Recettes des Gros Succès 2 - Vanity Fair
Les Petites Recettes des Gros Succès 2 – Vanity Fair

Sul campo aveva imparato un mestiere indagandolo in ogni aspetto, maneggiando con agilità dettagli tecnici che per gli altri – i clienti – nulla avevano di complesso. Col passare del tempo era divenuto un esperto nel suo settore sapendo trattare dell’oggetto libro non soltanto la sua estetica, la sua statica materialità da suppellettile che riempie le case. Del libro aveva conosciuto il mondo che ci stava dietro, le case editrici, i cataloghi ma soprattutto i contenuti. Quell’uomo era – è – un grande lettore.

L’epoca in cui aveva iniziato a lavorare sembra oggi non esistere più. Vi era un tempo dove si entrava in libreria per chiedere consiglio, per cercare l’ultima uscita del tale autore. Quando si girovagava incerti per gli scaffali si poteva venir graziati da un consiglio sincero, un punto di vista curioso, un’apertura che rimava sovente con «se questo ti è piaciuto allora ti piacerà senz’altro…».

Un giorno l’uomo che faceva il libraio decise di cambiare città e scelse Bergamo per cominciare una nuova vita. Fu facilmente assunto in un negozio del centro che non aveva né insegne né grandi padroni: era un luogo di pace, a conduzione famigliare, di quelli che oggi certi critici nostalgici definirebbero libreria indipendente. I locali facevano sognare: grandi soffitti affrescati, pile di libri condensati in poco spazio, un soppalco in legno dedicato ai più piccoli. Le famiglie erano contente. Libreria era sinonimo di pausa, riflessione: dalle grandi vetrate si intuiva il fermento dei giorni di festa, il va e vieni dei giovedì mattina. La libreria, in barba alla vita esteriore, accoglieva nelle sue pareti in legno chiaro regalando qualcosa che oggi pare difficile trovare: la concentrazione.

Les Petites Recettes des Gros Succès - Vanity Fair
Les Petites Recettes des Gros Succès – Vanity Fair

La famiglia proprietaria però non era contenta. Voleva di più: espandersi, fare grandi numeri. Così iniziava la fase dei traslochi. L’uomo che faceva il libraio, fedele, seguiva la famiglia in ogni spostamento effettuato nell’arco di quindici anni. La via era sempre la stessa ma le vetrate cambiavano e così la prospettiva. Sempre più grande, sempre più in là: il monito era questo.

Era l’inizio degli anni Duemila e il nuovo millennio si profilava ricco e promettente. A Bergamo l’Università di Lettere apriva le sue porte e così altri corsi di laurea: Lingue e Letterature straniere faceva ogni anno più studenti e l’offerta formativa spaziava tra indirizzi di teatro e cinema, Scienze dell’Educazione e poi, più in là, anche Filosofia. La libreria cresceva in proporzione allo sviluppo culturale della città. Eppure qualcosa cominciava ad andare storto. In quella stessa città altre librerie storiche avvertivano i primi segni di fatica: Seghezzi in Viale Papa Giovanni XXIII – un minuscolo parallelepipedo per lettori coraggiosi – il  Punto Einaudi in Piazzetta Manzù, la vecchia Ubik e la Libreria Rossi. Internet era arrivato e piano piano mangiava sempre più ingenti fette di mercato.

Dopo tanti traslochi la famiglia decise di abbandonare l’avventura perché le entrate non erano più quelle di un tempo. Padre e figlio vendettero ad un grande colosso che possedeva i numeri giusti e che sarebbe stato capace di sopravvivere nonostante tutto: il segreto erano le vendite on-line che si celavano dietro un’insegna già proprietaria di diversi negozi sparsi in tutta Italia.

Così l’uomo che faceva il libraio, fiutando l’aria da smantellamento, decise di inviare altrove il suo curriculum da professionista del settore. Non si illuse di un posto da dirigente – sebbene ne possedesse l’età e la competenza – si accontentava, semplicemente, d’essere un dipendente tra i tanti. Ma le librerie indipendenti oramai erano sempre di meno e le altre, quelle possedute dai grandi colossi editoriali, dissero no. No ad un curriculum così ricco, no ad un uomo di quarantotto anni, no all’esperienza. Cercavano un commerciale.

Missing Saul Bellow - Internationale Magazine
Missing Saul Bellow – Internationale Magazine

«Benissimo», rispose il libraio «conosco il prodotto come le mie tasche dunque posso definirmi un ottimo commerciale. Beh, commerciale del libro, ben inteso!» Ma ai colossi non interessava. Loro volevano i numeri, vendere un libro – nella loro logica – non era dissimile dal vendere una saponetta, un telefono cellulare, un aspirapolvere.

Così l’uomo che faceva il libraio si vide chiudere molte porte in faccia, con garbo, per carità, perché tutti, in un modo o nell’altro, riconoscevano la sua esperienza, l’infinita competenza che purtroppo però, a conti fatti, non era abbastanza. Tuttavia non si arrese ad un destino miserando: non poteva accettare che anni di professionalità venissero buttati nel fuoco. Dopo varie ricerche andate a vuoto decise di investire il poco denaro messo da parte per aprire una libreria in franchising appoggiandosi all’insegna di una nota casa editrice.

Il negozio è sito in un centro commerciale: lo spazio è poco ma esiste, anzi resiste, da ormai cinque anni. Aperta sette giorni su sette fino alle dieci della sera, dall’esterno non è diversa da una qualsiasi libreria da centro commerciale. Eppure, entrandoci, balza all’occhio un disordine sospetto, un’opulenza militante di chi i libri li accumula come può, seguendo le logiche del gusto e della testa, andando oltre le leggi dello spazio, quasi oltre la gravità. Nel disordine da libreria indipendente – che nulla ha a che vedere con l’asetticità da corsia luccicante delle librerie fast-food – si trovano volumi insperati. Ci sono le cinquanta sfumature, quelle sì – siam pur sempre ai grandi magazzini – ma nel settore dei classici non mancano volumi in lingua straniera, copertine rare, un inaspettato romanzo di August Strindberg in una bella edizione della UTET e altre piccole magie introvabili in negozi affini.

L’uomo pur resistendo al vento della storia resta tuttavia attonito dinnanzi agli innumerevoli muri incontrati: «In un’epoca dove internet fa da padrone, dove il libro si vende ovunque (dall’edicola al supermercato fino ad arrivare all’autogrill) è nelle librerie che dovrebbe riscoprirsi un servizio diverso: è il libraio che va incontro al cliente, che lo consiglia e lo orienta». Eppure, i nuovi dirigenti, gli esperti di marketing che seguono le direttive di fantomatici capi esperti di sistema, forse ritengono più interessante inserire personale inesperto, purché giovane, con la pelle levigata e senza un solo capello grigio.

L’identikit del nuovo commesso corrisponde a un esperto di merchandising: un soggetto capace di vendere matite a forma di orso e temperini con i brillantini che si trasformano in portachiavi. I ragazzi da libreria fast-food propongono quaderni da scrittore per gente che non sa leggere, infinità di carte da lettera per lettere che non si scrivono più, e, come da prassi, affogano dinnanzi a richieste un poco più puntuali, si smarriscono a fronte di titoli fuori catalogo, incespicando su nomi di autori mai sentiti e squittendo dissensi con toni di voce insopportabili.

Sand Story - Internationale Magazine
Sand Story – Internationale Magazine

Se questa storia ha un lieto fine è perché il libraio, dopo mille peregrinazioni, è tornato in libreria e questa volta la libreria è la sua. Certo, il lavoro va e viene, i clienti da centro commerciale mutano e variano a seconda degli orari, ma è ottimista: con impegno e buona volontà alla pensione ci arriverà.

Sogna ancora di ingrandirsi perché pur con i capelli brizzolati i progetti non devono mai avere una fine. Vorrebbe chiedere al gelataio che ha il negozio a fianco al suo di cedergli i locali. Vorrebbe avere più scaffali, dunque più libri, una clientela più variegata, non casuale. Poi fantastica di un luogo per i dibattiti e le presentazioni dei libri. Chissà.

Insieme ad un augurio di buona riuscita permane il sogno che i piccoli librai militanti ancora esistenti non interrompano la loro lotta quotidiana, la loro battaglia etica capace di fornire speranza a tutti quei lettori orfani di antichi spazi, amanti di altri ritmi, in cerca disperata di altri orizzonti.

Images: © Shout

 

 

 

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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