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Impacchettare le vergogne

Le statue inscatolate nella cultura di un Paese senza futuro

6 minuti di lettura

di Ilaria Moretti

La domanda è: ce la faremo mai a diventare un paese decente? La risposta è meglio non cercarla più. Meglio fingere che la questione non esista, che non ci siano competizioni, gare a cui partecipare. Meglio credere che un paese come il nostro – una cultura come la nostra – esista e si esaurisca in se stessa, senza ambizione alcuna, alla faccia dei «ce la faremo» e dei «Signori, tremate, l’Italia è tornata». Meglio dunque non indugiare più sulle nostre capacità, sui nostri meriti, sulla competitività che avevamo, sul paese che siamo stati, la civiltà che abbiamo costruito.

La faccenda delle statue impacchettate – meglio detto, inscatolate – parla da sola e racconta molto del nostro modo d’essere, della cultura che non siamo più, della paura serpeggiante che oramai è divenuta pane quotidiano. Perché l’Italia – l’han già detto in molti – ha una vocazione speciale a «trattare l’ospite come fosse un padrone». A sforzarsi di essere francese con i francesi (qualcuno sui social network ha ironizzato: «Quando verrà Hollande che faremo? Impacchetteremo i bidet?») a essere tedesca con i tedeschi e iraniana con gli iraniani.

Venere Capitolina - Roma
Venere Capitolina – Roma

A coprire con degli scatoloni le vergogne delle statue dei Musei Capitolini pare essere stata la signora Ilva Sapora, un curriculum brillante alle spalle, molte glorie e molti onori. Sul sito internet dell’Accademia Bonifaciana si leggono le sue prodezze. Dopo una laurea (più d’una?) in Pedagogia, Filosofia e Scienze Politiche, la signora ha insegnato come docente ordinario nelle Scuole Secondarie di primo grado – nota per i comuni mortali: sono le cosiddette Scuole Medie – per poi transitare (l’uso dei verbi non è da sottovalutare) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ricoprendo poi incarichi di rilievo presso il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, arrivando fino alla nomina di Responsabile della Segreteria del Capo dell’Ufficio del Personale.

Ah, l’Italia: che paese meraviglioso! Han ragione i nostri politici e i nostri Presidenti del Consiglio a dirci che tutto è possibile, che la nostra nazione sta ripartendo, che c’è un futuro. E dunque incoraggiamoli questi poveri ragazzi che escono dalle lauree umanistiche, che s’accingono a scalare la dura e faticosa montagna dei TFA (Tirocinio Formativo Attivo, alias la via per ottenere l’abilitazione all’insegnamento), dei tirocini pagati una miseria, dei possibili (una promessa è pur sempre una promessa, scherziamo?) concorsi per diventare insegnante. Cari ragazzi, ebbene sì! Un giorno anche voi potrete “transitare” dalla vostra cattedra di italiano alle Medie (ops! scusate: Scuole Secondarie di Primo Grado) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. È facile, ce l’ha fatta la signora Sapora, ce la farete anche voi.

Ilva Sapora - Accademia Bonifaciana.it
Ilva Sapora – Accademia Bonifaciana.it

Qualcuno azzarda che coprire le statue ignude sia stata una mossa politica. Guai a mettere a repentaglio la posizione del Presidente Hassan Rouhani. Non sia mai che una qualche foto diplomatica accanto ad un paio di gambe di marmo, ad un seno inanimato possa guastargli la carriera in patria. Rispetto, per carità, ci vuole rispetto per le altrui culture! E qui siamo tutti d’accordo. Rispettiamo le culture dei paesi in cui siamo ospiti. Se un’italiana – ministra o comune cittadina che sia – va in Iran si copre la testa. Ma com’è che a coprirci, in un modo o nell’altro, siamo sempre noi? Com’è che lo scandalo della diversità, la vergogna, siamo sempre noi a doverla provare? Perché il rispetto è sempre a senso unico? Rispettiamo la cultura altrui quando siamo in visita all’estero, rispettiamo la cultura altrui quando siamo a casa nostra. Perché siamo sempre noi, perché sono sempre le donne occidentali a doversi vergognare? Perché la parola vergogna circonda ancora il corpo femminile?

C’è anche chi, dopo gli stupri collettivi, le violenze, le violazioni di Colonia ha avuto la faccia tosta di sottolineare che se le donne non avessero provocato con i loro profumi, i loro jeans attillati, i loro tacchi e le loro gambe, tutto questo non sarebbe successo. Per la cronaca, Colonia è in Europa, e l’Europa ha fatto qualche passo avanti sulla libertà e l’emancipazione femminile (anche se la strada è ancora lunga). Com’è che il presidente Rouhani si sconvolge (o potrebbe sconvolgersi) per un paio di gambe di pietra e non è minimamente urtato da un paese (il suo) dove l’omosessualità e l’adulterio sono puniti con la pena di morte? Dove sta il confine della vergogna? Soprattutto, chi è che si deve vergognare?

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Immagine in copertina: commons.wikimedia.org

Redazione

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