Uno sfondo buio, un drappo che emerge dallo sfondo dal quale fa capolino l’inquietante muso di un cavallo, un letto, una giovane donna addormentata e qualcosa che le grava sopra: è l’Incubo, il celebre olio su tela del 1782 di Johann Heinrich Füssli (1741-1825), conservato ora al Goethe Museum di Francoforte.
La situazione dipinta è molto intima: quello che viene portato sulla tela è la dimensione onirica, sconosciuta a quelle date, che si basava solamente su una tradizione folklorica popolare molto sviluppata; l’autore sembra proprio farsi portavoce di questa tradizione, al punto che Füssli sembra essere l’anello di congiunzione tra la tradizione culturale vigente e l’arte.
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Il primo piano, quello del letto su cui giace la dormiente, peraltro ritratta in una posa innaturale e scomposta derivante proprio dalla situazione di tormento interiore, e quello immediatamente dietro, con la toeletta e il ripiano col portagioie, è il piano del presente: un interno borghese ben noto all’autore, che per questo motivo riesce a ritrarlo e a riprodurlo con dovizia di particolari; esso riproduce le immagini del reale, così come lo specchio rivolto “in avanti” riflette solo ciò che si vede.
Il secondo piano è quello del sogno, che si concretizza nelle due figure del cavallo e di Incubo, il mostriciattolo dall’aria grottesca che incombe, schiacciandole il petto. Questo secondo piano è quello che ha dato origine a più interpretazioni e che è stato poi letto alla luce delle teorie legate all’interpretazione dei sogni compiute da Sigmund Freud.
Nel 1974, anche lo psichiatra svizzero Jean Starobinski ha affrontato lo studio dell’Incubo nella sua opera Tre furori, in cui vengono affrontati tre casi di ottenebramento: quello di Aiace, quello dell’indemoniato di Gerasa e quello, appunto, della dormiente e dell’incubo che la tormenta. La novità evidenziata è che per la prima volta vengono ritratti e l’oggetto ottenebrante e il soggetto ottenebrato; l’analisi si sposta poi sulla terminologia: il titolo originale del dipinto, The Nightmare, allude proprio al mare ossia alla giumenta, la femmina del cavallo, che tradizionalmente porta in giro Incubo durante la notte. Interessanti sono le riflessioni che emergono ricollegandosi a Freud: Starobinski, rivolgendosi allo psicanalista e alle sue teorie, individua nell’apertura delle tende e nella forma del muso del cavallo richiami agli organi sessuali e al momento dell’amplesso; il cavallo sarebbe simbolo della figura paterna con cui la fanciulla deriderebbe di congiungersi incestuosamente e questo desiderio proibito si concretizzerebbe proprio a livello del petto, nel punto in cui il mostriciattolo grava.
L’Incubo, in sostanza, non è solo un dipinto di pregevole fattura, in cui l’autore dà sfoggio di una tecnica consapevole e minuziosa acquisita in accademia, ma anche una finestra sulla parte più oscura e irrazionale della mente umana: in un momento in cui dilaga la razionalità, Füssli porta in superficie gli impulsi più inspiegabili che sottostanno al meccanismo onirico, pur mantenendo una salda struttura compositiva a piramide, facilmente ricollegabile all’esigenza di ritorno all’ordine dell’epoca.
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