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Interruzione di gravidanza tra politica e religione

Ma esiste davvero una linea che definisce se l’interruzione di gravidanza sia una scelta che riguarda la donna oppure la sua società?

10 minuti di lettura

«Mai due estranei legati allo stesso destino furono più estranei di noi. Mai due sconosciuti uniti nello stesso corpo furono più sconosciuti, più lontani di noi». Così parlava Oriana Fallaci nel 1975 della sua scelta di abortire all’interno del libro intitolato Lettera a un bambino mai nato. Sono trascorsi quarantotto anni dalla sua pubblicazione e mai come allora, certe parole, certe storie sono quotidiane come oggi. Il 24 giugno dello scorso anno, in una storica sentenza, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha votato a favore dell’abrogazione del diritto all’aborto. Tale decisione, ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade che lo rese costituzionale il 22 gennaio del 1973. Tra plausi e malcontenti, il dibattito sul diritto all’aborto ha fatto il giro del mondo ponendo il dubbio sulla sua legittimità.

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Interruzione di gravidanza nella sfera politica

in Italia, sempre l’anno scorso, vi fu la denuncia di alcune donne che hanno testimoniato contro i ginecologi degli ospedali di Umbria, Emilia Romagna e Veneto. Essi hanno chiesto loro, prima di praticare l’interruzione di gravidanza, di ascoltare il battito fetale. Secondo le ginecologhe Toschi e Canitano dell’associazione Pro Choice, tale pratica è illegale in quanto coincide con un abuso di potere da parte dei medici obiettori di coscienza. Nel frattempo si è riacceso il dibattito sulla legge 194 che sancisce il diritto di interruzione di gravidanza nel nostro paese. La legge è stata istituita il 22 maggio del 1978 e il suo obiettivo primario è la tutela sociale della maternità insieme alla prevenzione sull’aborto tramite consultori familiari. Tale obiettivo è perseguito anche al fine di proteggere le politiche di tutela della salute femminile. Inoltre, in Italia l’aborto è consentito entro i 90 giorni dall’inizio della gravidanza tramite i due metodi riconosciuti che sono farmacologico e chirurgico. L’approvazione della 194 però ha apportato alcuni compromessi, il primo più grande è stato introdotto all’articolo 9 che introdusse l’obiezione di coscienza. Difatti, l’articolo 9 della legge 194/1978 cita: «Il personale sanitario ed esercente le attività̀ ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione». Nel report di “Mai dati” 2022 si afferma che in Italia i medici obiettori sono sette su dieci e in tutta la nazione vi sono trentuno ospedali con il 100% di obiettori di coscienza. Inoltre, i dati definitivi sulla situazione pubblicati dal Ministero della salute risalgono al 2019 quindi è difficile avere un quadro completo della reale situazione all’interno di strutture sanitarie in materia di aborto. Ad ogni modo, la legge raccomanda che tutti i servizi ospedalieri garantiscano l’interruzione di gravidanza, quindi la questione riguarda anche i direttori sanitari che non applicano la legge.

Situazione in Italia e i cimiteri dei feti

Nel 1981, subito dopo l’avvio della legge 194, fu richiesto un referendum che la abrogasse del tutto. Ma il 61% dei votanti si dichiarò a favore di essa. Tra gli anni Ottanta/Novanta in Italia si sono sviluppati i due gruppi che operano in relazione a questo tema che sono: pro-Choice e pro-life. La prima si occupa di educazione sociale e prevenzione della salute riproduttiva della donna mentre la seconda difende il diritto alla vita. Nel 2020, a seguito della denuncia di una donna, si è tornati a parlare di cimitero dei feti. La donna in questione aveva scoperto accidentalmente che il suo feto abortito era stato sepolto in un’area del cimitero Flaminio a Roma. Per comprendere ciò, dobbiamo analizzare la procedura della polizia mortuaria istituita nel 1990. L’articolo 7 del regolamento parla dei nati morti a partire dalla ventottesima settimana e dispone registrazione all’anagrafe e sepoltura obbligatoria. Mentre nel comma 2 e 3 parla di prodotti abortivi per le settimane 20-28 e che le località ospedaliere devono avvalersi della responsabilità della sepoltura. Ma il punto interessante appartiene al comma 4: esso stabilisce che in tutti i casi vi è la sepoltura obbligatoria e, entro 24 ore dall’esportazione, bisogna redigere un certificato di natalità e morte. Nel caso in cui entro il tempo stabilito non vi siano presentazioni, le associazioni pro-life si occupano dell’intera procedura. In tutta Italia si contano più o meno 50 cimiteri di questo tipo.

L’interruzione di gravidanza all’interno della religione cristiana

Per quanto riguarda la sfera religiosa, un passo in avanti lo ha fatto Papa Francesco durante il Giubileo del 2016. Il papa in quell’occasione disse di comprendere le decisioni e sofferenze delle donne che hanno dovuto compiere tale scelta. Come ben sappiamo, il cristianesimo concepisce la vita come un dono di Dio sulla quale l’uomo non ha potere. La dottrina moderna vede l’aborto volontario come un omicidio in quanto attribuisce la vita al feto già dal concepimento. Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica denominata Evangelium vitae ha spiegato la posizione della chiesa in merito. In essa si legge un appunto specifico redatto da Ratzinger, allora cardinale, che accettava l’isterectomia solo se la vita della donna fosse in grave pericolo. In più, in questa enciclica è presente un divieto di aborto anche nel caso in cui la donna sia stata vittima di abuso sessuale.

L’interruzione di gravidanza nell’Islam

Le questioni legate alla scienza e alla sfera sociale della umma islamica sono prodotte ed estratte dalle fonti shari’aitiche. Se per caso, l’argomento in questione non è presente all’interno di nessuna di queste fonti, i fedeli sono invitati a recarsi dai dottori della legge che emettono le fatwa. Per quanto riguarda il Corano dobbiamo dire che in primis, il matrimonio e la procreazione sono principi fondamentali. Nella sura al rum parla di amore e matrimonio e in an-nahl parla di donne in quanto spose e di figli. Poi un’altra cosa importante appartiene alla sacralità del corpo umano. Il corpo è un dono che appartiene a Dio e l’uomo non è altro che suo ospite. Nella sura 38, al-sad nel versetto 72 parla di animazione e solo dopo che l’anima ha preso il corpo diventa umano. In un hadith del profeta egli spiegò che: l’embrione che porta alla vita conosce tre fasi di quaranta giorni l’una e che solo alla terza fase egli diventa vita. Su questa fonte, alcuni dottori della legge consentono l’aborto entro i 40 giorni perché in quel caso non esiste ancora nessuna vita e né destino. Durante il consiglio supremo degli Ulama dell’Arabia saudita del 1987, si dichiarò che: l’aborto è possibile entro i 40 giorni, tra i 40/120 per preservare la salute della madre e nei 4 mesi solo se la madre è in pericolo di vita. Questo perché per il concetto islamico, si preserva la madre già in possesso di un corpo, di un’anima e di un destino.

Tuttavia, proprio nella fattispecie in cui sono i giudici a decidere, non in tutte le società musulmane si applica la medesima legge. La scuola hanafita che è la più diffusa consente l’aborto nelle prime tre fasi; la scuola shafita che opera nella parte orientale, consente l’aborto nella prima fase; la scuola hanbalita del golfo persico ha sfumature diverse a seconda del paese e in fine abbiamo la scuola malikita che opera nel magreb e proibisce l’aborto in qualsiasi fase.

La sfera politica, culturale, sociale e religiosa influisce particolarmente sulle questioni riguardanti l’individuo. La salute psicofisica della donna è sempre messa in discussione tra ciò che è giusto e sbagliato. Ma esiste davvero una linea che definisce se l’interruzione di gravidanza sia una scelta che riguarda la donna oppure la sua società? Non c’è una reale risposta a questa domanda, solo una lettera a cuore aperto come quella della Fallaci al suo tempo.

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Alessandra Ferrara

Nata nella provincia di Caserta e laureata in lingue straniere all'università Orientale e cultrice dei diritti umani presso La Sapienza. Sostenitrice della libertà e protezione dei più deboli, amo viaggiare scrivere e leggere e nel tempo libero sono una serie tv addicted.

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