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Moving in Space without Asking Permission alla GAM di Milano

Fino al 18 dicembre, l'artista americana Andrea Bowers espone i suoi lavori dedicati alle donne e alla lotta per la parità di genere alla Galleria d'Arte Moderna di Milano

6 minuti di lettura

La Galleria d’Arte Moderna di Milano ospita fino al prossimo 18 dicembre la quarta edizione di Furla Series, un progetto nato nel 2017 e che vede Fondazione Furla impegnata nella realizzazione di mostre pensate per dare valore e visibilità al contributo delle donne nella cultura contemporanea. Moving in Space without Asking Permission è il titolo scelto per la prima personale mostra in un’istituzione italiana dell’artista e attivista americana Andrea Bowers. L’esposizione, curata da Bruna Roccasalva, fa parte di un più vasto progetto sul femminismo che l’artista porta avanti da anni.

Another kind of strength

Le opere nascono dalla riflessione e dal dialogo con il contesto culturale e sociale in cui si trova ad operare. Nello specifico, Andrea Bowers sceglie di confrontarsi con il lavoro della filosofa e attivista Alessandra Chiricosta, che insegna le arti marziali come strumento di autoconsapevolezza corporea e di rottura degli stereotipi di genere.

Another kind of strength, recita l’insegna che apre la mostra, avvertendo lo spettatore e fornendogli la chiave di lettura del percorso: il concetto tradizionale di forza, identificata come «forza virile», viene decostruito, ricordando piuttosto tutte le altre sfumature attraverso cui può esprimersi l’idea di forza e svincolandola così dall’associazione ad un genere. Addirittura, in Sisters Be Strong (2013) una donna impugna un fucile, come se fosse colta proprio nel momento che precede immediatamente lo sparo. Una guerriera che indossa un paio di pantaloni maschili sopra una vestaglia ricamata e calze rette da una giarrettiera, sfida provocatoriamente il guardante, richiamando la sua attenzione attraverso uno sguardo diretto, consapevole, ma non furtivo. Total Bodily Autonomy è la scritta che compare sul cartone e che testimonia il desiderio dell’artista di un forte impatto visivo, che trasmetta messaggi accessibili e diretti, pur abbracciando un’ampia varietà di mezzi espressivi.

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Gli slogan, protagonisti di molti dei lavori esposti, ricorrono di frequente accompagnati dall’uso vivace del colore: messaggi incisivi, concisi e d’effetto diventano armonici se apposti su fondi brillanti, come nel caso dei 153 ventagli di Feminist Fans (2022).

Il messaggio è forte, ma la battaglia non è persa, sembrano volerci dire, permeando le stanze, attraverso la brillantezza del colore, di sentimenti tutt’altro che di resa. Hear me roar, recita uno di questi. Le voci si sentono nelle stanze, come se lo spettatore si sentisse partecipe di una danza, scegliendo anche lui il proprio messaggio da urlare.

Moving in Space without Asking Permission
Andrea Bowers, Sisters Be Strong, 2013, Acrilico su cartone, Collezione privata.

«Moving in Space without Asking Permission» esorta all’azione

Dalla percezione di un grido, all’azione: un altro tema interessante è il coinvolgimento diretto del visitatore, aspetto che traduce in parte quel desiderio di accessibilità e di forte impatto visivo espresso dall’artista con le sue opere. L’installazione ambientale Political Ribbons (2022), centinaia di nastri in raso colorati su cui sono serigrafati slogan di protesta, si ispira alla grafica politica dei primi del Novecento e ai nastri utilizzati dalle Suffragette nelle proteste non violente. Andrea Bowers riporta nel presente questi materiali del passato, facendoli dialogare tra loro ed esortandoci all’azione: il visitatore sceglie il proprio messaggio e se ne fa interprete, viene invitato a portarlo con sé e a esibirlo in segno di solidarietà alla lotta per i diritti delle donne e la parità di genere. Attraverso questa installazione si è chiamati ad una partecipazione anche emotiva, che si rivela nella scelta personale del nastro, dal colore fino al messaggio di cui esso si fa veicolo.

Il dialogo tra presente e passato ricorre anche nella scelta di Bowers di esporre queste opere proprio alla GAM, un museo la cui collezione rimanda al periodo storico tra Ottocento e Novecento, quando il movimento di emancipazione femminile in Italia muoveva i primi passi. È un’immagine di donna, quella proposta dall’artista, molto diversa da quella che compare nelle opere della collezione del museo, a cominciare dal fatto che sia essa sempre soggetto ritratto e mai mano ritraente.

In questo modo, Moving in Space without Asking Permission restituisce un quadro più complesso di quel periodo, racconta altri tipi di forza, ancora troppo spesso sottovalutati, da cui però sono germinate molte delle idee e delle battaglie che si rivelano essere di grande attualità e importanza.

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Teresa Bonandi

Sono una studentessa di Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano, amo l’arte, la moda e gli aperitivi con gli amici. Estremamente ipercritica verso me stessa e determinata a portare a termine i miei progetti, sempre con un occhio di riguardo alle nuove tendenze, da vera fashion victim.

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