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Il debutto a teatro di Ferzan Özpetek con «Mine vaganti»

Dopo dieci anni, torna in scena la famiglia Cantone. Ferzan Özpetek sbarca a teatro con l'adattamento del film «Mine Vaganti». Al Teatro Sociale di Trento dal 2 al 5 febbraio

5 minuti di lettura

Quattro giorni di tutto esaurito al Teatro Sociale di Trento, tra il 2 e il 5 febbraio, per lo spettacolo Mine vaganti, adattamento teatrale del celebre film omonimo del 2010 firmato Ferzan Özpetek. È lo stesso Özpetek a portare in scena la commedia, affrontando per la prima volta l’ambito teatrale e scegliendo volti noti come Francesco Pannofino, Simona Marchini e Carmine Recano.

«Mine vaganti» tra grande schermo e palcoscenico

Vincitore di numerosi riconoscimenti, tra i quali due David di Donatello e cinque Nastri d’Argento, Mine vaganti riprende vita sul palcoscenico oltre dieci anni dopo, ripresentando le vicende della famiglia Cantone. Tommaso (Erik Tonelli), il figlio minore di Vincenzo (Francesco Pannofino) e Stefania (Iaia Forte), torna nella sua casa natale per confessare le proprie aspirazioni di scrittore, lontane dai desideri paterni che lo vorrebbero coinvolto nel pastificio di famiglia, oltre che la propria omosessualità. Proprio nel momento in cui sta per rivelare tutto, però, il fratello maggiore Antonio (Carmine Recano) fa a sua volta una confessione che sconvolge la serenità famigliare e lo porta ad allontanarsi. Tommaso è così costretto a rivedere i suoi piani, combattuto tra la volontà di riprendere in mano la propria vita dicendo la verità e la paura di essere respinto.

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L’adattamento teatrale operato da Özpetek vede, necessariamente, la scomparsa di alcune scene e personaggi, oltre che il cambio sostanziale della narrazione. Non si tratta più, infatti, di una sequenza puramente cronologica di eventi, ma della messa in scena dei ricordi di Tommaso, che si pone quale narratore della propria storia. Ciò ha permesso alla pièce di acquisire una ritmo incalzante e mai monotono, necessario in teatro, con cambi di scena repentini ed escamotage avvincenti. Questi cambi improvvisi sono resi in particolare grazie all’intelligente scenografia progettata da Luigi Ferrigno, accompagnata dalle soluzioni illuministiche di Pasquale Mari, che ha come elemento principe una serie di quinte composte da veli semitrasparenti. Questi, scorrendo lungo binari a cui sono appesi, permettono di creare spazi sempre nuovi, adattandosi alle esigenze specifiche dei vari momenti.

La rottura della quarta parete

Preponderante nello spettacolo teatrale di Ferzan Özpetek è la rottura della quarta parete, con il coinvolgimento del pubblico. Sin dall’inizio, infatti, Tommaso parla con il pubblico in sala, spiegando che lo svolgimento della messa in scena lo vedrà protagonista tanto quanto gli attori sul palco. Numerose volte, in effetti, la sala viene illuminata completamente, portando gli attori a parlare con il pubblico, interpellando singole persone come fossero coinvolte nella rappresentazione e mischiandosi tra loro. Gli spettatori diventano in questo modo gli abitanti del paese in cui Mine vaganti è ambientato, che con le loro risate si fanno complici delle ansie della famiglia Cantone, per cui l’immagine pubblica è tutto e che teme di essere derisa e screditata dai propri compaesani.

Mine vaganti
ph. Romolo Eucalitto, fonte: centrosantachiara.it

Ma al pubblico sono rivolti anche i monologhi, i pensieri di personaggi quali la nonna (Simona Marchini) o gli amici di Tommaso (Francesco Maggi, Luca Pantini, Jacopo Sorbini), oltre che di Tommaso stesso e Antonio. Questi portano sulla scena un punto di vista differente rispetto a quello dei genitori, mostrando capacità di accettazione, di sé e degli altri, della diversità altrui e dei cambiamenti sociali e personali, pur sempre in conflitto con le forti tradizioni e l’ottusità tipici dei piccoli paesi – ma non solo.

«La mina vagante se ne va»

Risate ma anche spunti interessanti di riflessione si alternano in scena, tenendo lo spettatore sempre attento e partecipe nelle vicende della famiglia Cantone. Come la pellicola a suo tempo, anche l’adattamento per il teatro di Mine vaganti è in grado di trattare argomenti delicati con sapienza, evitando la retorica spicciola che talvolta – spesso – si vede.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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