Abbiamo avuto il privilegio di poter utilizzare le sue immagini per l’intervista ad Alberto Fortis concessaci il 12 luglio 2018 a Genova. Oggi la conosceremo un po’ meglio. Lorena Vigolo, milanese, professione architetto con un’esperienza di oltre vent’anni, nutre una grande passione per la fotografia.
Anche se si autodefinisce “una semplice imbrattasensori”, ha all’attivo diverse mostre ed alcuni importanti riconoscimenti. Fotografia di viaggi, concerti live, dettagli architettonici, macro e food: è questo il variegato ed eterogeneo mondo fotografico di Lorena Vigolo, con generi e soggetti tanto diversi ma accomunati dallo studio del colore e dalla ricerca del bello, in tutte le sue forme.
Grazie Lorena per la disponibilità a questa nostra intervista. Sei riuscita a coniugare due grandi amori: la fotografia e la musica. Oltre ad Alberto Fortis, hai potuto ritrarre altri artisti e alcune tue immagini sono state condivise sui social dai musicisti stessi o usate dai media a corredo di articoli. Quali sono le tue soddisfazioni più grandi in questo genere fotografico e quali difficoltà incontri nel metterlo in pratica?
«Grazie a voi per l’attenzione che avete riservato a me e al mio hobby preferito: la fotografia, una passione relativamente recente. La musica ha sempre accompagnato la mia vita. Gli spettacoli live hanno il potere di trasportare lo spettatore in un’altra dimensione: attimi surreali, atmosfere oniriche, che si possono ricordare per la vita come qualcosa di meravigliosamente raro.
Seguo alcuni artisti da sempre, dal loro esordio: Alberto Fortis, Luca Colombo, Tao con il suo Love Bus. Altri sono scoperte sorprendenti più recenti, come Andrea Cervetto, i fratelli Alex e Paolo Polifrone, Brunella Boschetti Venturi.
Ascoltarli dal vivo tocca profondamente la mia anima. Spesso la difficoltà maggiore consiste proprio nel controllare l’emozione al momento dello scatto. Trovo le soddisfazioni più grandi quando riesco a immortalare un sorriso, quando l’artista accoglie applausi scroscianti. Certamente anche il riconoscimento è molto appagante: vedere il proprio scatto a completamento di un articolo riempie di orgoglio. Ma rimango consapevole dei miei limiti. So di avere ancora molto da imparare.»
Nel 2015 hai realizzato un fotoreportage dell’Expo di Milano. Successivamente quelle foto sono diventate la mostra “Tray of Images”, dove le immagini sono state arricchite dalla sovrapposizione di elementi reali come chicchi di riso, di caffè, spezie. Come ti è venuta questa idea?
«Con Expo 2015, Milano, la mia città, si è aperta al mondo con un evento indimenticabile e irripetibile: “Nutrire il pianeta, energia per la vita” è un argomento che riguarda tutti noi, tutti i giorni. Ho vissuto questa esperienza pienamente, dedicandomi a tutte le attività possibili: visitare tutti i padiglioni comprendendo tematiche e architetture, passare in rassegna tutti i cluster incontrando culture sconosciute, approfondire i contenuti dei temi della partecipazione dei Paesi e riflettere sul destino del nostro pianeta. Ho scattato migliaia di foto e ne ho selezionate nove per una mostra presso lo spazio milanese Kitchen.
L’idea di applicare elementi reali ai pannelli stampati è venuta naturalmente: avevo già sperimentato questa tecnica incollando sassolini, vetrini levigati e frammenti di cocci raccolti sulle spiagge a una fotografia della battigia ligure. Così è stato spontaneo applicare chicchi di riso, caffè verde, spezie, baguette, tappi di bottiglia e altri soggetti presenti nelle fotografie.
L’idea è stata apprezzata dai partecipanti all’inaugurazione della mostra. Alcune opere sono state acquistate e il loro ricavato destinato a Save the Children e a Make a wish, un’organizzazione che realizza i desideri di bambini affetti da patologie gravi, per poter dare loro gioia, forza e speranza.
Con la stessa tecnica ho realizzato Girasoli, il mio lavoro esposto alla mostra fotografica di Seveso in fiore. Rappresenta il ciclo vitale di un girasole, dal bocciolo al fiore appassito, e ciò che ne rimane: i semi, reali, tangibili, con tutta la loro forza che racchiude la nuova vita.
È dedicato al mio Maestro Luca Renoldi, scomparso nel 2015, che tanto mi ha aiutata a orientarmi nel settore della fotografia e che vive attraverso le immagini che ci ha lasciato, per me grandi lezioni e fonte di ispirazione, sempre. Ogni iniziativa a cui partecipo, fotograficamente, si ricollega a lui, ai suoi consigli, elogi, stroncature, suggerimenti, che tuttora riesco a sentire quando sfioro il pulsante di scatto della reflex.»
Hai allestito una mostra molto originale, il cui tema era il progetto Lilli, Maggiolina Hippie di Ezio Guaitamacchi e del pittore Carlo Montana, un’auto dipinta che raffigura Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Brian Jones. E ancora una volta, anche se in modo diverso dai live, è la musica la protagonista delle tue immagini.
«Ezio Guaitamacchi, vulcanico scrittore, esperto musicale e proprietario dell’automobile diventata opera d’arte grazie alle abili pennellate del pittore Carlo Montana, mi aveva contattata per realizzare un book fotografico. Successivamente mi ha proposto di esporre le fotografie nel corso della serata Hippie Night with a touch of Psychedelia a Milano, alla Salumeria della Musica.
Così è nata la mia prima mostra fotografica Hippie Beetle: sedici fotografie sostenute da grappoli di palloncini colorati gonfiati a elio, durante una serata di musica live, suoni, visioni, racconti, con la partecipazione di Eugenio Finardi.
L’idea di questo singolare allestimento affonda le radici in un passato remoto. Quando lavoravo come architetto in uno studio di ingegneria, spesso mi sentivo dire dal titolare: «Bel progetto, ma costoso. Lei con la sua fantasia riuscirebbe a sostenere questa struttura con i palloncini». Ecco, in architettura non è possibile, nelle mostre fotografiche si può fare.»
Parliamo dei tuoi viaggi. Ci sono veri e propri paradisi che ormai sono la tua seconda casa e ti regalano panorami e scatti davvero mozzafiato. C’è l’imbarazzo della scelta tra destinazioni con una natura incontaminata, borghi suggestivi e luoghi dove le architetture diventano una continua fonte di ispirazione.
«Quando ero bambina sognavo di viaggiare, collezionavo cartoline illustrate e mi chiedevo se mai sarei stata in grado di fare fotografie così belle e raggiungere Paesi così lontani. Sono riuscita, a viaggiare. Adoro tre aree geografiche, che conosco piuttosto bene e dove torno spesso per “viverle”, perché mi offrono ogni volta qualcosa di nuovo: le isole della Grecia, le Seychelles e la Provenza.
Con la mia macchina fotografica amo indagare lo “spazio esistenziale”, che comprende le relazioni tra l’uomo e l’ambiente, le tracce che lascia l’uomo sul territorio e a sua volta l’ispirazione che il paesaggio può dare di ritorno: agli artigiani, artisti, scrittori, musicisti.
Percepisco lo spazio come qualcosa di “vivo”, malleabile… I luoghi hanno un’anima, come le persone. La mia vita, il mio mondo, i miei sogni sono a colori. Desidero rappresentare la realtà così come i miei occhi la vedono, nel modo più fedele possibile, senza artifici. Del resto sono un architetto, in sintonia con il pensiero intramontabile di Le Corbusier: l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso, magnifico dei volumi sotto la luce. Da sempre sono attratta dalle isole. Sono micromondi, che hanno in sé tutte le categorie necessarie per comprendere mondi più grandi.
Le isole greche sono l’immagine del mito e di ciò che suggerisce: armonia, bellezza, mistero.
Apparentemente simili, hanno un comune denominatore, ma ciascuna possiede un’anima peculiare da svelare. Ed ecco che possiamo trovare la vita semplice, autentica, scandita da ritmi antichi, o la vita frenetica, dettata da nuove energie per aperture modaiole al turismo.
Alle Seychelles è la natura primordiale a incantarmi e a farsi catturare dall’obiettivo: anse che appaiono come sogni dopo camminate tra sentieri che si snodano nella foresta, candide spiagge, piscine naturali delimitate da rocce granitiche modellate dall’oceano e dal vento. Regno di tartarughe giganti, uccelli esotici e pesci tropicali, le isole si esplorano in bicicletta o golf car, alla scoperta delle piantagioni di cocco, dei villaggi creoli e delle spiagge incontaminate.
Infine, la mia Provenza: spazi sconfinati dove lo sguardo si perde nella ricerca di orizzonti lontani, borghi dove ogni lembo di terra e ogni frammento di muratura racconta una storia. Un chiaro invito alla gioia di vivere, assolutamente irrinunciabile. Alcune mie fotografie emblematiche di questa straordinaria regione sono state esposte a Marsiglia, Capitale Europea della Cultura 2013.»
Hai la possibilità di cimentarti con la food photography, grazie alla presenza in casa di uno chef d’eccezione, tuo marito Danilo Angè. Raccontaci un po’ di questa tua fortuna…
«Ebbene sì, è una grande fortuna! Chef di cucina e giornalista pubblicista, Danilo coltiva parallelamente alla professione svariati interessi legati al mondo della ristorazione: tiene corsi di cucina per professionisti e aspiranti gourmet, collabora con aziende di attrezzature per la ristorazione e riviste settoriali. Consulente per l’apertura di attività ristorative in Italia e all’estero e volto televisivo di alcuni programmi, alterna l’insegnamento alla creazione di eventi e serate a tema. La sua cucina è moderatamente creativa: affonda le radici nella tradizione italiana mediterranea, ma con grande attenzione alle esigenze contemporanee e alla presentazione: un piatto si gusta prima con gli occhi.
Due anni fa Danilo ha realizzato Atmosfera Zero – Viaggio nel gusto a bassa temperatura, un libro con 60 ricette dedicato a questa nuova tecnica. Ho preferito occuparmi interamente dei testi. Per le fotografie abbiamo incaricato un bravo fotografo professionista specializzato in food, Ioris Premoli.
Mi sto avvicinando alla macro e alla food photography con grande cautela, realizzando qualche timido tentativo. Conosco i miei limiti, derivanti dalla mancanza di una solida preparazione di base, condizione imprescindibile per svolgere qualsiasi professione. Negli assaggi sono più brava e preparata… Però, finché la scusa “è un hobby, non è la mia professione” regge, continuerò a scattare foto.»
Attraverso la fotografia, sei solita partecipare ad iniziative solidali. Recentemente hai aderito, con uno scatto di Matera, al concorso indetto dal portale EcoProspettive per realizzare il calendario 2019, il cui ricavato sarà devoluto a sostegno della Campagna per la Tutela e Cultura del Paesaggio Italiano e al fondo istituito dalla Regione Veneto in seguito al maltempo dello scorso ottobre.
Non ho avuto dubbi sulla scelta della foto da presentare: Matera è Capitale Europea della Cultura 2019. I Sassi di Matera sono un presepe, un gioiello di pietra. Un groviglio inimitabile di vicoli, gradinate, archi, ballatoi, terrazze, chiese rupestri, sfarzosi palazzi barocchi e case-grotta trasformate in design hotel, ristoranti di charme e spazi espositivi di artisti: una meraviglia da scoprire. Negli ultimi anni alcune mie foto sono state esposte e messe all’asta a Genova e a Torino. Il ricavato è stato devoluto ad associazioni che aiutano famiglie con bambini affetti da malattie gravi. Ho partecipato a svariate iniziative benefiche per sostenere popolazioni colpite da terremoti e alluvioni, o per la costruzione di un pozzo idrico in Kenya. Altre esperienze hanno segnato momenti importanti nel mio percorso di crescita. Mi sorprendo quando sono scelta da una giuria titolata per un contest prestigioso e assaporo sempre il piacere di confrontarmi con fotografi professionisti. L’emozione più intensa è contribuire con il mio hobby al sostegno di cause nobili.»