Il concetto di Multiverso ha ripreso recentemente a circolare nella cultura pop grazie ai prodotti della Marvel Cinematic Universe quali Loki (2021), What If…? (2021) e il più recente Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022). L’MCU ha però rispolverato un concetto vecchio quanto il mondo, che sin da prima di essere formulato scientificamente si è sempre insinuato nella mente umana attanagliata da domande come: “Cosa sarebbe successo se avessi scelto diversamente?”.
Ma cos’è il Multiverso? Con questo termine si intende un insieme di universi paralleli coesistenti ipotizzati da alcune teorie cosmologiche e fisiche. Il termine fu coniato nel 1985 dal filosofo e psicologo americano William James nel suo Principi di psicologia (1890) parlando di “sub-universi di realtà” in campo psichico. Ma fu Hugh Everett III nel 1957 ad introdurre per la prima volta il concetto di Multiverso nell’ambito della meccanica quantistica nella sua tesi di dottorato The Many-Worlds Interpretation of Quantum Mechanics. Secondo la teoria dei molti mondi di Everett, parallelamente al nostro esistono una serie di infiniti universi in cui vivono infinite copie di noi stessi e in cui le nostre decisioni si sviluppano in modo diverso dando vita a conseguenze e contingenze diverse.
Le teorie scientifiche sul Multiverso
Già Giordano Bruno nel XVII secolo, nel dialogo De l’infinito, universo e mondi contenuto nell’opera De la causa, principio et uno, accenna all’esistenza di “una pluralità infinita di mondi” in relazione all’ipotesi di un universo eterno e perennemente in mutamento. Bruno si fa così precursore di alcune teorie cosmologiche del ventunesimo secolo per le quali non si rischierà più di essere condannati al rogo dalla Santa Inquisizione.
Oltre a quella di Hugh Everett, altre teorie postulano l’esistenza di mondi paralleli. L’idea più accreditata in ambito scientifico è la Teoria delle bolle proposta da Andrej Linde negli anni Ottanta, un modello dell’inflazione cosmologica. La teoria ipotizza che innumerevoli universi come delle bolle, tra cui il nostro, siano originati dalla schiuma quantistica di un universo genitore o di un unico Big Bang. Queste bolle/universi avrebbero ciascuno la propria storia ed evoluzione e sarebbero inaccessibili tra loro se non tramite wormhole ovvero tunnel spazio-temporali che mettono in comunicazione i buchi neri.
Il concetto di Multiverso è stato ipotizzato anche all’interno della Teoria delle stringhe secondo la quale, la materia è composta da piccoli fili vibranti, le stringhe, in uno spazio con più di tre dimensioni. Sulla base di ciò, stringhe aggregate immerse in uno spazio molto più esteso potrebbero originare universi distinti (Treccani).
In ogni caso la versione di Hugh Everett, che parte dal paradosso del gatto di Schrödinger traendo la conclusione che alla fine dell’esperimento l’universo si dividerebbe in due mondi paralleli, uno in cui il gatto è vivo e l’altro in cui è morto, è quella che avrà più impatto nell’immaginario collettivo e nella cultura popolare, diventando terreno fertile per l’immaginazione in ambito cinematografico e letterario.
Il Multiverso in letteratura: da Borges a Poe, fino ai fumetti
In ambito letterario tra i primi a scrivere circa la possibilità e a sentire la necessità di ipotizzare un numero infinito di altri universi che non interagiscono tra loro vi è Edgar Allan Poe. Nel 1848, l’iniziatore dell’horror e del poliziesco, scrive Eureka: A Prose Poem, un saggio dedicato a Alexander von Humboldt, derivato da una conferenza sulla Cosmogonia dell’Universo tenutasi alla Society Library di New York. In quella che Poe riteneva la creazione più importante della sua vita, egli proponeva una sua idea sull’origine dell’universo su basi scientifiche e fisiche (prese spunto ad esempio dalla legge di gravitazione universale newtoniana e dalla teoria della cosmogonia nebulare di Pierre-Simon Laplace). Pur appartenendo al genere letterario, Edgar Allan Poe grazie ad alcune sue intuizioni si fece precursore per certi versi di idee che rimangono estremamente moderne nella ricerca scientifica attuale, come appunto quella del Multiverso o l’idea della relatività, precisamente l’equivalenza massa-energia.
Mi sento portato a immaginare (non oso esprimermi diversamente) che esista una successione illimitata di universi più o meno simili a quello di cui abbiamo conoscenza, l’unico del quale avremo sempre conoscenza, perlomeno fino al momento in cui il nostro particolare Universo ritornerà all’Unità.
(Eureka: A Prose Poem, 111-119)
Un altro caso in cui l’arte e l’immaginazione anticipano la scienza è quello riguardante Jorge Luis Borges e la sua opera Il giardino dei sentieri che si biforcano. Pubblicato nel 1941, il racconto, successivamente inglobato in Finzioni (1944), narra la storia di Yu Tsun, una spia tedesca imbucata in Inghilterra durante la Prima Guerra Mondiale che trova impedimenti nel consegnare un messaggio di fondamentale importanza al suo comandante tedesco. Cruciale è l’incontro con il sinologo Dottor Stephen Albert che gli decifra l’enigma del libro scritto dal nonno di Yu Tsun.
All’interno del libro vi è un labirinto dentro il quale ogni azione si biforca e invece che seguire un unico sviluppo lineare conduce a una moltiplicazione infinita di conseguenze e di possibili futuri. Il labirinto ipotizzato da Borges mette su carta con sedici anni di anticipo quella che sarà l’interpretazione a molti mondi di Hugh Everett di possibili universi e scelte.
Oltre a questi casi di eccezionale precursione, soltanto in seguito o contemporaneamente all’introduzione di Hugh Everett si svilupperà in letteratura il tropo del Multiverso che conoscerà enorme popolarità attirando la penna di grandi scrittori di vari generi. In ambito fumettistico, negli anni Cinquanta nell’universo autoriale della DC Comics, dove già Wonder Woman veniva catapultata in un altro universo parallelo al suo, negli anni Settanta in quello della Marvel Comics, ufficialmente con la testata What if?, solo recentemente trasposta cinematograficamente per Disney+, in cui si raccontavano varianti della storia canonica e conseguenti implicazioni differenti, e negli anni Ottanta con il lancio della miniserie Crisi sulle Terre Infinite. In letteratura Isaac Asimov scriverà il suo fantascientifico Neanche gli Dei (1972), Micheal Crichton Timeline nel 1999, e Neal Stephenson Anatem nel 2008 che vincerà il Locus Award per miglior romanzo di fantascienza l’anno successivo.
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In particolare, nei fumetti il Multiverso è un espediente utile per giustificare incongruenze e mantenere una sorta di unità narrativa oltre che aumentare l’immersività del lettore e alimentare la verosimiglianza del mondo creato.
Bandersnatch e Mr. Nobody: il peso della scelta
Nella contemporaneità, a seguito delle innovazioni mediali e delle conseguenti modalità di fruizione dei media, della relazione tra la triade fruitore-autore-prodotto e dei modelli narrativi utilizzati all’interno di essi, anche il tropo del Multiverso viene impiegato con scopi diversi. Suddetto dispositivo narrativo viene utilizzato per rispondere a diverse necessità che uniscono, da un lato, esigenze di marketing per gli autori e per le case di produzione con conseguente interesse di interconnettere i nuovi ambienti mediali e dall’altro la sempre eterna esigenza di evasione in un altro mondo sempre più reale, verosimile e che sia in grado di offrire plurime occasioni di immersività allo spettatore.
Ecco che nascono prodotti come ad esempio Bandersnatch, un tentativo di film interattivo che unisce le potenzialità di un videogioco nel medium cinematografico. Bandersnatch esce nel 2018 su Netflix ed è scritto da Charlie Brooker, diventato celebre per Black Mirror. Nel film lo spettatore prende le decisioni per il protagonista, un giovane programmatore che lavora alla creazione di un videogioco. L’originalità del film, oltre alla commistione tra medium diversi, sta nel fatto che la trama è decisa dallo spettatore, che diventa così ciò che il sociologo Alvin Toffler aveva ipotizzato nel 1980: un prosumer, ovvero un consumatore che diventa anche produttore. Applicando un principio simile all’interpretazione a molti mondi, ogni scelta che lo spettatore fa, come ad esempio scegliere tra due marche di cereali, scegliere se rifiutare o meno un lavoro o di accettare o meno di fumare uno spinello, porta a una concatenazioni di eventi diversi e a molteplici finali che secondo Netflix sono solo cinque.
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Alla base di Bandersnatch c’è dunque la scelta carica di tutte le sue conseguenze e responsabilità, scelta così gravante sull’essere umano e per la quale il Multiverso rappresenta una via di fuga dal senso di responsabilità, di irrimediabilità e insoddisfazione alla quale la scelta stessa ci incatena.
Il tema dell’importanza della scelta, dell’evasione e dei mondi paralleli la si ritrova in un film del 2009 divenuto un cult: si tratta di Mr. Nobody, scritto e diretto da Jaco Van Dormael. Nemo Nobody (Jared Leto) vive nel 2092, ha 118 anni ed è l’ultimo uomo mortale su una Terra in cui si è raggiunta l’immortalità, motivo che lo rende centro di attenzione mediatica per cui un intervistatore cerca di ricostruire la sua lunghissima vita. Nemo racconta la storie della sua vita attraverso una narrazione non lineare: partendo da tre momenti principali, le linee narrative si dividono raccontando percorsi alternativi, per cui, ad esempio, dopo che i suoi genitori si dividono, in una versione Nemo segue la madre in Canada e incontrerà Anna, in un’altra versione rimane con il padre in Inghilterra e incontra Elisa, infine in una terza versione, invece di scegliere tra i due, corre verso un futuro sconosciuto e verso sé stesso.
Il fulcro del film, anche qui, sta nell’importanza della scelta: tutta la narrazione del protagonista e dei suoi errori servono a confutare il fatto che chi non ha il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie decisioni diventa “nessuno”, come il protagonista che preferisce rifugiarsi nella possibilità di percorsi di vita diversi e paralleli utilizzando come espediente narrativo la medesima teoria dell’interpretazione a molti mondi.
Il Multiverso tra marketing e creazione
Il Multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco.
(Spider-Man No Way Home)
Ma se da un lato il Multiverso costituisce la riposta a un’esigenza interna dell’uomo di trascendenza dell’esperienza e di evasione, dall’altro per gli autori può fungere da dispositivo narrativo per riparare le falle all’interno della trama o per produrre un’unità all’interno dell’inventio narrativa; ma per le case di produzione si presta ad essere una mossa di marketing e una possibilità di accumulare profitto sfruttando i nuovi dispositivi mediali e le loro possibilità, come recentemente è successo per la Marvel o in modo meno brillante per la DC.
A livello scientifico, in ogni caso, non sembra essere ancora possibile verificare l’esistenza di un Multiverso, principalmente perché gli altri universi non sono accessibili a noi. Ciò non esclude che in futuro le teorie potranno superare i test che le confuteranno o essere rimpiazzate da ulteriori scoperte innovative. Ad ogni modo, per quanto riguarda l’ambito artistico e filosofico il Multiverso continuerà ad essere un prezioso dispositivo narrativo e strumento di risposta gnoseologico alle più profonde esigenze umane, sia conoscitive che creative, nonché un fertilissimo terreno di trascendenza per l’immaginazione umana.
Micaela Emanuela Camaroto
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