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Musica e rivoluzioni nel XX secolo

Dalla newsletter n. 28 - maggio 2023 di Frammenti Rivista

8 minuti di lettura

Tracy Chapman la definisce un mormorio, un bisbiglio. La rivoluzione è l’unica che insieme all’amore viene associata a un qualcosa che svolazza nell’aria, che quando arriva non si vede: si sente il suo profumo, il suo richiamo. Come un amore può essere destabilizzante, così la rivoluzione rovescia le nostre sicurezze o, almeno, tenta di farlo. È proprio in questo tentare che risiede sia la sua forza, sia la sua debolezza, traducendosi o in un’auspicata trasformazione o nel fallimento della distruzione.

Le due anime della rivoluzione nella musica

La musica – intesa come lo specchio riflettente delle epoche della storia, con le loro culture, fasi, umori – ha da sempre intrecciato un rapporto significativo con la rivoluzione. Nel tempo se ne è fatta promotrice, prestando la sua voce come cassa di risonanza a un cambiamento avviato precedentemente a livello sociale e culturale. Se ne è fatta, però, anche ideatrice, autrice di nuove espressioni artistiche e musicali. Da una parte, artisti come i cantautori hanno raccontato i fermenti di un’epoca, aggiungendo alle tante voci di dissenso anche la loro e restituendo dei canti che fossero della e per la comunità. Dall’altra, musicisti e compositori hanno incarnato loro stessi la rivoluzione, dando vita a nuovi generi e nuovi stili, in prima istanza musicali e successivamente culturali.

Cantare la rivoluzione

Anche un fischio, dopotutto, è simile a un bisbiglio. Può sembrare disinteressato, ma non può fare a meno di coinvolgerti nella sua melodia. Lucio Dalla lo utilizza, infatti, come apertura a una canzone di protesta, che parla di deboli e di lotta di classe: Com’è profondo il mare. Difende la libertà di pensiero: «il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare» e paragona le persone a dei pesci che, muti, pensano, ma sono inafferrabili. «Canto pure a bocca chiusa» risponde Daniele Silvestri, incominciando a intonare un motivetto, appunto, a bocca chiusa, coinvolgendo l’ascoltatore e spronandolo a fare come lui: a canticchiare, a parlare, a pensare, nonostante tutto. La rivoluzione, ancora, come strato sotteso: c’è, nonostante qualcuno decida di ignorarlo. La rivoluzione, però, anche come canto appassionato, a squarcia gola, che ta…

Margherita Coletta

Classe 1998. Laureata in Letteratura Musica e Spettacolo, con una tesi in critica letteraria. Attualmente studia Editoria e Giornalismo a Roma. Le piace girovagare e fare incontri lungo la via. Appassionata cacciatrice di storie, raccontagliene una e sarà felice.

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