Indie

Cosa ci resta dell’indie italiano

Ora che Niccolò Contessa è veramente tornato, dopo che lo ha fatto anche Calcutta un anno e mezzo fa, dopo che Franco126 ha pubblicato il suo nuovo album, cosa è rimasto oggi di quell’indie?

4 minuti di lettura

Il ritorno di Niccolò Contessa era ormai il meme preferito dai Millenials. Aspettare un nuovo amore? Come aspettare il nuovo album de I Cani. Il lavoro dei sogni? Come aspettare il nuovo album de I Cani. Una svolta, un cambio di vita o le vecchie gioie del passato? Ancora, come il nuovo album de I Cani. Era una similitudine ironica, con un velo di amaro, neanche troppo celato, per indicare l’attesa di un qualcosa che, probabilmente, non sarebbe mai arrivato. Il Godot dei nostri giorni. Poi, però, succede che Godot arriva per davvero, ma a distanza di anni e tu non sei più un adolescente. I vent’anni sono passati e ti tocca fare i conti con la realtà mutata dell’artista che, in fondo, è anche la tua.

Ora che Niccolò Contessa è veramente tornato, dopo che lo ha fatto anche Calcutta un anno e mezzo fa, dopo che Franco126 ha pubblicato il suo nuovo album – ma senza Carl Brave: ai Millenials resta ancora un frammento di quella patina di passato in cui potersi crogiolare – cosa è rimasto oggi di quell’indie? Quello che era un po’ pop, un po’ no, quello che si dichiarava diverso e che è divenuto uno dei principali fenomeni musicali recenti nella scena artistica italiana. Snaturato via via dalle logiche del mercato e del marketing, l’indie è stato dichiarato morto più e più volte, spesso dai suoi stessi protagonisti e pionieri, per non aver tenuto fede al patto iniziale di indi(e)pendenza dal mostro nero del mainstream.

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Avanti Contessa e Dopo Contessa

L’effetto era quello di essere nel bel mezzo di una rivoluzione e di fatto lo fu. Il 2011 e Il Sorprendente album d’esordio de I Cani rappresentarono uno spartiacque nel mondo della musica italiana, tanto che da lì tutto cambiò. L’indie esisteva da tempo in Italia, esploso soprattutto nella seconda parte del 2000. Tra i portabandiera vi erano i Baustelle, Brunori Sas, Le luci della centrale elettrica, Dente, gli Ex-Otago. Prima di loro, band come gli Afterhours, i Marlene Kuntz, i Verdena e i Bluevertigo avevano posto le basi per un nuovo tipo di musica. Il termine “indie” veniva utilizzato già da tempo in riferimento a quegli artisti prodotti da piccole case discografiche indipendenti, lontane dal ciclone del mercato e delle major. Queste band saltarono fuori in concomitanza alla diffusione del movimento post-punk, accomunate dalla loro lontananza dalle convenzioni del mainstream e delle logiche del successo. Con la pubblicazione del primo album del progetto di Niccolò Contessa avvenne una svolta all’interno del genere, destinata a mutare il panorama musicale italiano.

Il linguaggio e i riferimenti adottati da I Cani sono talmente attaccati alla realtà da rappresentare una grande novità. Contessa nasce a Spoleto, ma vive Roma sin dall’infanzia: ne conosce le coordinate semantiche, prima ancora di quelle geografiche, e ne racconta in modo ironico e tagliente le ipocrisie e le falsità. I Pariolini di 18 Anni, Le Coppie e Velleità sono dei manifesti di questa nuova musica. Come affermato dallo stesso Contessa:

Tutto il disco è un ritratto duro dell’adolescenza, di come sia difficile avere vent’anni.

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C’è un anteContessa e un Post. Il primo album de I Cani è considerato il primo disco ITPOP di sempre: il linguaggio è la vita di tutti i giorni, di cui il synth e un giro di accordi semplice ne sono l’espressione, il luogo è la cameretta. Dopo di lui, chi imporrà la svolta decisiva del genere sarà Calcutta, nel 2015. Gli altri nomi li conosciamo già: Thegiornalisti, Gazzelle, Lo Stato Sociale, Levante, Zen Circus. Altri artisti, provenienti dal rap, si affacciano su questa nuova scena, tracciando le loro regole: Coez, Franco126 e Carl Brave, Frah Quintale e via dicendo. L’ITPOP del dopo-Contessa eredita da lui la scrittura, il mood e l’estetica, ma qualcosa cambia: il successo dei non-mainstream li fa diventare così mainstream che, tempo qualche anno, e si inizia a ragionare sul futuro del genere, su quel che è o, già, su quel che è stato.

Risorgere e fregare il mainstream

Si è aperto prima il mercato e poi la scena indie. E per questo finirà tutto: perché è finto. Molte cose di questa musica non sono spontanee. Non che siano brutte canzoni, ma ormai si cerca di ricreare sempre la stessa cosa, c’è una componente di espressione artistica, ma ce n’è anche una di furbizia. Ho parlato con un mio amico tempo fa che mi ha illuminato: mi ha detto che il bello del nuovo pop è commettere nuovi errori. Se ti adagi sui canoni delle canzoni indie – quel suono, il nome del luogo, un riferimento alla tecnologia o ai social – non sento te che rischi di fare errori nuovi, ma percepisco solo il tuo tentativo di entrare in una classifica di Spotify.

Calcutta in un’intervista per Vanity Fair nel 2019

Calcutta ha preferito restare in silenzio: per cinque anni (dal 2018 al 2023) non ha pubblicato dischi inediti. Niccolò Contessa ha scelto un silenzio ancora più lungo, che è diventato, anno dopo anno, sempre più assordante (probabilmente una risposta al dubbio amletico-morettiano «Mi si nota di più se non vengo o se» etc.). Il nuovo album de I Cani, Post Mortem, è uscito nel 2025, dopo nove anni dall’ultimo, Aurora (2016). Nel maggio del 2023, Calcutta ha postato sul suo profilo Instagram le date del suo nuovo tour, caricando l’attesa per il nuovo disco, Relax, «Fuori con calma <3». Più morbido rispetto al ritorno di Contessa, che è arrivato senza bussare e senza chiedere permesso. Nessuna promozione per uno dei dischi più attesi degli ultimi (quasi) dieci anni: Post Mortem è arrivato così, in un casuale giovedì di inizio aprile. Il nome è già tutto dire.

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Ora, senza soffermarci nello specifico sui due album, che richiederebbero due recensioni specifiche, è interessante notare la modalità in cui i vecchi capostipiti di un genere dichiarato morto sono ritornati. Relax di Calcutta parla a più generazioni e lo fa in modi diversi. Di “relax”, in realtà, c’è poco. La copertina dell’album con una ragazza nel pieno di un intervento dal dentista è piuttosto eloquente: sì, la poltrona che il dentista ti fornisce può essere comoda, ma, una volta iniziato, l’intervento è fastidioso e invasivo. Post Mortem è, invece, un viaggio interiore, tra il disincanto e l’inadeguatezza dello stare al mondo. Cinque o (quasi) dieci anni non sono pochi. Se Contessa prima era all’alba dei suoi trent’anni e si sentiva di dire la sua sui ventenni, ora è alle porte dei quaranta e, di certo, qualcosa è cambiato. O ti evolvi e commetti «nuovi errori», o il mercato ti ingoia. Calcutta e Contessa, che di mainstream ne sanno, ancora una volta hanno compreso come arginare con l’indie il turbine del pop, per non restarci incastrati. Le logiche, i tempi, i temi restano, sempre e prima di ogni cosa, i loro.

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Margherita Coletta

Classe 1998. Mezza etrusca, mezza romana. Le piace girovagare e fare incontri lungo la via. Appassionata cacciatrice di storie, raccontagliene una e sarà felice.

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