Da ormai sei mesi la Statale di Milano, insieme ad altri dodici Atenei, ospita Universiday, un progetto promosso dal Corriere della Sera che punta al maggiore coinvolgimento degli studenti universitari, italiani ma soprattutto stranieri, nella vita della città. Sono stati sei mesi di conferenze, incontri, interviste e anche contest riservati a giovani artisti. Il 27 Maggio Universiday ha promosso nell’Università milanese un incontro, lanciato anche dall’hashtag #scrivereoggi con due noti scrittori italiani: Andrea Vitali e Marco Missiroli. Il tema del talk è sicuramente di grande interesse per molti ragazzi: come si diventa scrittori oggi? In un faccia a faccia moderato da Serena Danna, giornalista del Corriere della Sera, e da Mauro Novelli, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Ateneo, gli autori hanno cercato di rispondere a questa domanda, proponendo la propria personale esperienza e ripercorrendo i passi della loro carriera.
Andrea Vitali, primo ospite a Universiday, ha una storia davvero particolare alle spalle. Pur avendo scoperto da adolescente la passione per la scrittura – con grande ironia ricorda che i suoi primi scritti furono lettere, purtroppo vane, indirizzate a una ragazza di cui si era invaghito – fu spinto dal padre a diventare medico, professione che esercita tutt’ora nel paese natale, Bellano. È proprio questa professione, però, che gli ha permesso di diventare scrittore, quando si è accorto che dalle storie vissute, direttamente o indirettamente, grazie al contatto con i suoi pazienti poteva trarre dei romanzi. E infatti il suo primo romanzo, Il procuratore (1988), nasce proprio dai racconti di suo padre, vissuto durante la guerra. Ma comprende anche che le sue storie hanno bisogno di rimanere lì, nel suo paese e vicino al suo lago; per questo motivo, afferma l’autore, non ha mai pensato di ambientare i suoi romanzi in un luogo diverso. La realtà della sua Bellano, però, non è quella contemporanea, ma sempre quella del passato, a volte anche di un secolo fa. Una scelta dettata dal fatto che Vitali vive con grande tristezza lo spopolamento dei piccoli paesi e preferisce, invece, raccontare storie del tempo in cui quei luoghi erano pervasi di “allegria sociale”. Nei suoi romanzi, poi, rivestono una grande importanza le donne, figure forti, ispirate a quelle che lo hanno cresciuto, che perseguono il proprio scopo per cominciare a vivere. Ciò che desta perplessità in questo scrittore è come possa conciliare la professione di medico con un’intensa attività di scrittore (basti pensare che solo nel 2014 ha pubblicato quattro romanzi). Vitali ha una risposta anche per questo: quando scrivere è un piacere e, soprattutto, un divertimento non è un peso trovare il tempo per farlo. Bisogna solo sedersi e scrivere senza la pretesa di cambiare il mondo e con la consapevolezza che il modo giusto si acquisisce col rileggersi e il modificarsi nel tempo. E, ovviamente, con un “caricabatterie”: per Vitali è l’Odissea di Omero.
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Marco Missiroli invece, classe 1981, ha un’origine e uno stile ben diversi. Nato a Rimini e vissuto lì fino alla fine del liceo, non ha mai amato la sua città natale, che definisce una “cattedrale della contemporaneità”. Anche per questo ha scelto di ambientare le sue storie in un contesto urbano, più facilmente controllabile, ma lontano: l’America, Parigi, la Provenza. Secondo Missiroli, fare lo scrittore è un “mestiere” e, come tale, ha delle regole. L’immagine romantica del romanziere colto da un’ispirazione tanto grande da permettergli scrivere la sua opera in una notte non gli appartiene: la sua regola è scrivere una pagina al giorno, mai di più, perché quella singola pagina lo impegna al punto da non poter andare più avanti. Il suo ultimo romanzo, Atti osceni in luogo privato (2015), è una parziale eccezione: è stato scritto in 31 giorni, ma ha visto la luce solo dopo due anni e mezzo di ripensamenti e revisioni.
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Le storie di Missiroli non sono vissute come quelle di Vitali: lo scrittore si definisce “un giocatore di poker”, che osserva le esperienze altrui per poi interiorizzarle e “risputarle” fuori completamente trasformate. Questo vale anche per Atti osceni in luogo privato, dove viene introdotta una tematica importante e difficile: il sesso. La presenza della carne è stata un po’ il suo lasciapassare, il modo per far accettare questo romanzo così diverso, ma non è affatto una scelta commerciale perché anche il sesso fa parte dell’esperienza di ognuno; per scriverne bene è necessario, secondo Missiroli, pensare a ciò che si farebbe nella vita reale meno un po’. E non bisogna aver paura di sbagliare, non c’è niente di più erotico della possibilità che l’atto sessuale fallisca: i personaggi imbranati sono i più autentici di tutti. Nella sua narrazione è sempre presente anche una profonda malinconia per il tempo passato, dovuta probabilmente all’atmosfera da Sabato nel villaggio che ha vissuto nell’infanzia e nell’adolescenza a Rimini. Anche per Missiroli le donne hanno un ruolo fondamentale, sono “maieutiche”, cioè hanno il compito di far scattare qualcosa nell’uomo-protagonista e lo spingono ad agire. Ognuno di questi elementi concorre a formare l’idea che l’autore ha della letteratura: non risoluzione né insegnamento, ma semplicemente una consolazione, forse per lo scrittore quasi più che per il lettore stesso. Per questo motivo, conclude Missiroli, è necessario tenere a mente che scrittori si diventa quando si scrive, non quando si viene letti.
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