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Petrarca, Simone Martini e la vicenda del manoscritto di Virgilio

Un manoscritto errante, tra furti e riscoperte, lega la poesia di Petrarca e l’arte di Simone Martini. Storia di un libro che attraversa i secoli.
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Si tratta di una di quelle vicende storiche che ci mostra spaccati di esperienze medievali illuminanti per cogliere il vero valore di un’epoca fin troppo sottovalutata. Se un Umanesimo è esistito – come sappiamo – proprio nel Medioevo, guardando indietro, possiamo rintracciare l’avvio di quell’interesse per i libri e per gli scritti antichi alimentato ancor di più dall’invenzione della stampa, nel XV secolo. La nostra storia riguarda però il XIV secolo, il secolo dei Francesco Petrarca, considerato (a ragione) il primo grande umanista.

La vicenda che proveremo a delineare brevemente in questo articolo è quella relativa alle travagliate e complesse avventure di un manoscritto, passato per le mani del grande poeta Petrarca, per quelle del grande pittore Simone Martini, per quelle di potenti governanti, sino a giungere ai posteri. Si tratta del cosiddetto Virgilio Ambrosiano (così chiamato perché custodito presso la Biblioteca Ambrosiana), manoscritto contenente le opere virgiliane, commentate dal grammatico Servio, che fu di proprietà della famiglia di Petrarca, ma che può vantare una lunga e complessa storia, dato che viaggiò per l’Italia in lungo e in largo.

Francesco Petrarca

Il contenuto del manoscritto e la passione filologica di Petrarca

Identificato col codice A 79 inf., il prezioso manoscritto, contenente importanti testimonianze letterarie e filologiche di età antica, è stato custodito prima dalla Biblioteca dei Visconti-Sforza, passando poi all’Ambrosiana. Il testo contiene, in 300 fogli manoscritti, le principali opere di Virgilio (Eneide, Bucoliche e Georgiche) con il commento del grammatico latino Servio, ma anche l’Achilleide di Stazio, alcune odi di Orazio e alcuni frammenti e annotazioni di Elio Donato.

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Come detto prima, Petrarca è giustamente considerato il primo grande umanista, precursore degli intellettuali e filologi del XV secolo, grande appassionato di manoscritti, documenti, biblioteche e archivi, ma anche, come sappiamo, cultore indiscusso della classicità. Fu lui a chiedere al monaco calabrese Leonzio Pilato, allievo di Barlaam da Seminara, conosciuto tramite il Boccaccio, di tradurgli gli scritti omerici.

Frontespizio del Virgilio Ambrosiano realizzato dal pittore senese Simone Martini

Non si dimentichi neanche che, intorno al 1345, Petrarca rinvenne a Verona le importanti epistole di Cicerone ad Attico, al fratello Quinto, a Bruto. Si trattava di circa 900 lettere, fino ad allora considerate perdute, identificate durante ricerche bibliografiche dal poeta. Questo ci testimonia la straordinaria attenzione che Petrarca, oltre a comporre versi, riservò alla filologia, alla ricerca e allo studio di testi antichi legati al mondo classico; pregevoli scrigni di informazioni storiche oltre che di capolavori letterari.

Quello che oggi è noto come Virgilio Ambrosiano, il manoscritto con le opere virgiliane conservato presso la Biblioteca omonima, è giunto a Francesco Petrarca come eredità familiare, dato che era in possesso del padre. Affascinante, primo tra tutti, è il fatto che, tuttavia, Petrarca non poté averlo immediatamente, in quanto dopo la morte del genitore il manoscritto venne sottratto alla famiglia, ritornando nelle mani del poeta, dopo una lunga ricerca, solamente anni dopo. Vale la pena ricostruire, brevemente, i numerosi giri compiuti dal manoscritto, sul quale, dietro richiesta di Petrarca, il noto artista senese Simone Martini realizzerà preziose miniature.

Frontespizio di un’edizione delle Lettere di Cicerone (rinvenute dal Petrarca) realizzata nel 1558 da Paolo Manuzio.

La travagliata storia del Virgilio Ambrosiano, il recupero del Petrarca, le illustrazioni di Simone Martini e il destino successivo dell’opera

Intorno al 1326 il padre di Petrarca, Pietro di Parenzo di Garzo (Ser Petracco), spirò. Pare che in quel frangente – probabilmente gli esecutori testamentari – fu fatto sparire il manoscritto virgiliano dai beni della famiglia. Francesco lo ritroverà soltanto anni dopo, probabilmente tra la fine degli anni Venti del Trecento e la prima metà degli anni Trenta. Nel successivo decennio il poeta vi appose numerose note a margine, scritte di suo pugno: commenti, indicazioni filologiche e linguistiche, osservazioni, per un totale di oltre 2.500 note.

Tra il 1338 e il 1340 il poeta, che ebbe modo di conoscere uno tra i più noti artisti toscani del Medioevo, Simone Martini, a questi chiese di illustrarne il frontespizio. L’illustrazione eseguita dal Martini è chiaramente ispirata a scene tratte dalle opere di Virgilio, con riferimenti bucolici (campagna, pecore, pastori) e scene ispirate all’Eneide e agli scritti classici. Le avventure del manoscritto, tuttavia, non si esaurirono col furto dopo la morte del padre di Petrarca.

Ritratto del cardinale Federico Borromeo

Finito a Padova dopo la morte dell’autore del Canzoniere, il manoscritto Virgiliano fu portato a Pavia, dopo la conquista di Gian Galeazzo Visconti, nel 1388. Transitato in seguito nelle mani di Alessandro Sforza, a Pesaro, il testo tornò a Ludovico il Moro, prima della sua caduta alle soglie del Cinquecento. In quel frangente, sfuggì miracolosamente al sacco di libri operato in Italia da Luigi XII di Francia, pare salvato da un pavesi di nome Antonio Di Pirro. Non finì così. Per chissà quale serie di circostanze, il libro arrivò a Roma, finendo, in ultimo, nella mani del cardinale Borromeo, fondatore, a Milano, di quella Biblioteca Ambrosiana che diede il nome odierno al manoscritto virgiliano.

Petrarca e Laura

Simone Martini e il presunto ritratto perduto di Laura citato da Petrarca

A unire l’esperienza letteraria e umanistica di Petrarca e le doti pittoriche straordinarie del Martini non fu soltanto la realizzazione del frontespizio per il Virgilio Ambrosiano. Non è da escludere, in base ad alcune informazioni, che Simone Martini abbia realizzato un ritratto della famosa Laura amata da Petrarca.

Ma certo il mio Simon fu in paradiso
(onde questa gentil donna si parte),
ivi la vide, et la ritrasse in carte
per far fede qua giú del suo bel viso.

Rerum vulgarium fragmenta, LXXVII

I versi del Canzoniere di Petrarca sopra citati fanno pensare che il poeta si riferisse a un probabile ritratto della sua musa ispiratrice, Laura, realizzato proprio da Simone Martini, le cui raffinate opere artistiche bassomedievali, con ampie superfici dorate e colori vivi, hanno segnato il panorama pittorico toscano e italiano del Trecento.

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Secondo ulteriori indicazioni, riprese anche da Giorgio Vasari, la Laura di Petrarca sarebbe stata raffigurata, sempre da Simone Martini, nell’affresco di San Giorgio del Duomo di Avignone, all’inizio degli anni Quaranta del Trecento; l’affresco è oggi perduto.

Interno del Duomo di Avignone

Non sappiamo con esattezza se questi riferimenti siano reali e se Martini, oltre al celebre frontespizio per Virgilio, abbia realizzato anche l’immagine di Laura tanto amata da Petrarca, “per far fede qua giù del suo bel viso”, ma di certo il legame poesia-pittura è affascinante e coinvolgente. Così come coinvolgente fu la ricerca, da parte di Petrarca, degli antichi manoscritti come quello di Virgilio: ciascuno con la sua storia unica e i suoi segreti da tramandare ai posteri.

Simone Martini, Annunciazione del Duomo di Siena

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Paolo Cristofaro

Classe 1994, laureato in Scienze storiche all'Università della Calabria. Docente di Italiano, Storia e Geografia nelle scuole medie statali. Giornalista pubblicista.

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