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"Raccontare la guerra": Cecilia Sala, Mario Calabresi e Francesca Milano. A cura di: Francesco Cuoccio. Fonte: Sito web del Festival Internazionale del Giornalismo.

Raccontare la guerra «con tutta l’anima»

Al Festival del Giornalismo di Perugia, Cecilia Sala, Mario Calabresi e Francesca Milano di Chora Media discutono l'importanza della narrazione orale nel racconto della guerra

6 minuti di lettura

Raccontare una guerra non significa solamente registrarne gli sviluppi e fotografarne l’orrore. Raccontare una guerra significa rappresentarne la sua spietata irruzione nella quotidianità. Ed è necessario farlo «con tutta l’anima», come sosteneva il giornalista americano Enrie Pyle.

Non mi pagano per essere obiettivo, ma per raccontare tutto quello che vedo e che sento, e per farlo con forza, con tutta la mia anima.

Ernie Pyle: «New York World», 1943

È questa è la vera sfida dei reporters di guerra. Ed è così anche per Cecilia Sala, giovanissima inviata podcaster per Chora Media. Lo afferma lei stessa durante il panel «Raccontare la guerra» al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, affiancata da Mario Calabresi, direttore di Chora Media, e Francesca Milano, Head of Chora Live.

La necessità di voci giovani al fronte

Nel momento in cui le piattaforme mediatiche si dichiarano poco interessate all’informazione narrata a voce, Mario Calabresi è pronto a dimostrare che questo interesse tra i giovani «esiste e c’è». Giovani che non solo si incuriosiscono, ma si spingono per il mondo in cerca di una storia da raccontare. È proprio questa la missione della podcast company Chora Media: generare un dialogo con le nuove generazioni e renderle partecipi nella narrazione del presente.

Durante la Seconda Guerra del Golfo, quando Calabresi era caporedattore centrale di Repubblica, la squadra di inviati in Iraq contava tutti uomini, nessuno al di sotto dei 50 anni. Perplesso da questa formazione omogenea, il direttore si era confrontato con Paolo Garimberti, corrispondente da Mosca dall’età di 27 anni. Entrambi avevano realizzato l’estrema necessità di freschezza: era arrivato il momento di investire sui giovani.

Calabresi, memore del suo proposito, realizza la sua scommessa con Cecilia Sala. La giovanissima corrispondente sul fronte inizia a raccontare per Chora Media ogni giorno una storia diversa, generando non solo attenzione, ma una reale dipendenza nell’ascoltatore. Non si è mai troppo giovani per narrare una storia, e neppure la guerra: lei ne è la dimostrazione.

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Immergersi nella realtà

La guerra è fatta anche di momenti semplici. La narrativa, come anche il giornalismo, abituano il pubblico ad una drammatizzazione perenne. Eppure, come suggerisce Calabresi, «la realtà è infinitamente più curiosa e fertile.»

La scena familiare di una madre e una figlia che battibeccano per non abbandonare un ingombrante orso peluche durante la fuga da Kiev. Le donne ucraine immerse tra le macerie, uscite dopo un mese da uno scantinato, che si mettono a spazzare nel tentativo di ricostruire un paradossale decoro urbano. Il racconto tragicomico di una moglie in fuga verso la Romania che guida una macchina senza patente, istruita unicamente dal marito due ore prima e troppo impaurita che il motore si spenga da un momento all’altro. Un volontario ucraino che racconta la disfatta di un plotone a ritmo di musica tecno. Queste solo solo alcune delle immagini insolite che dipingono con autenticità la complessa realtà di un paese immerso in uno scontro armato.

Non si tratta solo di raccontare l’assedio di una città o la brutalità dell’uomo. Durante un conflitto, commenta Cecilia Sala, «ci sono delle scene comiche, semplici, dei momenti di tenerezza, che potrebbero succedere in qualsiasi altra parte del mondo, ma che ora succedono in un paese in guerra e che valgono e meritano altrettanto

“Raccontare la guerra”: Cecilia Sala, Mario Calabresi e Francesca Milano. A cura di: Francesco Cuoccio. Fonte: Sito web del Festival Internazionale del Giornalismo.

Ammalarsi dell’orrore

Raccontare la guerra significa anche sopportare il peso di alcune «scorie», destinate col tempo a diventare tossiche . Dopo il contatto diretto con l’orrore, il ritorno alla normalità è continuamente pervaso da «una piccola ansia con cui non si chiudono mai le porte», confessa Sala.

Calabresi ricorda alcune storie di corrispondenti di guerra. Quella di Don McCullin, che dopo anni da fotoreporter, decide di «tenere a bada i suoi fantasmi e i suoi mostri» del fronte, immortalando unicamente paesaggi inglesi. O quella di Salgado, fotografo brasiliano, «ammalato di tutta la morte e la distruzione» a cui ha assistito, che decide di ritirarsi per costruire un pezzo di foresta, piantando alberi nel tentativo di recuperare vitalità. L’unico antidoto per il reporter è la «distanza perenne», una soluzione spesso troppo complessa da trovare.

Raccogliere voci umane

Chora Media e il suo team lanciano così una nuova sfida: rivalutare l’importanza del racconto orale. Anche nel racconto della guerra. Per la prima volta, il podcast si propone come uno strumento di narrazione corale, fatto di autentiche voci umane: il tentativo di cristallizzare l’umanità, anche dove il conflitto e la brutalità hanno tentato di trasfigurarla.

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«Raccontare la guerra»: Cecilia Sala, Mario Calabresi e Francesca Milano. A cura di: Francesco Cuoccio. Fonte: Sito web del Festival Internazionale del Giornalismo.

Costanza Valdina

21 anni, nata a Perugia, studio lingue e letterature straniere all'Università Ca’ Foscari di Venezia. Mi descrivono come un’instancabile lettrice, un’incurabile cinefila e una viaggiatrice curiosa. Negli anni mi sono innamorata della scrittura e del giornalismo, ispirata dall’ideale che “pensieri e parole possono cambiare il mondo.”

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