Regista e sceneggiatore tra i più noti della nostra cinematografia, Pasquale Festa Campanile pubblica La ragazza di Trieste all’inizio degli Ottanta, ponendosi nel solco di una letteratura “piana”, ruotante attorno al bisogno di raccontare una storia. Il proposito – già esplicitamente dichiarato ne Il corpo (1972) da un altro maestro “spurio”, Alfredo Todisco – è sostenuto da un tesoro tematico in chiaro disequilibrio rispetto alla partitura stilistica, già concepita come piana e disadorna, pronta a diventare soggetto di film. A un primo sguardo, l’opera si presenta come un appassionato romanzo d’amore, ancora una volta giocato sulla differenza d’età, sulla passione travolgente di un uomo alle soglie dell’età adulta. Difficile assodare se l’accensione d’amore per una ventenne possa rappresentare un dono dal cielo o una dannazione perpetua.
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La ragazza di Trieste di Festa Campanile tende a una dimensione ibrida, e lo fa attraverso una serie di richiami alla società consumistica, alla psicoanalisi freudiana, sino a edificare un’opera stratificata, infinitamente più complessa della struttura di partenza. La somma di meditazioni intimistiche, i sotterfugi, le fantasie erotiche, tutto contribuisce a un percorso figurativo che allude al contrasto tra istinto e ragione, tra senso del pudore e costrizioni borghesi.
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Il personaggio di Dino, disegnatore di fumetti erotici, assomma in sé le contraddizioni di una società anestetizzata, che soffoca gli istinti fino a implodere e corre poi lungo i binari dell’ingestibile, in una masquerade di apparizioni e sparizioni che è il punto di rottura degli schemi, di ogni genere di convenzioni.
Nicole, conosciuta dopo un tentato annegamento, è in questo senso una voce della coscienza, un’apparizione quasi felliniana di Eros e Thanatos, che nel momento della concessione sparisce per sempre, in un ritorno all’acqua che è anche – per Dino – ritorno alla vita.
C’è un vantaggio, rifletté, nel mantenersi inafferrabili: se lui avesse il mio numero di telefono, se fosse sicuro di trovarmi quando vuole, si distrarrebbe, penserebbe ad altro. Nemmeno lui sa amare come si deve; bisogna forzarlo un poco, costringerlo a concentrarsi: deve pensare sempre a me. Non si rimproverava che Dino soffrisse: sapeva che egli avrebbe trovato qualche piacere anche nel tormentarsi per causa sua.
Così Nicole sparisce, come un fantasma passato, che rigenera l’oggi. È un equilibrio instabile tra desiderio e tormento. Una passione ossessiva, che distrugge per ri-costruire.
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