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Le rivoluzioni di una specie abitudinaria

Dalla newsletter n. 28 - maggio 2023 di Frammenti Rivista

4 minuti di lettura

A volte alcune cose succedono per caso. Oppure qualcuno mette in movimento degli ingranaggi enormi, che sfuggono al suo controllo e portano a esiti completamente diversi da quelli che si aspettava. Per questo la Storia, se guardata dal punto di vista delle rivoluzioni, a volte sembra un concatenarsi di controsensi: Napoleone, da figlio di una rivoluzione antimonarchica diventa il primo imperatore di Francia, la Rivoluzione russa che si libera dello zar ha tra i suoi figli il Terrore staliniano, le recenti Primavere arabe nel Maghreb hanno solo cambiato il dittatore sul trono di alcuni Paesi, e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Non è difficile, anche sulla scia di filosofie ottocentesche che ancora dominano alcune aree della storiografia, immaginare la storia come una serie di rivoluzioni e nulla più. La prima metà dell’Ottocento è talvolta definita addirittura «Età delle rivoluzioni», soprattutto in ambiente anglosassone (ma se le rivoluzioni diventano abitudinarie, sono ancora rivoluzioni?): un peso nella storia, anche solo simbolico, devono pur averlo se esercitano una pressione così grande sulle coscienze.

È naturale chiederci se la Storia possa essere considerata come la continua tendenza delle società a “tirare una corda” sempre più fino alla sua rottura, atto che gli storici decidono poi di chiamare rivoluzione; o se invece il peso delle cosiddette rivoluzioni vada rivalutato, poiché avrebbe più senso considerarle come momenti di passaggio stabiliti sulla carta per situazioni già in fase di radicale cambiamento. La prima trappola quando leggiamo “rivoluzione” è proprio l’interpretarla come un momento preciso e fermo nel tempo, con il suo prima e il suo dopo, tra loro radicalmente diversi; gonfiare l’entità delle rivoluzioni per chi le visse è attraente e semplifica di molto il lavoro degli storici, ma non funziona sotto alcun punto di vista. Rivoluzioni che ci sembrano durare un secondo sulle linee del tempo che abbiamo in testa quando affrontiamo il passato dovevano apparire lunghissime (perché tali erano) nella vita di una persona…

Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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