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storia della metropolitana
Costruzione metro a Londra, 1863. Fonte: www.panorama.it

Memorie dal sottosuolo: la storia della metropolitana

Strade inadeguate, ferrovie insufficienti, aumento del traffico e mezzi pubblici ingombranti: tutto questo portò ai primi scavi a Londra. Ma qual è la storia della metropolitana? E quale ruolo può avere per il futuro?

10 minuti di lettura

Questa storia inizia più di un secolo e mezzo fa ed è colorata con le tinte cupe e dickensiane della seconda rivoluzione industriale ma anche con brillanti vernici metalliche. Odora di carbone bruciato che annerisce pareti di mattoni, di acque stagnanti, di pendolari brulicanti. Si odono stridii di freni, mormorii e rombi in lontananza, che vengono dalle viscere della terra. Perché è una storia che si svolge quasi sempre nel sottosuolo. È la storia della metropolitana.

La nascita della metropolitana a Londra

Primi anni Sessanta dell’Ottocento, Londra. Una capitale proporzionata al suo impero gigantesco, che si era espansa a dismisura e non era intenzionata a fermarsi: aveva tre milioni di abitanti e avrebbe raggiunto quota sei milioni e mezzo entro quarant’anni. Persone da tutto il mondo convogliavano qui, intasando strade totalmente inadeguate a sopportare un simile flusso. Le regolari ferrovie non bastavano più, soprattutto perché i capolinea si trovavano lontani dai punti nevralgici della vita economica; nello stesso tempo il traffico sulle strade aumentava esponenzialmente, rendendo necessario l’allargamento delle stesse ed evidenziando quanto i tram e le altre forme di trasporto pubblico fossero ingombranti.

Nel gennaio 1863, dopo tre anni di lavori e dieci di progettazione, veniva inaugurata la prima metropolitana della storia secondo la definizione corrente. Univa i due dinamici quartieri di Farringdon e Paddington, distanti circa sei chilometri, e il suo successo fu immediato: sarebbero stati nove milioni e mezzo i passeggeri nel primo anno dall’inaugurazione. La Gran Bretagna era ancora l’unico Stato a potersi permettere un lusso simile, mentre sotto le fondamenta del continente iniziavano a scoppiettare le polveri nazionaliste e continuavano a bruciare quelle indipendentiste o unitarie (negli stessi anni Roma apparteneva ancora allo Stato Pontificio).

Entro pochi anni la linea londinese si era prolungata ed era già stato collaudato un nuovo metodo di costruzione, diventato meno invasivo per la viabilità a livello del suolo: fino a quel momento, l’unica strategia costruttiva, era consistita nello scavare trincee direttamente dal manto stradale fino alla profondità desiderata, allestire la ferrovia a cielo aperto, puntellarne le pareti con mura di mattoni, costruire volte ad arco e infine ricoprire il tutto per procedere alla sezione successiva (metodo cut and cover). Mal dal 1866, con continui miglioramenti tecnici, si sfruttò per alcune tratte il metodo che con qualche sviluppo è largamente utilizzato ancora oggi, quello che fece soprannominare la metropolitana di Londra The Tube: al posto di scavare verso il basso per tutta la lunghezza della tratta con i conseguenti disagi a livello del suolo, si selezionavano solo alcuni punti strategici per lo scavo verticale, e una volta raggiunta la profondità desiderata si passava ai lavori di scavo orizzontale delle gallerie per i treni. La sezione era tonda, garantendo così un livello di stabilità più elevato rispetto allo scavo di trincee, come avrebbe dimostrato l’utilizzo di queste tratte come rifugi antiaerei già durante la Prima Guerra Mondiale.

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Fino agli anni Novanta dell’Ottocento a muoversi nel sottosuolo londinese erano ancora treni alimentati a coke o a carbone. Poi si cominciò a mettere a punto un sistema di alimentazione ad elettricità che, per una serie di problemi gestionali del sistema ferroviario, fu disponibile solo dal 1905.

E nel resto d’Europa?

Come accennato, è importante tenere a mente che tutto questo fu possibile solo per l’enorme mole di investimenti disponibili solamente nella capitale di quello stesso impero coloniale che aveva aperto la strada alle rivoluzioni industriali, nonché di un Paese unito da secoli e con un sistema politico stabile e relativamente bene accetto alla popolazione. Ma l’utilità dei treni sotterranei fu compresa in tutte le città più congestionate, e imitata altrove appena fu possibile: i primi tre chilometri della metropolitana di Budapest furono inaugurati dall’imperatore Francesco Giuseppe nel 1896, seguita nello stesso anno da Glasgow; l’anno successivo fu il turno della subway di Boston, negli Stati Uniti. Sarebbero poi arrivate Parigi durante l’Esposizione Universale, (1900), Berlino (1902) e Atene (1904).

La metropolitana, con la sua dirompente novità, entrò a pieno diritto nella storia e nella vita quotidiana di fine Ottocento, e naturalmente nell’estetica della Belle Époque.

La storia della metropolitana in Italia

In Italia, negli stessi anni il dibattito esisteva, ma le forze delle amministrazioni erano naturalmente orientate soprattutto ai collegamenti basilari tra località diverse o in generale all’interno del Paese. A Milano, le poche proposte sorte nel secondo Ottocento erano rimaste utopie. In occasione dell’Esposizione Universale del 1906 si pensò a tratte sotterranee tra diverse stazioni cittadine, e addirittura ad un collegamento ferroviario a raggiera intorno a Piazza Duomo che raggiungesse le periferie. Qualcuno propose una ferrovia sotterranea fino a Monza, oppure tra la Stazione Centrale e quella che sarebbe diventata la Stazione Cadorna, ma all’altezza del 1913 il comune non aveva ancora riconosciuto nessun progetto come davvero capace di rispondere alle esigenze quotidiane della città.

Al 1911 risale l’approvazione da parte della giunta comunale romana di un collegamento ferroviario da Ostia al centro della città, da realizzare interrato (anche per questioni estetiche) nel tratto da Porta San Paolo a Piazza del Popolo. Ma neanche questo piano ebbe applicazioni pratiche.

Nelle grandi città (non solo Milano e Roma, ma anche Torino, Napoli, Genova) si cominciava insomma a percepire che le poche linee ferroviarie urbane esistenti non erano più sufficienti. Poi la Grande Guerra arrivò a scombinare i piani e le vite.

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La storia della metropolitana in Italia riprese a muovere qualche passo a Napoli nel 1925, con la realizzazione di una tratta urbana sotterranea, corrispondente ai nostri attuali passanti ferroviari. I lavori per una reale metropolitana nel senso proprio del termine cominciarono solo negli anni Trenta a Roma, per collegare la Stazione Termini al quartiere concepito per l’Esposizione Universale del 1942 (poi EUR). Stavolta si fece in tempo a costruire qualche galleria intorno alla Piramide Cestia prima che la guerra tornasse.

I lavori stavolta erano ormai avviati, bastava rimettersi a scavare. E così avvenne a partire dal 1948. Finché, il 9 febbraio 1955, il presidente Luigi Einaudi, inaugurò la prima metropolitana d’Italia, proprio nel tratto da Termini all’EUR (oggi parte della linea B romana). Nel 1959 erano già stati stanziati i fondi per la costruzione di alcuni tratti di quella che sarebbe diventata la linea A. Nel 1964 Milano aprì, finalmente, la sua prima linea (poi M1, la “rossa”), particolarmente apprezzata dal punto di vista del design, seguita dalla M2 (verde) cinque anni dopo. Negli anni Novanta sarebbe stato il turno di Genova, Napoli e Catania, seguite nel nuovo millennio da Torino e Brescia.

E tanti progetti sono ancora in fase di realizzazione. Perché la necessità e la voglia di lasciare a casa l’automobile sono sempre più forti. La metropolitana ci tiene saldamente legati ad un modello di società urbana e produttiva nato nell’Ottocento, ma ha tutte le potenzialità per reggere il passo con la transizione ecologica, adeguandosi a città da riconcepire partendo, perché no, proprio dai trasporti, e dimostrando che un processo storico non deve essere necessariamente traumatico.   

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Immagine in copertina: Costruzione metro a Londra, 1863. Fonte: www.panorama.it

Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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