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Tra Isis e Assad, solo un intervento
militare potrebbe salvare la Siria

2 minuti di lettura

di Mattia Marasti 

Bashar-al-AssadIn un’intervista concessa a Il Foglio, il leader del Carroccio Matteo Salvini afferma che occorre mettere da parte il pacifismo e inviare truppe di terra in Siria per sterminare lo Stato Islamico. Terribile a dirsi, ma Salvini, in minima parte, ha ragione. Capiamoci: il ragionamento generale di Salvini fa acqua da tutte le parti. In primo luogo perché il suo intervento risulterebbe superficiale e improvvisato, rischiando di causare più danni di quelli che già ci sono. In secondo luogo perché il suo alleato sarebbe Vladimir Putin, che non è proprio l’esempio di presidente democratico e liberale, anzi. In ultima istanza, andrebbe ad appoggiare il presidente, in senso lato, Assad, che, statistiche alla mano, è responsabile di più morti di quanti ne abbiano fatti Isis e ribelli laici assieme.

maxresdefaultTuttavia, occorre constatare un fatto: si è andata via via consolidandosi una concezione del pacifismo come ostilità a ogni tipo di conflitto, che, pragmaticamente, è un atteggiamento suicida e controproducente. Seguendo la stessa logica, i combattenti partigiani se ne sarebbero dovuti restare a casa loro, mica andare a sparare ai fascisti e ai nazisti, aspettando la fine della guerra davanti al fuoco. Ma così sarebbe finita allo stesso modo? Gli alleati avrebbero conquistato così velocemente la penisola se non ci fossero stati gli aiuti, soprattutto non militari, dei partigiani e dei ribelli al regime? Un atteggiamento, questo, che è portato avanti da vari leader e politici di spicco, primo tra tutti il nuovo segretario del Labour Party, Jeremy Corbyn, e da Alessandro Di Battista del Movimento 5 stelle. Con la scusa del pacifismo a tutti i costi infatti, in questi anni si sono perse vite, città, villaggi, monumenti.
Il pacifismo, quello che veramente può essere definito tale, significa essere contrari all’utilizzo delle armi e della guerra per risolvere casi di controversia, ma quando un conflitto è già in corso, come la guerra in Siria, appunto, tirarsi indietro non è pacifismo, è vigliaccheria, perché quei morti che si vogliono evitare, in realtà non esistono: in questi anni, l’Isis da una parte e il dittatore Assad dall’altra hanno portato a quello che potremo definire un vero e proprio sterminio, tutto sotto gli occhi delle potenze occidentali.

usa_iraq1Da cosa nasce questo sentimento di vigliaccheria?
Il motivo principale è un ormai spropositato sentimento anti-americano. La democrazia non si esporta a suon di bombe, scrivono, o anche l’11 settembre fu tutta una montatura. L’importante è dare contro agli Stati Uniti d’America anche se questo significa andare a braccetto con esseri barbari e incivili come i gruppi terroristici islamici, seguendo la massima «il nemico del mio nemico è mio amico».

Certo, gli Stati Uniti e il mondo occidentale hanno delle colpe, dallo sfruttamento del Medio Oriente alle guerre precedenti, che per la maggior parte delle volte furono conflitti da sprovveduti e a dir poco inutili, guerra in Iraq docet. Ma, siamo realisti: in questo momento, nessuna potenza mondiale possiede il livello di cultura, civiltà, democrazia e libertà che c’è negli Stati Uniti d’America e nei sempre venturi Stati Uniti d’Europa. Il dialogo con forze estremiste non sarebbe affatto proficuo, come invece è stato auspicato da Alessandro Di Battista. Non siamo più negli anni ’80, dove uno dei dialoganti era Yasser Arafat, uomo di indubbia capacità di di collaborazione. In questo momento gli interlocutori sarebbero i tagliagole, uomini incappucciati che uccidono bambini, lapidano le donne e non hanno alcuna pietà né cercano il dialogo.

Quali sono le alternative?
Non lo possiamo sapere hic et nunc, ci sarebbe bisogno di ore di studi, di leggere i documenti, guardare filmati, studiare i vari movimenti all’interno della Siria e non solo, capire le dinamiche del mondo islamico. Una preparazione di questo tipo converrebbe sia al paese destabilizzato, per cercare di salvare il salvabile – in quanto si possono fare tutte le speculazioni del mondo, si possono risolvere problemi geopolitici, ma una guerra è pur sempre una guerra – ma sarebbe utile allo stesso tempo per le forze occidentali. La cosa che oggi sappiamo, e che le foto dei bambini morti sulla spiaggia o delle file di migranti che attendono di entrare nella terra promessa, l’Europa, ci chiedono è che l’Isis e la dittatura di Assad vanno fermati, il resto è incerto.

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Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.