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Walt Whitman, il poeta scomodo
delle classi subalterne

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Bistrattato e incompreso dai suoi contemporanei, ma stimato dal trascendentalista statunitense Ralph Waldo Emerson (1803-1881), che ne apprezza il «courage of treatement», come dice in una lettera del 21 luglio 1855, subito dopo l’uscita della prima edizione di Leaves of GrassWalt Whitman (1819-1892) occupa un ruolo centrale nella letteratura angloamericana della cosiddetta rinascenza americana

È infatti il critico Francis Otto Matthiessen a collocare nel suo saggio American Renaissance: art and expression in the age of Emerson and Whitman del 1941 a collocare Whitman tra i capolavori della half decade compresa tra il 1850 e il 1855, anno in cui, appunto, esce la prima l’opera di Whitman, pubblicata a New York dalla casa editrice Rome Brothers. 

L’intento di Matthiessen era quello di formulare un giudizio estetico basato sulla forma di alcune opere significative pubblicate nel quinquennio ’50-’55 da parte di vari autori, tutti pienamente consci di essere nel vivo di una rivoluzione letteraria che si staccava dalla produzione del Vecchio Mondo per rivolgersi a un qualcosa di totalmente nuovo ma soprattutto americano: il perseguimento dell’ideale democratico, riponendo piena fiducia nelle possibilities of democracy.

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E tra questi autori dell’american renaissance, Walt Whitman è sicuramente il più democratico di tutti: i suoi interessi si rivolgono infatti agli umili, ai miseri e, in generale, a tutti coloro che non avevano mai avuto voce prima nel piccolo grande mondo degli scrittori americani, confinati nella zona della Nuova Inghilterra in continuo scambio di idee, fonti e modalità e tra di loro e col Vecchio Mondo.

La poesia di Whitman rompe questo schema adottando la cosiddetta modalità del versoliberismo, in realtà antichissima e già largamente utilizzata sia nelle sacre scritture prima, sia da William Blake e dai cosiddetti proposal philosophers poi, che, rifacendosi alla Bibbia e ai Salmi, optavano per un poetare lungo caratterizzato da anafore e riprese.

Il diretto precedente di Whitman è però l’amico e mentore Emerson, che nel 1836 aveva pubblicato il saggio filosofico Nature, manifesto del trascendentalismo, il quale a sua volta si rifà alla retorica, utilizzando continuamente cataloghi (notevoli quelli presenti in Song Of Myselfforse il componimento più noto di Whitman), ricorrendo alla tecnica espressiva del flood speech

Nella sua opera, come è già stato detto non capita e poco apprezzata sul momento, se non dal lungimirante Emerson, Walt Whitman affronta tematiche scottanti come la guerra civile del 1861-65, che lo ha visto scendere in campo in prima linea come soccorritore, utilizzando per la prima volta un lessico molto esplicito (la parola sex compare più volte e in più accezioni all’interno della sua produzione) e parlando delle categorie subalterne, dei poveri, delle prostitute, degli schiavi, degli indiani d’America, in un’ottica di esperienza mistica di unione col tutto, derivante dalle istanze del pensiero trascendentalista, che Whitman conosce ma non abbraccia in senso stretto.

L’intenzione è sempre quella, già presente in Nature, di unirsi con l’assoluto e con Dio secondo le modalità del panenteismo per cui tutto è in Dio e del panteismo per cui Dio è in tutto, ma con una importantissima differenza: è la carnalità, la sensualità, da intendersi nel senso di amplificazione dei sensi, a permette l’unione con l’assoluto e non, come avveniva in precedenza, il distacco dalla materialità.

La poesia di Whitman è una poesia viva, che mette sullo stesso piano l’autore e il lettore, invitato ad accogliere il messaggio e a procedere verso questa unione con Dio, caratterizzata da un grande intento empatico di comunicazione con l’altro che, in quanto avente in sé la scintilla di Dio, è anche “me”, nella quale la prostituta e il presidente sono sullo stesso piano proprio perché uguali, così come sono uguali in tutto il mondo i fili d’erba del titolo, emblema dell’umanità tutta, da vedersi anche in un’ottica di superamento dei limiti di spazio e tempo, in un continuo ciclo di vita, morte e rinascita all’insegna dell’all in each. 

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Giulia Malighetti

23 anni, laureata a pieni voti in Lettere Classiche alla Statale di Milano, amante della grecità antica e moderna spera, un giorno, di poter coronare il suo sogno e di vivere in terra ellenica.

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