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Dal Divisionismo ai musei di Messner, la montagna e l’arte

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La montagna ha sempre esercitato un fascino particolare sul mondo della cultura in quanto luogo ancestrale, simbolo di una natura indomita e primigenia, ma anche come luogo fiabesco, ispiratore di storie fantastiche e tradizioni folkloristiche.

Il legame tra l’uomo e la montagna inizia in tempi antichissimi, quando gli uomini primitivi realizzarono le prime pitture rupestri sulle rocce e nelle grotte, spesso ubicate ad alta quota. Successivamente, con il progredire della civiltà, l’uomo si è ispirato alla magnificenza della montagna, che con le sue alte quote suggerisce l’elevazione verso una dimensione metafisica, per la costruzione delle prime grandi architetture con funzione religiosa e funeraria, come le piramidi egizie e la ziqqurat sumera.

In pittura la rappresentazione della montagna, da sempre presente come sfondo, assume un certo rilievo tra XVI e XVII secolo, quando il paesaggismo diventa un genere pittorico a se stante che godrà di ampia fortuna nei secoli a venire.

L’Ottocento e il Novecento sono i secoli della rivalutazione culturale della montagna, non più vista esclusivamente come luogo selvatico e lontano dal consorzio umano, abitato da comunità retrograde, ma come locus amoenus di villeggiatura per la borghesia in cerca di benessere e rilassamento, lontano dal caos cittadino.

Sono moltissimi gli artisti che hanno contribuito a codificare l’immaginario pittorico della montagna, dai romantici, in primis Caspar David Friedrich, a Paul Cezanne con le sue vedute della montagna di Saint Victoire in Provenza, passando per il Divisionismo italiano, così come altrettanti sono i musei sul suolo italico che hanno messo la montagna al centro della narrazione.

Segantini e gli altri. Come la montagna è stata raccontata nell’arte in Italia

Segatini, Ritorno dal Bosco.
arte e montagna
Giovanni Segantini. Ritorno dal Bosco, 1890, olio su tela, St. Moritz, Museo Segantini

Non particolarmente conosciuto all’estero, il Divisionismo è un fenomeno artistico nato in Nord Italia sul finire dell’Ottocento, che riprende la tecnica neoimpressionista del puntinismo francese (pointillisme) e vede tra i principali interpreti Giuseppe Pelizza da Volpedo e Giovanni Segantini. Tra i soggetti prediletti dai Divisionisti, che amano dipingere en plen air, vi sono gli spazi aperti e incontaminati della montagna, in particolare l’arco alpino con le sue vette innevate.

L’atto ufficiale di nascita del Divisionismo è il 1891 in occasione della Triennale di Milano, quando Giovanni Segantini espone il dipinto Le due madri, toccante rappresentazione di una doppia maternità, umana e animale, all’interno di una povera stalla.

Nato nel 1858 ad Arco in Trentino, Segantini è stato l’interprete più raffinato e innovativo della montagna, alla quale era legato da un amore viscerale al punto tale che le sue ultime parole in punto di morte furono «Voglio vedere le mie montagne».

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Dopo l’esordio milanese si trasferisce in Engadina (Svizzera) e dal 1899 in una baita dello Shafberg, luogo di osservazione privilegiato della bellezza della natura. Le montagne

Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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