antropocene e capitalismo

Come distruggere una tubatura: su Antropocene, capitalismo e sostenibilità

4 minuti di lettura

Qualche giorno fa in Antartide si è registrata una temperatura di 40 gradi centigradi più alta rispetto alla norma, superiore di 20 gradi centigradi ai dati dell’anno scorso, già fuori norma. Quest’estate, a Siracusa, il termometro ha toccato per la prima volta nella storia i 48 gradi centigradi, segnando anche lì un nuovo record. La World Metereological Organization ci dice che i ghiacciai che ricoprono gli estremi del nostro Pianeta si stanno sciogliendo a velocità esponenzialmente più alte rispetto a quelle degli ultimi 50 anni. Parallelamente, la superficie non contaminata dall’uomo arriva a sfiorare lo zero percento di quella disponibile in totale. Il tasso di perdita delle specie animali preannuncia il rischio di una sesta estinzione di massa. L’acidificazione degli oceani raggiunge quote percentuali mai viste.

Eppure, queste non sono novità. Già il Club di Roma avvertiva nel 1972 di come la Terra fosse pericolosamente lanciata sulla strada dell’autodistruzione, definendo, com’è noto, I limiti dello sviluppo. Oggi sappiamo, grazie alle ricerche dello Stockholm Resilience Center, che su 11 parametri rilevati utili a definire la soglia da diversi punti di vista (composizione dell’atmosfera, riscaldamento climatico, acqua disponibile) minima affinché la vita (umana) sulla Terra possa continuare, 6 di essi sono già stati superati, entrando in una zona di operabilità per il futuro del Pianeta non solo incerta, ma rischiosa per gli effetti catastrofici ad essa associabili. Come interpretare questi sconvolgimenti?

Lascia un commento

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.