Sul pianeta blu siamo a corto d’acqua. Sembra un ossimoro, eppure se parliamo di acqua potabile questa è la realtà che ci troviamo di fronte. Il 72% della superficie terrestre è costituita da oceani, la cui acqua è però salata e non utilizzabile dagli esseri umani, a meno che non sia lavorata attraverso i processi di desalinizzazione che soprattutto nelle regioni mediorientali, in primis in Arabia Saudita ed Egitto, stanno vedendo un interessante sviluppo. Complessivamente l’acqua marina costituisce il 97% delle risorse idriche mondiali, il 2% è rappresentato dai ghiacciai e dall’acqua di cui sono composte le calotte polari, il restante 1% si trova nelle fonti d’acqua utilizzabili dall’uomo: l’acqua dolce in superficie che riempie fiumi e laghi e quella presente nel sottosuolo, nelle falde acquifere. La distribuzione di questo 1% di risorse idriche utilizzabili per scopi umani è disomogenea a livello globale, con aree particolarmente ricche, primo tra tutti il Canada, dove si trova il 7% dell’acqua dolce rispetto al totale mondiale, ed altre estremamente povere situate soprattutto in Medioriente, Asia meridionale e Africa.
I disastri ambientali e la crisi climatica
La crisi climatica non fa che peggiorare la situazione, rendendo imprevedibili i livelli di precipitazioni e causando periodi di forte siccità, in alcuni casi alternati da inondazioni devastanti. Tra fine agosto e inizio settembre un terzo del Pakistan è affogato, colpito da alluvioni monsoniche che hanno messo in pericolo 33 milioni di persone e distrutto centinaia di km2 di territorio. Un disastro climatico, questo, accaduto in un territorio caratterizzato da stress idrico, in cui i lavoratori del settore agricolo non sono nuovi a scatenare proteste contro l’insufficienza di acqua per irrigare i raccolti. Si stima che in questo paese entro il 2025 la disponibilità d’acqua scenderà a 800 m3 pro capite, quando la soglia di carenza idrica internazionalmente riconosciuta è pari a 1000 m3 pro capite.