Caratteristica che al lettore-forte non sfugge, è il modo in cui i titoli dei romanzi, negli anni, continuano a ripetersi o a rigirarsi a modo loro. Se cercassimo «Paradiso perduto», per esempio, troveremmo che ben due autori – che poco hanno in comune – hanno firmato un romanzo con questo titolo: John Milton e Henry Miller.
Nel primo caso si tratta di un poema biblico sulla caduta dell’uomo, Dio condanna Satana e caccia Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre. Nel secondo romanzo (autobiografico) il Paradiso è un’elevazione: Conrad Monricand è in difficoltà e così Miller convince la moglie a ospitarlo «fino alla fine dei suoi giorni» a casa loro in California, nel paradiso perduto di Big Sur. Procedendo per assonanza, invece, la ricerca porterebbe a Troppi paradisi di Walter Siti. In questo caso, il protagonista è ossessionato: dal paradiso personale, che gli manca, e dai troppi paradisi collettivi con cui l’Occidente consuma se stesso.
La domanda che accomuna queste tre opere è: cosa ci aspettiamo da un paradiso?