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Elezioni presidenziali

Amore Quirinale: le elezioni storicamente più imprevedibili

Iniziano oggi, 24 gennaio, le votazioni per scegliere il successore di Mattarella. Ma come sono andate le elezioni del Presidente della Repubblica in precedenza? Ecco alcune storie celebri sulle votazioni per il Quirinale, il Colle più ambito.

10 minuti di lettura

È forse l’elezione del Presidente della Repubblica più emozionante, la più ricca di giravolte, intrighi e tradimenti. I sovrani però sono i leader di partito e i grandi contatori di voti. Le strategie sono la base e con esse il rischio di bruciare tante candidature. In questa giostra, i giornali di tutto il mondo si schierano, immaginano, analizzano e tirano fuori dal cilindro i nomi più disparati per il Colle più ambito, per il coronamento di ogni carriera politica: il Quirinale.

Ai molti sembrerà che mai come in questo caso le elezioni del Capo dello Stato siano imprevedibili. Il mondo politico è confuso e il groviglio elettorale sembra impossibile da sciogliere. Guardando indietro, però, si fa presto a ricredersi. Da sempre le elezioni del Presidente della Repubblica sono le più avvincenti.

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Sandro Pertini

Le operazioni di voto, a scrutinio segreto, si avviano oggi, lunedì 24 gennaio, quando verrà aperta, alla Camera dei Deputati, la seduta a Camere congiunte che si chiuderà con l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale. I 1009 grandi elettori esprimeranno le loro preferenze in un turbinio di nomi che da mesi si susseguono. Grandi classici, come Giuliano Amato e Romano Prodi, fino a pochi giorni fa si parlava di nomi impensabili solo qualche anno fa, come quello di Silvio Berlusconi, che ora ha ritirato la candidatura, nomi di papabili come Marta Cartabia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Rosy BindiPier Ferdinando Casini, nomi sussurrati e nomi autorevoli che ancora non vengono fatti perché, si sa, chi entra in conclave da Papa, ne esce quasi sempre Cardinale.

Questa volta giocherà un ruolo importante il fattore tempo. In pandemia, le procedure elettorali non si potranno protrarre a lungo. Serve una soluzione e serve nel minor tempo possibile.

Le elezioni passate alla storia

Nei dodici precedenti, ci sono stati casi eccezionali come quelli di Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, eletti al primo scrutinio, ma la regola sembra essere quella del protrarsi delle elezioni almeno fino al quarto scrutinio, quando la soglia per l’elezione si abbassa al 50%+1 degli aventi diritto. Al quarto scrutinio sono stati eletti Luigi Einaudi (1948), Giovanni Gronchi (1952), Giorgio Napolitano (2006) e il nostro attuale Presidente Sergio Mattarella (2015).

Nei giorni delle elezioni, passeggiare per il centro di Roma desta una certa curiosità. Le troupe televisive sono sentinelle di ciò che accade. Lunghe corse per una breve dichiarazione, una parola da cui traspare una benché minima notizia. Gli incontri tra i leader si susseguono e con essi le riunioni tra i grandi elettori dei singoli gruppi politici. Emblematici i capannelli che si formano nei corridoi, nelle stanze, davanti i palazzi. Ogni parola è pesata e ogni candidato spera di esserlo per il minor tempo possibile perché, si sa, nelle elezioni per il Presidente della Repubblica, il tempismo è tutto.

Palazzo Montecitorio

Ci sono elezioni rimaste nella storia invece per il gran numero di scrutini necessari per arrivare all’elezione. Giovanni Leone venne eletto nel dicembre 1971 al 23esimo scrutinio. Per Giuseppe Saragat ne bastarono ventuno, mentre per Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro ci vollero sedici scrutini. 

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A questo giro serviranno accordi che vadano oltre gli schieramenti di centrosinistra e centrodestra, quindi difficilmente si assisterà ad un’elezione con un’ampia maggioranza, come quella di Sandro Pertini, indimenticato Presidente Partigiano eletto con l’82% dei voti all’età di 82 anni. Fu infatti il più anziano eletto al quirinale al suo primo mandato. A superarlo, solo Giorgio Napolitano al suo secondo mandato iniziato nel 2013 e conclusosi con l’elezione di Sergio Mattarella. Il più giovane, invece, fu Cossiga, il secondo Presidente di origini sarde dell’età repubblicana che venne eletto all’età di 57 anni.

Tra candidati annunciati e impallinati

La storia delle elezioni del Presidente della Repubblica, però, non è fatta solo di eletti, ma anche di tanti candidati illustri che nel tempo ci hanno sperato, ci hanno creduto senza riuscire nel loro intento di occupare per un settennato il palazzo del Quirinale. Fu questo il caso dei tanti candidati annunciati sui quali non si è arrivati a convergere.

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Tra le elezioni in cui si vide un turbinio di candidati impallinati dalle strategie e dal Parlamento, si ricordano quelle che seguirono il settennato chiuso anticipatamente proprio da Cossiga. Il candidato ufficiale della DC era Arnaldo Forlani, mentre il PDS votava Nilde Iotti, il PSI Giuliano Vassalli e la Lega Nord Gianfranco Miglio. Altri candidati erano Giovanni Spadolini, indicato dai Repubblicani, e il Presidente della Camera, Oscar Luigi Scalfaro, proposto dai Radicali di Marco Pannella. A queste si aggiungeva una candidatura di sottobosco in cui credettero in molti e per la quale lavorò una corrente della DC che rimase nella storia. Si trattava di Giulio Andreotti, che da cinque decenni era una costante della politica italiana. La frase, rimasta celebre, seppur romanzata, fu: «So di essere di media statura, ma non vedo giganti intorno a me».

Il binomio Andreotti-Forlani portò alla stasi in casa DC fatta di franchi tiratori e fuochi incrociati che fecero saltare entrambe le candidature. Ognuno affermava che, se l’altro si fosse candidato, la propria candidatura non avrebbe avuto ragione di esistere. In fondo, però, entrambi hanno creduto al coronamento della propria carriera politica.

Berlusconi e Andreotti

Furono due tra gli impallinati più illustri che, in un’Italia sconvolta da Tangentopoli, chiusero un’epoca di strapotere dei partiti di massa. Quella votazione si concluse con l’elezione di Scalfaro e con l’apertura di una nuova era politica, della Seconda Repubblica, della nascita dell’UE.

Altra elezione per il Quirinale in cui le candidature autorevoli vennero fatte deflagrare dalla stessa parte politica che le proponeva fu quella del 2013. Una cattiva gestione delle candidature di Marini prima e di Prodi poi, tradito dagli oramai famosi centouno franchi tiratori, fece saltare entrambe le candidature. In casa PD si viveva lo scontro tra il vecchio e il nuovo, tra la segreteria Bersani, che si dimise durante il voto al Quirinale, e la componente renziana. Venne richiamato Napolitano, che nel suo discorso di reinsediamento certificò il fallimento politico di un Parlamento incapace di trovare una soluzione e quindi di svolgere la propria stessa funzione di istituzione al servizio del Paese.

Un Presidente di cui essere orgogliosi

L’appuntamento per l’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica miete già le prime defezioni. Il centrodestra italiano da tempo declama il proprio diritto di prelazione sulla scelta del nuovo Presidente, in virtù di numeri imprecisi e di un fantomatico diritto di alternanza dopo l’elezione di due Presidenti provenienti da un’area politico-culturale di centrosinistra. Il candidato dell’ultimo mese, Silvio Berlusconi, dichiara di avere i numeri, ma di non volersi candidare. Nessuno ci ha creduto, ma in molti hanno sentito un brivido lungo la schiena.

Nulla è peggio di un’elezione non calcolata, non studiata. Ogni parola, ogni passo, ogni calcolo è importante. Proprio per questo, serve un accordo ampio, un accordo vero che renda tutti orgogliosi del prossimo presidente della Repubblica. Basta sapere dove mirare.

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Giuseppe Vito Ales

Classe 1993. Cresciuto tra le montagne di Piana degli Albanesi, sono un Arbëresh di Sicilia profondamente europeo. Ho studiato economia, relazioni internazionali ed affari europei tra Trento, Strasburgo, Bologna e Bruxelles per approdare infine a Roma. Tra le grandi passioni, la politica, l’economia internazionale e i viaggi preferibilmente con uno zaino sulle spalle e tanta voglia di camminare.
Credo che nel mondo ognuno di noi possa contribuire al miglioramento della collettività in modo singolare e specifico, proprio per questo non mi sta particolarmente simpatico chi parla per frasi fatte o per sentito dire e chi ha la malsana abitudine di parlare citando pensieri e parole d’altri. Siate creativi, ditelo a parole vostre!

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