Capitali inagiti, spazi senza persone che scavalcano il problema delle persone senza gli spazi. La produttività di un tempo che lentamente sfiata nell’abbandono del presente: sono locali commerciali, cinema, stazioni ferroviarie, beni confiscati alle mafie, luoghi destinati a servizi. Spazi che arrivano ad estendersi a disegnare interi paesi, corrosi dall’abbandono. Una ricchezza non sfruttata di circa 1,5 milioni di beni.
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Come spesso accade però, sul fronte opposto militano schiere di creativi attivi, fucine di idee che cercano una patria per potersi manifestare. Sono startuppers culturali e sociali, cittadini attivi, artigiani digitali, co-housers e molte altre figure ibride che con piacere si ibriderebbero con la realtà circostante, per far germogliare nuovi e ricchi progetti.
Rigenerazione urbana nell’anno europeo del patrimonio culturale
Anche sull’onda dell’entusiasmo per un 2018 intitolato Anno europeo del patrimonio culturale si è lavorato per la concretizzazione di politiche culturali che attestassero il ruolo generativo e relazionale della cultura. Le prime politiche urbanistiche regionali e nazionali si stanno muovendo per incoraggiare l’incontro. Una rigenerazione urbana che trova linfa in un mix positivo di pubblico, privato sociale e privato.
L’occasione è propizia anche per riattivare le comunità locali, per coinvolgerle toccando le corde sensibili del territorio, per incoraggiarle a far rivivere gli spazi con le loro tradizioni e i loro saperi. Arte contemporanea, innovazione e welfare culturale sono alcune delle direttrici lungo cui si muovono i progetti pilota. A quasi 5000 ammonta oggi il numero dei luoghi coinvolti dalla rinascita, senza un esplicito divide tra Nord e Sud del Paese.
Ridefinizione di strumenti e contenuti
Un movimento che parte dal centro come dalle periferie e che dimostra come le leve buone della cultura possano innescare cambiamenti concreti sul piano sociale ed economico. Anche l’impresa può partecipare alla sfida, approfittando dei saperi messi in campo nel quadro delle nuove tecnologie. Un impegno che si muove sia in direzione del futuro che nella rivitalizzazione del passato, con la ridefinizione del ruolo della memoria, dell’identità locale, del patrimonio storico-artistico di una comunità.
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Ulteriori positive ricadute non sono escluse anche in materia di occupazione giovanile. Si richiede l’introduzione di nuovi e più pratici strumenti per gestire il proliferare di idee e progetti di respiro diverso rispetto al passato. È alle prime sperimentazioni la nuova formula di partenariato speciale pubblico privato.
Per assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e favorire altresì la ricerca scientifica applicata alla tutela, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo può attivare forme speciali di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l’apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili, attraverso procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1
Terzo comma dell’art. 151 del D.Lgs.n.50/2016, Nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici
Sono stati inoltre semplificati i contratti di sponsorizzazione, con uno snellimento della procedura per l’attivazione di progetti finalizzati a promuovere direttamente o indirettamente il patrimonio culturale.
Alimentare i progetti per innescare circoli virtuosi
Nell’Anno europeo del patrimonio culturale l’impegno si è registrato anche in termini economici. L’Unione Europea ha investito 8 miliardi di euro per la valorizzazione del patrimonio storico-artistico.
I numeri in Italia sono già incoraggianti, sebbene molto meno ammirevoli di quelli europei: oggi nel Bel Paese si contano 1116 imprese attive con 2823,7 milioni di fatturato e 51000 occupati, a fronte di un numero di partnership pubblico/privato di 22 negli ultimi 10 anni (Fonte EPEC 2017) contro le 357 del Regno Unito, le 151 in Francia e 95 in Germania.
Positivo è il nuovo ruolo assunto da Cassa Depositi e Prestiti, che acquisisce e ristruttura spazi in disarmo per renderli più appetibili sul mercato e rivenderli ad un prezzo più competitivo. Il tempo che intercorre tra l’acquisto e la rivendita può essere positivamente sfruttato da enti che si occupino di riattivarlo per finalità sociali o culturali, facendolo così tornare a rivivere nelle abitudini della comunità.
È nuovo il modo di concepire la cultura, non più elitaria e riservata a specifici luoghi esclusivi ma alla portata di tutti, disponibile per tutti, anzi particolarmente attiva nella risoluzione delle criticità sociali. Occorre però alimentare queste volontà vivaci con risorse adeguate: per questo Cassa Depositi e Prestiti e il FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) hanno concluso un accordo per facilitare l’accesso al credito delle imprese culturali per 300 milioni attraverso il fondo di garanzia per le PMI, grazie al supporto del Piano Juncker.
Diversità di spazi e attori
Una galleria di esempi virtuosi e best pratice colora l’Italia da nord a sud. È il caso della valorizzazione dell’ex-monastero del Carmine a Bergamo, con il supporto del Teatro Tascabile di Bergamo.
Si aggiunge l’ex-colonia balneare “Bolognese” a Rimini, che l’associazione Spazi Indecisi, che dal 2010 lavora alla mappatura di questa specifica tipologia di spazi sulla costa romagnola, ha segnalato, permettendo che venisse concessa in comodato all’Associazione Il palloncino rosso. Workshop, dibattiti, tavole rotonde sono le principali protagoniste dei flussi di attività innescati oggi nello spazio abbandonato.
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Altre protagoniste di progetti di riattivazione sono le stazioni abbandonate, con i casi di Ronciglione in provincia di Viterbo, a Borgo a Buggiano in Toscana, e quello della stazione di Caorso (PC), convertito in sede della Protezione Civile.
Tra i borghi rilanciati vanno segnalati quelli di Fortunago nell’Oltrepò Pavese e l’esperienza esemplare del comune di Terre Roveresche (PU). Altre mura utili per le azioni di risignificazione sono quelle del patrimonio religioso sconsacrato o abbandonato. Altri motori vivaci sono le community sportive.