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Resilient Museums Directors exchange: nella cabina di regia dei musei resilienti

Come implementare l'inclusione sociale e culturale nelle realtà museali di oggi? Direttori di musei a confronto in un evento promosso da Musei Toscani per l'Alzheimer con il sostegno dell’Ambasciata e del Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia. 

9 minuti di lettura

Resilienza è in psicologia la capacità di un individuo di superare un evento traumatico, senza rompersi. Può un museo educare i suoi visitatori alla resilienza? Può esso stesso essere resiliente, nei confronti di un contesto che negli ultimi due anni sembra essersi reso particolarmente ostile? I protagonisti di Resilient Museums Directors Exchange si sono palleggiati, lo scorso giovedì 27 gennaio, queste ed altre domande e risposte. E lo scambio è stato arricchente, fitto di nuove idee e progetti pionieristici, che portano avanti la battaglia dell’inclusione sociale e culturale.

Il canale di discussione è stato aperto per iniziativa del MTA, Musei Toscani per l’Alzheimer, il sistema supportato dalla Regione Toscana, specificamente impegnato per l’accessibilità di arte e cultura alle «persone che affrontano la sfida di vivere con la demenza e ai loro caregiver», con il sostegno dell’Ambasciata e del Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia

Al dibattito hanno partecipato più di sessanta direttori di piccoli e grandi musei, italiani ed esteri. Quattro i relatori presenti, che in una prima sessione plenaria hanno delineato il profilo di diverse questioni poi approfondite in più intime stanze di discussione. 

Quali sono le soluzioni che un museo può adottare per favorire l’inclusione? In che modo e quanto un direttore di museo può fare la differenza rispetto all’adozione delle stesse?

Resilient Museum Directors exchange
Resilient Museums Directors Exchange, videoconferenza del 27 gennaio 2022

A Eindhoven un museo plurale che sfida la modernità 

Da questi interrogativi generali ha preso forma la riflessione che i quattro direttori invitati hanno contribuito a co-creare grazie anche all’apporto dei diversi partecipanti. I primi spunti sono stati forniti da Charles Esche, direttore del Van Abbemuseum di Eindhoven. Per descrivere la filosofia sottesa al suo operato più che decennale, Esche è partito dalla natura stessa della città su cui il museo posa le fondamenta: Eindhoven è una realtà moderna, che affronta la contemporaneità con approccio critico, consapevole del suo bagaglio di ferite. Rispetto a queste, il museo vuole rimanere vigile e offrire spunti curativi. 

Per affrontare le attuali sfide sociali Esche, sottolinea fin dall’apertura del dibattito, la chiave per un direttore è tenere occhi e orecchie bene aperti. Ascoltare la comunità che vive intorno al museo per capirne le esigenze e, da queste, far derivare soluzioni lenitive per sofferenze più o meno momentanee. Risorsa prima di un museo sono le persone, che ne compongono lo scheletro. Tante, tutte minuziosamente e continuamente formate. Ciascuna esperta di un settore specifico, che tradurrà la sua conoscenza nella proposta di soluzione per un problema contingente. Così il museo arriva ad essere plurale, a formarsi e a mutare in funzione dei tasselli che lo compongono, pescati dalla comunità che lo circonda. 

A Manchester la sinergia stretta tra museo e ospedale

Un museo, prosegue Wendy Gallagher, direttrice del Civic Engagement del Manchester Museum, che nei corpi della società circostante trova l’essenza del suo esistere. È questo che ha portato la sua innovativa realtà museale a lavorare così a stretto contatto con l’ospedale di Manchester e la sua facoltà di medicina. Perché è forte la convinzione che l’arte possa rappresentare un sollievo efficace per qualsiasi malattia debilitante. Che, quindi, debba essere per tutti accessibile. 

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Un approccio sensoriale più ampio e studiato è quello sfruttato per calamitare l’attenzione dei visitatori impossibilitati a seguire percorsi usuali. Una realtà museale, quella del Manchester Museum, che si nutre della linfa vitale della città in cui ha sede, trasgressivamente multilingue e multiforme, testardamente convinta che tutte le diversità siano ricchezza, e meritino inclusione.

MTA, Directors Exchange - Cassero per la Scultura, Montevarchi (AR).
MTA, Directors Exchange – Cassero per la Scultura, Montevarchi (AR). Immagine gentilmente concessa dall’ufficio stampa MTA

A Montevarchi l’esperienza museale si fa tattile

Affinché le iniziative museali volte all’inclusione raggiungano l’utenza desiderata, spiega Federica Tiripelli, direttrice del museo Il Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento di Montevarchi, bisogna entrare in contatto con le famiglie e i medici che la circondano. Sin dalla sua apertura nel 2010, il museo si prefigge come obiettivo quello di “entrare nel territorio”, intercettando persone con Alzheimer, ipovedenti e non vedenti e nuovi cittadini (soprattutto le donne).

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Centrale è la visita tattile: le sculture possono, con le dovute accortezze, essere toccate, permettendo così ai visitatori di vivere un’esperienza completa, gratificante ed emozionante. Nel 2020 è stato sviluppato, in collaborazione col Museo Paleontologico dell’Accademia Valdarnese del Poggio, il progetto M.I.R.A. (Musei in Rete per l’Autismo); in questo periodo, invece, sono in corso i lavori col Museo Omero di Ancona, per rendere le visite tattili accessibili anche alle persone non vedenti.

A Middleburg nessuno viene lasciato indietro

Anche Marjan Ruiter, direttrice dello Zeeuws Museum di Middleburg dal 2009, è molto attenta alla capillarità sociale dell’offerta museale. Il programma Unforgettable, offerto da 12 musei olandesi tra cui il Van Abbemuseum, prevede visite guidate dinamiche che incoraggiano le persone con demenza a guardare le opere d’arte, parlarne e condividere storie e ricordi; House of Memories, invece, offre formazione, risorse e attività museali con cadenza mensile, mirate a stimolare il dialogo intergenerazionale tra anziani e giovani. Altra iniziativa a cui il museo prende parte è il Museum Plus Bus, che permette ai cittadini più poveri, con mobilità ridotta o soli, di spostarsi e partecipare a visite di gruppo.

Resilient Museums Directors Exchange, videoconferenza del 27 gennaio 2022

Operativamente: esempi virtuosi di resilient museums per affrontare la sfida

A seguito delle numerose critiche dovute alla scarsa o inesistente accessibilità dei loro spazi per diversi gruppi di persone, negli ultimi anni molte strutture museali nel mondo hanno iniziato a ripensarsi alla luce dei bisogni di categorie lungamente ignorate. Le pianificazioni architettoniche dei resilient museums vedono ora la collaborazione dei lavoratori con organizzazioni di persone con disabilità (è il caso del Canadian Museum of Human Rights), le collezioni sono arricchite da elementi che rendono le opere più accessibili (il Museo del Prado di Madrid ha accentuato le linee di contorno di alcuni suoi dipinti per le persone non vedenti), le tecnologie più recenti permettono iniziative più inclusive (il Museo di Hirshhorn ha ricostruito virtualmente delle stanze per persone con disabilità che non potevano accedervi) e i nuovi programmi per persone con demenza stimolano la loro inclusione sociale e la loro vena artistica (il MoMA di New York organizza il Meet Me, molto simile a House of Memories).

Siamo sicuramente ben lontani dalla piena inclusione, ma l’impegno di queste e altre realtà sta dimostrando una maggiore vicinanza alla popolazione tutta, rompendo vecchi schemi di privilegio che rendevano l’esperienza museale esclusiva. Ci si può solo augurare che, di questo passo, gli esempi virtuosi diventino la norma.

Questo articolo fa parte di Lente Olandese, la rubrica di Frammenti Rivista realizzata in collaborazione con l’Ambasciata e il Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia.

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Francesca Leali

Nata a Brescia nel 1993. Laureata in lettere moderne indirizzo arti all'Università di Bergamo, dopo un anno trascorso in Erasmus a Parigi. Appassionata di fotografia, cinema, teatro e arte contemporanea.

Christian Montedoro

Classe 1999, pugliese fuorisede a Bologna per studiare al DAMS. Cose che amo: l’estetica neon di Refn, la discografia di Britney Spears e i dipinti di Munch. Cose che odio: il fatto che ci siano ancora persone nel mondo che non hanno visto Mean Girls.

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