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L’arte nascosta di Genova

Un viaggio attraverso le strade di Genova per scoprire la sua arte nascosta: quattro tesori artistici e spesso sottovalutati.

13 minuti di lettura

Montagne senza legno, mare senza pesci, uomini senza fede e donne senza vergogna.

Un infelice proverbio citato da molti autori europei (tra cui Montesquieu) per descrivere Genova, con le sue colline spoglie, un mare non particolarmente pescoso e una popolazione di mercanti e donne indipendenti che gestiscono il denaro al pari dei loro mariti.

Genova è una città molto sottovalutata dagli italiani stessi, soprattutto per quanto riguarda il turismo e la sua arte nascosta e sottovalutata. In effetti, su tutta la costa del mar Ligure quelle di una città portuale non sono certo le spiagge più belle e meno inquinate. Inoltre, come in tutti i porti, lungo gli stretti percorsi dei caruggi verso il mare si respira il pungente odore del pesce, e non mancano gli scarti della merce scaricata che rimangono abbandonati sul ciglio della strada. Genova è spesso la meta di una gita di un giorno, per chi sta aspettando il traghetto per le isole del Mediterraneo o per i turisti in Liguria che nelle giornate piovose, non potendo andare al mare, si rifugiano nell’acquario del Porto Antico. Genova e la sua arte nascosta sono molto di più. È il brulicare della gente, sono le vie buie da cui si intravede solo una striscia di cielo azzurro e che si affacciano poi su piazze luminose; sono i panni che sventolano dalle finestre e la povertà dei vicoli, sono gli ori e gli affreschi dei pittori fiamminghi nelle chiese. Ci sono tanti luoghi da scoprire per ammirare l’arte nascosta di Genova, in una passeggiata tra i caruggi che nascondono una storia ed una bellezza suggestive.

Vico Lavagna – Melina Riccio

Melina Riccio, originaria della provincia di Avellino, è l’esempio della forma più pura di street art e dell’arte nascosta di Genova. L’artista ha una storia di vita complessa che nel 1983 l’ha portata a un ricovero in un ospedale psichiatrico a seguito di un esaurimento nervoso. Da allora, la sua missione è stata quella di trasmettere amore universale. Dipinge sui muri decorazioni che racchiudono poesie molto semplici o preghiere in cui augura la pace e il bene per tutti. La spiritualità di Melina Riccio è lontana dalle regole e dalle imposizioni della cultura cattolica, ma si traduce in un panismo spirituale di fusione tra l’uomo e l’universo. Melina Riccio realizza anche bandiere, collage e composizioni floreali in cui vuole comunicare messaggi di pace e speranza. La sua è una vera e propria missione, infatti negli anni si è recata nelle maggiori città italiane raggiungibili in treno da Genova per diffondere tramite l’arte il proprio messaggio d’amore. Fino a qualche anno fa Melina viveva in Vico Lavagna. Davanti a casa sua è possibile osservare un concentrato del suo lavoro, perché l’artista ha decorato l’ingresso e i muri della strada con graffiti, collage di tessuti e ghirlande di fiori. Ma tutto questo bene non è unidirezionale, perché in Vico Lavagna restano le tracce di una dedica a Melina e alla sua arte da parte degli abitanti di Genova: ci sono saluti all’artista, fiori lasciati sulla porta. Una coppia ha persino appeso una coccarda per la nascita del loro figlio, come se fosse un ex voto. Così come le poesie di Melina si trasformano in preghiere, anche la comunicazione degli altri con lei diventa quasi religiosa. Questa arte pura, spontanea e dedicata tutti è stata riconosciuta ed esaltata anche dal Centre de Pompidou di Parigi, che nel 2022 ha dedicato un’intera parete ad alcune opere di Melina Riccio.

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Largo XII Ottobre – Guido Rossa

Guido Rossa fu un sindacalista italiano. Originario del Veneto, a trentatré anni si trasferì a Genova ed iniziò a lavorare come operaio per le acciaierie Italsider. Rossa era un uomo dai forti ideali politici; iscritto al PCI sin da giovane, pochi anni dopo l’assunzione a Genova divenne un sindacalista della CGIL. Nel 1978 iniziò a notare che al lavoro, vicino ai distributori del caffè, si trovava ogni giorno una pila di volantini delle Brigate Rosse, le stesse che l’anno prima avevano sequestrato ed ucciso Aldo Moro. Guido Rossa indagò, individuando insieme ad altri colleghi il responsabile fra gli operai della fabbrica. Era la prima volta che qualcuno denunciava un brigatista infiltrato: Rossa, l’unico ad averne avuto il coraggio, doveva essere punito in un modo esemplare. Il 24 gennaio 1979 Guido Rossa fu seguito da un furgone, da cui scese un commando di brigatisti che gli sparò a morte. Era il primo omicidio di un sindacalista comunista da parte delle BR. Nel 1983 l’artista genovese Franco Repetto, che negli anni precedenti aveva realizzato altri ritratti di sindacalisti, vinse il concorso per erigere un monumento in bronzo dedicato a Guido Rossa, che si trova in Largo XII Ottobre. La rappresentazione del soggetto è molto particolare: in posizione frontale troneggia la figura del sindacalista, immortalato in una posa statica, con la nudità e l’espressione seria dei canoni classici. In alto però, sopra alla testa di Rossa, eccolo di nuovo in una posizione assolutamente dinamica esaltata dal drappeggio di una lunga bandiera che tiene in mano la prima statua. Repetto ha scelto di rappresentare la sua tragica fine, fotografando nel bronzo il teatrale movimento del suo corpo, colpito dai proiettili in quella mattina del 24 gennaio.

Piazza Vacchero – Giulio Cesare Vachero

Nel quartiere di Prè, in un intrico di caruggi, sorge una colonna che ricorda la damnatio memoriae di Giulio Cesare Vachero, che nel 1628 si unì ai Savoia ordendo una congiura contro la repubblica genovese. Il complotto venne subito scoperto e Vachero venne giustiziato assieme agli altri traditori. La morte non era abbastanza, così la casa di Vachero venne completamente distrutta e sulle sue macerie fu eretta la Colonna Infame, sulla quale si recitava:

Ricordo infame di Giulio Cesare Vachero, scelleratissimo uomo, il quale avendo cospirato contro la Repubblica, mozzatogli il capo, confiscatigli i beni, banditigli i figli, demolitagli la casa, espiò le pene dovute. Nell’anno del Signore 1628.

Questa scultura dalla storia tanto suggestiva non è però visibile al primo sguardo, nonostante la sua altezza imponente. Il turista appassionato di Fabrizio de Andrè che si avventuri in via del Campo, girando appena la testa verso la piccola piazza Vacchero, vedrebbe solo una fontana: nel 1644 infatti i discendenti di Vachero ottennero il permesso di erigere questo monumento per nascondere alla vista dei passanti la colonna, e così il ricordo dell’infamia del loro antenato. Come per molti episodi storici particolarmente violenti, anche per quanto riguarda Giulio Cesare Vachero negli anni si è diffusa una leggenda, secondo la quale di notte il congiurato si aggira ancora nei pressi della Colonna Infame, colpendo con visioni spaventose chi a quell’ora si avvicini alla fontana.

Piazza San Giorgio – Giovanni de Gara

La chiesa di San Torpete e Santa Maria Immacolata fu edificata nel XII secolo e ricostruita nel XVIII, mentre l’aspetto attuale della facciata risale al 1854. Si tratta di una delle parrocchie più antiche di Genova. Fu eretta dalla corporazione dei mercanti pisani; per questa ragione inizialmente la chiesa era dedicata soltanto a San Torpete, martire originario proprio di Pisa. In seguito la famiglia dei Della Volta acquisì l’edificio. All’interno sono conservati gli affreschi di Giovanni Carloni, della scuola di Gian Battista Paggi e Andrea Semino. Per gli appassionati dell’arte e delle architetture religiose la chiesa di San Torpete è un edificio da non perdere, ma non è questa la ragione per cui merita una visita anche da parte di turisti di passaggio. San Torpete è infatti una delle chiese scelte da Giovanni de Gara per il progetto Eldorato del 2018. Nato da una collaborazione con Padre Bernardo Gianni per le porte d’ingresso dell’Abbazia di San Miniato al Monte, il progetto di Giovanni de Gara ha coinvolto più di cinquanta chiese in Italia, i cui ingressi sono stati rivestiti dalle coperte termiche dorate che si utilizzano nel soccorso ai migranti del Mediterraneo. Il titolo Eldorato richiama il mitico paradiso di ricchezza degli avventurieri, con un’amara riflessione su come il colore delle coperte termiche sia ingannevole, simbolo non di ricchezza e prosperità, ma di un’esistenza in bilico fra vita e morte nelle acque del mare. Inoltre, l’oro è proprio il materiale che rappresenta un grande controsenso di una Chiesa, quella cattolica, che professa la povertà e gli atti di carità verso i bisognosi, ma che altrettanto spesso mostra una ricchezza sfacciata, soprattutto nelle decorazioni degli edifici di culto.

Genova perduta e familiare, piccola e straniera

Genova è una città di arte nascosta, contrasti, stridenti e marcati come la ruvidezza dei suoi abitanti. Il pittore tedesco Paul Klee usava queste parole per descrivere la città:

Case alte, fino a tredici piani, vie strettissime nella città vecchia, fresche e maleodoranti, di sera una fitta folla, durante il giorno quasi solo bambini. I loro panni sventolano come bandiere di una città in festa. Cordicelle tese da una finestra a quella di fronte. Durante la giornata sole pungente in quelle viuzze, riflessi metallici del mare, dovunque una luce abbagliante. Con tutto questo, le note di un organetto, un mestiere pittoresco. Attorno bambini che ballano. Il teatro nella realtà.

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Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

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