Esattamente settecento anni fa, in quel di Piacenza, accadeva uno strano fenomeno che di meteorologico aveva ben poco, ma che rimase celebre per la sua singolarità celeste. Nel 1322 il signore di Piacenza si chiamava Azzone, figlio di quel Galeazzo Visconti a capo della signoria più estesa e potente del territorio italiano, il cui centro principale si trovava nella città di Milano. I Visconti infatti detenevano tale potere grazie al loro ruolo di “vicari”, che gli era stato concesso dall’imperatore per svolgere la funzione di mediatori nella lotta tra ghibellini e guelfi. Scegliendo però chiaramente di favorire i primi.
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Solo che il 9 ottobre di quell’anno, con Galeazzo appunto lontano a Milano, i guelfi di Piacenza avevano pensato di approfittarne e di rifarsi dei tanti soprusi, per riconquistare la città, spalleggiati dal popolo che non vedeva l’ora di cacciare il giovane rampollo dei Visconti, ovvero Azzone. Fu in tale occasione che quest’ultimo, “vista la mala parata” e non scorgendo altra soluzione, si diede alla fuga a cavallo. Scelta saggia quanto tardiva: perché i guelfi che lo inseguivano, guidati dal loro capo Opizzone dei Landi, gli erano ormai alle calcagna e per il giovane Visconti le possibilità di salvarsi erano davvero ridotte al lumicino.
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Ed ecco che “valida venne una man dal cielo”, anzi due. Ovvero quelle della madre di Azzone, nonché moglie di Galeazzo, Beatrice d’Este, che risiedeva con il figlio nel palazzo sede del potere. Appena la donna, affacciatasi alla finestra, si rese conto del pericolo in cui incorreva l’amato figlio, non esitò un secondo: chiamò le serve e si fece aiutare a rovesciare dai piani alti dell’edificio il contenuto del suo più prezioso forziere che custodiva in casa, quello con le monete d’oro.
Fu così che gli accaniti inseguitori, tra la scelta dell’ambita preda in fuga e la pioggia d’oro dal cielo, a loro volta non esitarono un secondo. Si fermarono a raccogliere il denaro e tanti saluti al rampollo che ebbe così modo di raggiungere la porta della città e di conseguenza la salvezza.
Quindi, in conclusione della vicenda, fu felice Azzone di essersi salvato; e furono felici anche i guelfi di tanta ricchezza scesa dal cielo. Tanto che non dispiacque al loro capo Opizzone accontentarsi di quel che aveva raccolto per strada e, per compensare la mancata cattura del giovane Visconti, di deliberare di tenere per sé pure la donna, cioè la coraggiosa e munifica Beatrice d’Este.
di Michele Canalini
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