fbpx
black women

Black Women e marginalità

dalla newsletter n. 36 - febbraio 2024

15 minuti di lettura

In a society where the good is defined in terms of profit rather than in terms of human need, there must always be some group of people who, through systematized oppression, can be made to feel surplus, to occupy the place of the dehumanized inferior. Within this society, that group is made up of Black and Third World people, working-class people, older people, and women.

Audre Lorde1

Esiste sempre un margine interno al margine. La discriminazione intra-categoriale presuppone che, internamente al gruppo già marginalizzato, esista un insieme di individui la cui marginalizzazione è amplificata da uno o più fattori discriminatori che agiscono simultaneamente agli altri. Questa caratteristica comporta che il loro riconoscimento nella categoria sociale più comunemente conosciuta, non basta a definire l’esperienza di discriminazione che vivono. Nel celebrare la storia dei movimenti antirazzisti e degli obiettivi raggiunti dalla comunità nera, è necessario tenere a mente quel gruppo interno alla categoria che per anni è stato dimenticato, reso invisibile, ignorato: le black women.  

Black women

Numerosi sono gli stereotipi e i miti connessi all’immagine delle Black women, rappresentazioni che hanno attraversato la storia radicalizzandosi. Prima tra tutti, la sessualizzazione dei corpi delle donne nere. L’oggettificazione sessuale è sicuramente una pratica applicata in modo universale ai corpi femminili, tuttavia, nel caso delle donne nere assume un significato specifico relativo alla sua origine.

Nel periodo dello schiavismo, l’oppressione sessuale era una pratica comune e veniva giustificata dall’idea che le schiave nere possedessero una particolare natura libidinosa. L’appellativo di puttane, l’attribuzione di un carattere immorale e l’associazione con un’essenza seduttrice o ingannatrice, sono alcuni dei miti che sopravvissero all’abolizione della schiavitù venendo consolidati nella nuova società americana.

Furono implementate un insieme di pratiche volte a segregare ed emarginare il gruppo razzializzato e genderizzato, tra cui le leggi contro i matrimoni misti, la negazione del titolo di Miss o Mrs a qualsiasi donna nera, l’idea che relazionarsi socialmente con donne nere macchiasse la rispettabilità, e il rifiuto da parte dei negozianti di permettere alle donne nere di provare gli indumenti prima dell’acquisto. Questa narrativa rafforzò la costruzione di un’immagine stereotipa che non solo produceva effetti negativi per l’autodeterminazione di queste donne ma anche per la loro sicurezza.

Negli anni Sessanta gli stupri e le violenze verbali contro le donne nere erano all’ordine del giorno, le denunce erano quasi tutte archiviate e la vittimizzazione secondaria il modo più comune per prosciogliere il reo. A prescindere dalla loro condizione sociale, le donne nere erano costantemente etichettate come puttane e di conseguenza come colpevoli degli abusi che subivano, questo permise agli uomini bianchi di sentirsi in diritto di aver libero accesso ai loro corpi.

Dall’altra parte, la stigmatizzazione delle relazioni tra donne nere e uomini bianchi, veniva utilizzata dagli uomini della comunità nera come strumento di controllo. Nonostante questi uomini avessero provato sulla loro pelle l’oppressione di chi viene marginalizzato, decisero comunque di riprodurre le regole del patriarcato bianco e controllare la sessualità e la libertà di scelta delle loro sorelle. Il fardello del tradimento con l’oppressore era chia…

Rachele Scardamaglia

Sono Rachele Scardamaglia, ho 23 anni e sono nata a Palermo. Ho conseguito la laurea triennale in filosofia all'Alma Mater di Bologna, poi ho scelto in modo un po' inusuale di tornare a Palermo per laurearmi in Scienze filosofiche e storiche. Durante la magistrale, ho approfondito il tema dei gender studies e mi sono avvicinata al mondo dell'attivismo transfemminista. Adesso sto scrivendo un progetto di ricerca per partecipare al dottorato in Studi di genere promosso dall'università di Palermo. Amo la mia terra e non voglio scappare.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.