Esploso circa una decina di giorni fa, lo scandalo delle scommesse dei calciatori è un caso d’esame perfetto per riflettere sul giornalismo social 4.0, sempre più hype e sempre più trash. La domanda da porsi non verte quindi sulla moralità del sistema calcistico o delle personalità coinvolte, ma su cosa ci insegna lo scandalo delle scommesse rispetto alla configurazione del giornalismo 4.0.
Quali sono le sue caratteristiche, i suoi moventi e i suoi effetti rispetto alla produzione, alla diffusione e al consumo dell’informazione?
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Le rivelazioni di Corona, tra Dillingernews e tv trash
Le rivelazioni che hanno travolto la Serie A e la Nazionale Italiana sono state lanciate da Fabrizio Corona, noto alla cronache nazionali come “l’ex-re dei paparazzi”, su Dillingernews, testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano lo scorso luglio 2023. Portale che, oltre a Corona in qualità di frontman, riunisce una serie di figure note al mondo dello spettacolo. Tra queste, l’editore ed amministratore unico Andrea Betrò e il giornalista genovese Luca Arnau, in passato guida di diverse testate patinate, ma anche autore di film, documentari, serie tv e romanzi.
Sfruttando il proprio account social con uno stile comunicativo tabloidizzato, trash, aggressivo e provocatorio, Corona con la redazione di Dillingernews ha dettato i tempi dell’informazione sia online che offline. Prima con Dillinger, che si ispirandosi all’ex gangster americano di inizio Novecento, John Dillinger, propone come proprio slogan di lancio «only outlaws will be free». Poi con una serie di “ospitate impenna share”, pagate a peso d’oro, presso gli Studi Rai e Mediaset.
Mentre Dillingernews tiene in scacco pubblico e procura con soffiate, rettifiche e conti alla rovescia per nuovi spetteguless, l’inchiesta prosegue coinvolgendo anche lo stesso Corona, accusato di diffamazione.
Calcio-scommesse e social media: cosa ci insegna su hype e trash
Ma il problema qui non è Corona. Il problema è sistemico. Lo scandalo non sta nei toni da lui usati. Toni che non sono diversi da quelli che gli erano propri in passato, né da quelli di altri influencer attualmente operativi. E lo scandalo non sta neppure nella corruzione del sistema calcistico, che certamente indigna, ma non sorprende. E forse neppure si può parlare paradossalmente di scandalo. Il caso dei calciatori che scommettono, che ha colpito il tendine d’Achille della cultura pop italiana, in cui il calcio è religione, ha messo ben in evidenza qualcos’altro.
L’informazione sui social funziona, “diventa virale”, quanto più è trash, per cui si può dire che il trash è il trampolino di lancio dell’hype. E l’hype, “montatura o gonfiamento” in inglese, è una strategia di marketing che attira il pubblico intorno ad una certa notizia, producendo traffico e revenue. Quella di Corona è un’operazione di marketing estremamente redditizia. Sfrutta le affordancies delle piattaforme digitali facendo leva sul trash per generare hype. Ed è proprio il trash, termine inglese traducibile in vario modo – volgarità, cattivo gusto, infimo livello culturale – a polarizzare l’attenzione degli utenti sulle piattaforme social.
Ma come notava Aldo Grasso sul Corriere della Sera lo scorso settembre, la tv trash è:
È una tv che non ha regole né etiche né estetiche, è un tv senza ritegno e senza vergogna, volutamente approssimativa.
E la sua indicazione resta vera anche se sostituiamo alla tv il concetto più ampio di informazione, o giornalismo. Ma qui si sta riflettendo sul secondo termine. Cosa sta succedendo al giornalismo? E cosa succede ai lettori?
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Il tema è evidentemente complesso, ma certamente si possono fissare alcune coordinate per orientarsi meglio nel nuovo scenario mediale.
L’antefatto è quello della scomparsa progressiva dei giornali stampati per effetto della digitalizzazione dei testi. Le notizie che navigano in rete sono entrare in ambienti in cui le configurazioni di potere sono molto cambiate. Nel web 4.0, grazie alle metriche sui big data, sono le piattaforme e chi per esse a tenere in mano le redini dell’informazione, e non le singole testate giornalistiche, con la parziale eccezione dei colossi dell’informazione. Per sopravvivere in rete, ottenendo sponsorizzazioni e proventi pubblicitari, le testate giornalistiche online dovendo conquistare alti livello di traffico presso le loro piattaforme. E per farlo, diventa fondamentale costruire contenuti che rispettino le regole algoritmiche delle piattaforme. E ciò spesso avviene a discapito della qualità dell’informazione per una ragione banale: Il trash fa hype, il giornalismo serio meno, per utilizzare un eufemismo.
Interrogativi aperti
Cosa attira di più la nostra attenzione? I reportage accurati sugli eventi tragici in Medio-oriente o gli spoiler provocatori di Corona & co sui prossimi calciatori coinvolti? O magari i nuovi concorrenti del Grande Fratello?
Il problema non è Corona, ma sistemico, e ci riguarda tutti. Giornalisti e lettori.
Il caso delle scommesse deve farci riflettere, forse non soltanto sulla ludopatia dei calciatori, ma su cosa stia succedendo al mondo dell’informazione, e di riflesso anche a noi, sempre più trash e hype-addicted.
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