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metafore cibo Shakespeare
G. B. Tiepolo, "Il banchetto di Antonio e Cleopatra" (1744)

Calderoni, banchetti e carestie:
il cibo come metafora
nell’opera di Shakespeare

3 minuti di lettura

Nei drammi di Shakespeare il tema dell’alimentazione è uno dei più ricorrenti e misteriosi. Un pasticcio può nascondere la vendetta, un banchetto l’amore, un bicchiere di vino gli eccessi della classe politica. I piatti scelti dal drammaturgo non sono mai casuali, ma nascondo importanti metafore che aiutano lo spettatore a comprendere e apprezzare le sue opere.

metafore cibo Shakespeare
G. B. Tiepolo, Il banchetto di Antonio e Cleopatra (1744)

Com’è ben noto, Shakespeare è uno degli autori che maggiormente ha giocato con metafore, similitudini e allegorie. I suoi giochi di parole e le sue allusioni sono da sempre motivo di grande interesse per la critica, che ha cercato di studiarli, definirli, comprenderli. Le metafore basate sul cibo di Shakespeare sono tra quelle più utilizzate e più interessanti. Nelle opere del Bardo infatti gli alimenti presentati sono raramente scelti per caso: ogni piatto viene nominato per una ragione precisa e nasconde un chiaro riferimento comico, politico, sociale, erotico.

Le metafore sul cibo di Shakespeare e le abitudini alimentari 

Per comprendere le metafore sul cibo presenti nelle opere di Shakespeare è necessario conoscere le usanze dell’epoca nel campo dell’alimentazione. Che cosa si mangiava nella Londra di quattrocento anni fa? Prima di tutto, bisogna sottolineare come le abitudini alimentari fossero molto diverse a seconda della classe sociale. Come accade anche oggi, aristocratici e re avevano un’alimentazione ben diversa da quella dei contadini o degli artigiani. Se i ricchi avevano poi a disposizione una quantità di cibo notevole, i poveri erano spesso vittime di carestie. Da questo punto di vista, le cose non sono quindi molto cambiate: ancora oggi il mondo è purtroppo diviso tra chi spreca cibo e chi non ne ha abbastanza.

Sulla tavola di un nobiluomo avremmo trovato senza problemi carne e pane bianco, ovvero dei beni considerati di alto livello, molto costosi e quindi accessibili soltanto da una parte della popolazione. Nelle case più povere si mangiava invece frutta e verdura rigorosamente di stagione, pane nero, porridge, zuppa e radici, cibi semplici che era possibile coltivare e cucinare in autonomia.

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