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Ma che bel castello. Storia di un simbolo medievale

Tutti amano i castelli perché ci sono castelli per tutti: tenebrosi, fiabeschi, diroccati. Ma qual è la loro storia?

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Tutti amano i castelli perché ci sono castelli per tutti: tenebrosi, fiabeschi, diroccati, belli, brutti, finti, strani eccetera eccetera. E il periodo che più di tutti associamo ai castelli è il Medioevo: nessuna ricostruzione medievale pop può essere completa senza un castello slanciato verso il cielo, con le bandiere che sventolano in cima alle torri merlate, pronto a resistere a un assedio o a difendersi da un drago sputafuoco. Ma cosa c’è all’origine di un elemento così iconico?

Il termine castello deriva dal latino castrum, che indicava gli accampamenti militari mobili, evolutosi poi nelle fonti come castellum per riferirsi a vari tipi di realtà circondate da mura, da singoli edifici a intere cittadelle. Nell’Alto Medioevo le prime rare fortificazioni con scopi difensivi o strategici erano riutilizzi di strutture romane: in pochi avevano abbastanza potere e risorse per costruirne di nuove, e il diritto di edificare era quasi sempre nelle mani dei re.

I primi castelli medievali degni di tale definizione erano diversi da quelli a cui siamo abituati: si trattava di strutture semplici (chiamate motte and bailey), piazzate a dominare passaggi strategici, valli o pianure, oppure lungo corsi d’acqua, e protette soprattutto dalla conformazione del terreno. Il materiale prediletto per le costruzioni era il legname, con rarissime strutture in pietra; due cerchi concentrici di palizzate racchiudevano rispettivamente un piccolo villaggio e il torrione principale, quasi sempre su un’altura.

Il fenomeno decisamente più massiccio poi chiamato incastellamento ebbe inizio verso la fine del IX secolo, quando alcune aristocrazie rurali come quella franca cominciarono a fortificare le loro residenze in campagna, da cui controllavano un certo territorio: si trattava quasi sempre di zone su cui esercitavano potere, informale o ufficiale, da una quantità di tempo tale da renderlo indiscusso. Se ad esempio una certa famiglia aveva da generazioni la sua residenza in una certa area, che includeva campi, villaggi e possedimenti vari, spesso economicamente quasi autonoma, nessuno avrebbe osato andare a negare loro il diritto di continuare a viverci; re e imperatori (fino a quel tempo gli unici autorizzati ad erigere fortezze) concedevano o confermavano diritti ai nobili che li sostenevano in guerra e in politica, ufficializzando spesso situazioni già in atto – se non addirittura già sfuggite al loro controllo. Così facendo riconoscevano la loro incapacità di difendere la popolazione che viveva lì e cedevano una parte di autorità al dominus locale.

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Nasceva anche su queste basi il feudalesimo, ossia la ramificazione capillare di questo tipo di rapporti sul territorio europeo. Da Carlo Magno in avanti questo fenomeno trovò la sua radicazione definitiva, quella che avrebbe dato forma all’Europa delle campagne per qualche secolo. Pur di non perdere del tutto le cellule che formavano i loro regni, i sovrani concedevano ampie autonomie ai loro sottoposti, che in cambio sarebbero andati in battaglia con loro e (forse) non avrebbero sobillato ribellioni; a loro volta i signori locali potevano fare lo stesso per meglio gestire i loro territori, e così via. Quel che successe tra la fine dell’Impero Romano d’Occidente e i secoli IX-X fu dunque il passaggio dei castelli da entità puramente difensive a residenze e centri di potere, vere e proprie capitali di feudi.

Intorno al 900 a tutto ciò si accavallarono le cosiddette seconde invasioni, (così chiamate per distinguerle da quelle del IV e V secolo): Ungari, Normanni, Saraceni, cominciarono a premere sui bordi terrestri e marittimi dell’Europa occidentale. Secondo una spiegazione tanto chiara quanto banalizzata, i castelli nacquero per rispondere a un’esigenza di protezione, sia dei signori sia di tutti i loro sottoposti, legata proprio alle incursioni di questi nuovi popoli. Appena si prospettava la minaccia gli abitanti dei villaggi accorrevano ai cancelli del castello, che il signore avrebbe richiuso alle loro spalle.

Ma un edificio raramente si limita ad essere solo un elemento fisico del paesaggio, così come il potere non si esercita in un luogo circoscritto con precisione per esaurirvisi: ha una componente simbolica fondamentale, che gli serve a non essere messo in discussione nel momento in cui ha svolto la funzione per cui gli altri hanno accettato di sottoporsi ad esso. Nel caso dei castelli è ancora troppo spesso trascurata la loro funzione di simboli di un potere contrapposto a quello di un re che era incapace di difendere i suoi sottoposti, a differenza del dominus che invece spalancava le sue porte al popolo. Che al momento di scegliere a chi essere fedele non ci avrebbe pensato due volte.

I signori combattevano le loro guerre di castello in castello, radendo al suolo od occupando quelli degli sconfitti: il controllo delle fortificazioni era uno dei tratti fondamentali della guerra.

Nel frattempo già da prima del Mille l’abitazione del signore feudale si costruiva in solida pietra, e con l’evoluzione delle tecniche anche per le mura e per sempre più edifici del castello si abbandonò il legno. Verso la metà del XII secolo i castelli assunsero le caratteristiche che conosciamo: mura alte e sottili, difficili da scalare, torrette di varie dimensioni e funzioni, strutture accessorie, fossati…

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Verso la fine del Trecento questi canoni cominciarono ad essere abbandonati, soprattutto per un cambio nelle logiche del potere: escluse alcune fortezze strategiche, difendere le città diventava sempre più importante rispetto ai castelli in campagna. I castelli delle fiabe ritornarono ad essere semplici residenze, non più destinate a resistere agli assedi, ma ad essere abbellite per rivaleggiare con quelle dei vicini.

Anche le novità nell’arte della guerra costrinsero gli ingegneri a cambiare progetti: le mura sottili e alte stavano diventando obsolete di fronte alle armi da fuoco, sempre più potenti e perfezionate. L’altezza diminuì a favore dello spessore e delle basi inclinate – perfette per deviare i colpi di bombarda – in quella che venne poi chiamata fortificazione all’italiana. Ne sono celebri esempi le mura di Lucca, la fortezza da Basso di Firenze, i torrioni del castello Sforzesco di Milano e tantissimi altri sparsi in tutta Italia.

Ma nei consigli per le vacanze dobbiamo valicare le Alpi. Se quest’estate passerete nella torrida Francia centrale potreste approfittarne per una piccola deviazione: a Treigny, paesino di nemmeno mille abitanti della Borgogna-Franca Contea, gli studiosi si stanno spingendo al limite dell’archeologia sperimentale con il progetto di Guédelon: qui dal 1997 una squadra di circa settanta lavoratori, tra muratori, falegnami, tagliapietre, architetti, artisti e specialisti vari sta costruendo un castello, rigorosamente secondo le tecniche e l’organizzazione del lavoro del 1228.

È un’opera che fa commuovere chi di noi ha sognato i castelli per anni. E l’introito turistico è notevole: circa trecentomila visitatori l’anno, che possono imparare e toccare con mano cosa significhi fare storia fuori dalle università. Alla faccia di chi dice che l’epoca dei castelli è finita.

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Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

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