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«Cent’anni a Nordest Viaggio tra i fantasmi della Guera granda»: il reportage narrativo di Wu Ming 1

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7 minuti di lettura

Era circa metà marzo e sul sito di una nota testata giornalistica appare un titolo che subito solletica sia le mie curiosità personali che i miei interessi scientifici: Cent’anni a nordest. È ormai da un po’ di tempo che “la grande famiglia” dei senza-nome lavora su tematiche curiose, rispolverando i vecchi scheletri nell’armadio dell’Italia che fu, in particolare dall’uscita di un libro, Point Lenana, nel quale l’indagine tra il rapporto politica-conquista-montagne viene reso evidente e manifesto per quegli anni tanto palesi da essere oscuri, quel famoso ventennio (non vale la pena mettere maiuscole o segni grafici per sponsorizzare un periodo, in tutti i sensi, nero). Nel reportage in tre puntate, pubblicato sulla nota testata giornalistica di stampo internazionale, però protagonista non è il ventennio, o meglio non solo; il ruolo principale, com’è giusto che sia, è ricoperto da quegli anni tragici e di sangue, quelli delle Tempeste d’acciaio, dove milioni di persone, per tragico volere di chi pensa di giocare a scacchi andando in guerra, hanno perso la vita in atroci maniere e situazioni. Nell’anniversario della commemorazione della Grande Guerra, dove tutti si spendono per commemorare, a tratti giustamente, altre volte senza ritegno, i “Nostri” caduti in battaglia, i militi ignoti di tutto il mondo, c’è chi si adopera per aprire quel vecchio armadio polveroso dimenticato nella soffitta dei bisnonni per trovare le tracce di una geo-storia dimenticata.

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Leggendo questo intenso reportage, mi è sorta spontanea la domanda e la curiosità, o forse solo la speranza, di vedere, in un futuro, questo lavoro su carta, magari in formato libro. La sorte e il caso, o la Divina Provvidenza, hanno fatto sì che il mio desiderio si realizzasse. Esce nelle librerie, per Rizzoli, Cent’anni a Nordest. Viaggio tra i fantasmi della Guera granda, ampliamento del reportage narrativo redatto da Wu Ming 1, che si occupa di portare all’attenzione del pubblico dedito alla lettura di libri, e in maniera più estesa, quei famosi fantasmi rimasti in gran parte non notati dagli italioti.

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Non c’è commemorazione diretta, non c’è lacrima, se non amara, in questo testo di Wu Ming; è la messa in mostra, la fotografia di un problema che si annida tra le nicchi di polvere della storia italiana, utile a sciogliere alcuni nodi e ad evidenziare delle palesi e terribili contraddizioni che albergano tra le braccia tese verso un passato irredento e mutilato, e un presente che, smemorato, idolatra gli irredentismi e gli indipendentismi. Tutto questo situato e connotato, principalmente, nelle tre regioni che proprio grazie alla Grande Guerra, l’Italia, ha politicamente, militarmente e politicamente acquisito e colonizzato, dimenticandosi di chi viveva in quelle terre, di quelle che poi sono diventate minoranze o che a tratti sono ancora maggioranze non notate e/o non considerate dai politicanti di casa nostra. O meglio non da tutti: Lega Nord e idio-parti-ti affini cercano costantemente di far leva su una storia mal filtrata e mal raccontata, sempre più spesso modificata, per ottenere consensi da una parte o dall’altra, cercando, così, di galleggiare e veleggiare verso impropri successi, donati da cittadini profondamente ignari di cosa si annida tra una lacrima e un’altra. Si parla delle misteriose origini venete di Putin, i nostalgismi di Cecco Beppe, di come si può fare un falso, illegale, articolato referendum e diventare indipendenti, dell’uso osceno del concetto di identità e delle sue degenerazioni e di come anche un musicista e cantate, tipicamente legato a simpatie di sinistra, venga usato e ripreso come strumento di invasione, di distorsione, di vantaggio da alcuni benpensanti sempre pronti ad alzare il dito, o forse il braccio, o a calarsi i pantaloni e porgersi i deretani.

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Ciò che è narrato in questo libro di Wu Ming è la storia di una guerra a più livelli, stratificata, che non è cessata nel 1918 e non è iniziata nel 1915, che ha molte storie sottili e taglienti, lame di rasoio, che feriscono chi, senza prudenza, convinto di essere sempre al sicuro, passa il dito sul filo della storia. È raccontata, attraverso episodi esemplari, la storia degli ultimi cento anni di questo paese. Le parole sono per chi è caduto in maniera oscena a causa di qualcuno che muoveva pedine senza coscienza, considerando carne da macello le centinaia di migliaia di soldati partiti per un fronte che, in fin dei conti non si sono scelti; sono per quei disertori morti per decreti proto-fascisti, per quelli sopravvissuti e che hanno potuto dire la loro e riabbracciare i loro cari, per chi ha raccontato la guerra e l’ha vissuta non solo imbracciando un fucile. Le parole sono lacrime che impregnano la carta e ne trasformano il significato, sono un fiore depositato sulla tomba del disertore, davanti alla lapide della resistenza, sono la speranza che questi scheletri, una volta dissepolti e ascoltati, donino una coscienza e un futuro a questo territorio. Si territorio e non nazione o stato, perché la terra e chi la abita profondamente ancora sanguina, mentre il cielo si colora di rosso grazie all’opera di land art di Alberto Peruffo Burning Cemetery. «Cent’anni a Nordest parla del retaggio della Grande guerra in Veneto, Friuli, Venezia Giulia, Trentino e Alto Adige, ed è dunque legato al prossimo libro collettivo di Wu Ming, che racconterà anch’esso la prima guerra mondiale, guardandola dai lembi, da margini significativi». Res(is)tiamo in attesa.

Andrea Marini

 


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  1. […] «Una guerra che non è cessata nel 1918 e non è iniziata nel 1915». Andrea Marini recensisce Cent… «Era circa metà marzo e sul sito di una nota testata giornalistica appare un titolo che subito solletica sia le mie curiosità personali che i miei interessi scientifici: Cent’anni a nordest. È ormai da un po’ di tempo che “la grande famiglia” dei senza-nome lavora su tematiche curiose, rispolverando i vecchi scheletri nell’armadio dell’Italia che fu, in particolare dall’uscita di un libro, Point Lenana, nel quale l’indagine tra il rapporto politica-conquista-montagne viene reso evidente e manifesto…» […]

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