Una volta quelli che viaggiavano in bicicletta o a piedi sul lago di Garda, per lunghe distanze, con lo zaino pieno a metà di energia e a metà di pazzia, erano soprattutto gli stranieri. Pelli bianche e capelli biondi, liberi di essere sferzati da un vento fresco. Vestivano orgogliosi e sbarazzini una moda lontana, figlia dell’on the road d’oltreoceano. Oggi il viaggio in bicicletta sta conquistando nuove frontiere, e inizia a diffondersi anche tra i compatrioti. Si collegano itinerari e si ricavano nuove piste ciclopedonali, che tagliano i campi o affiancano i fiumi. Si mappano le strade e si moltiplicano i viaggiatori, quelli solitari, in coppia o in branco, più o meno avversi agli automobilisti, ma carichi della voglia di un viaggio diverso, con tempi diversi.

Dalla Lombardia si sconfina in Emilia
Tra i percorsi più belli da segnalare molti sono in Lombardia. Alcuni itinerari contornano i laghi, correndo ora a filo d’acqua, ora più alti a offrire scorci che mozzano il fiato. Quello che abbraccia il lago di Varese è un anello corto: 29 km di saliscendi tra montagne e canneti. Una pista ciclopedonale disegna il perimetro anche del lago d’Iseo, in parallelo alla strada in alcuni punti, per tuffarsi poi quasi nell’acqua. Si vocifera di una pista spettacolare, senza paragoni in Europa, che aprirà sul lago di Garda. La struttura qui è più consistente, e i chilometri da percorrere diventerebbero 140. La si vuole agganciare ad altri percorsi ciclabili già presenti nella zona. L’anello ciclabile del Garda ha già visto le sue prime inaugurazioni: lo scorso 10 maggio si è battezzato il tratto che da Limone (Capo Reamol) si spinge fino alla provincia di Trento. Da riagganciare poi alla pista che da Riva torna al confine lombardo. Si pedala su un filo sottile, a strapiombo sulle rocce.
La Martesana è scavata accanto al naviglio di Leonardo da Vinci, e dal grigio di Milano respira in direzione dell’Adda, tra paesi sperduti e paesaggi invecchiati. Le ruote corrono accanto all’acqua anche per la ciclabile del Mincio, che da Peschiera del Garda arriva fino a Mantova, la città sull’acqua. Poi dal Po si può viaggiare fino all’Adriatico, toccando Ferrara. Si sfiorano città d’arte e antiche vie di comunicazione. In Emilia Romagna parte anche la ciclovia del Po, che scorre tra strade arginali, sterrate di campagna e altre vie chiuse al traffico.

VenTo per una green economy
VenTo (Veneto-Piemonte o Venezia-Torino) sfida le intemperie e solca trasversalmente l’Italia. È un progetto in divenire del Politecnico di Torino.
«Ho sempre preferito i sentieri perchè i sentieri ti portano sempre da qualche parte, non sono mai inutili». (Marco Aime, Rubare l’erba)
VenTo è un progetto di strada ancora non ultimato, ma carico di promesse. È un motore che vive del consumo di ruota, che mira ad alimentare una green economy di green jobs. I numeri sono utili, e quelli di VenTo sono importanti: c’è il 2000 dei nuovi potenziali posti di lavoro, i 100 milioni del potenziale indotto annuale, e i 129 i milioni di euro che sono necessari per completarlo, da associare ai 5-6 km di autostrada che con una tale cifra si potrebbero costruire. Il progetto trae linfa da alte aspirazioni, e viaggia basso, sui territori, a ricucire tra loro le bellezze inestimabili e inesauribili del nostro Paese, tra «recuperi, occupazione, identità, dignità, socialità e urbanità».

Ruote che si alternano a binari
La bici si appoggia al treno sul sentiero della Valtellina, che ridisegna l’antica linea della ferrovia. Tra Colico e Tirano, la strada costeggia l’Adda. Al binario si alterna la ruota anche in Liguria, dove la ciclovia dei fiori cuce San Lorenzo con Ospedaletti, e affianca l’azzurro del mare, lungo il tracciato della vecchia ferrovia Genova-Ventimiglia. Ancora acque, ma più paludose, sono invece quelle che affiancano la ciclabile che collega Assisi e Spoleto, che poi si aggancia ancora ad una vecchia ferrovia, l’antica linea Spoleto-Norcia. Tappa obbligata alla Ciclosteria, per fare la doccia e mangiare. Ancora sul tracciato della vecchia ferrovia (Calalzo di Cadore-Dobbiaco), dismessa dagli anni Sessanta, si snoda la ciclovia delle Dolomiti. Ciclabile con vista nel tratto Oltrechiusa, da cui è possibile lasciarsi affascinare dal Pelmo-Croda da Lago, dall’Antelao, dalle Marmarole, dal Sorapiss. Corre a fondo valle invece la ciclabile della Val Pusterla, che serpeggia tra le Dolomiti. I chilometri superano il centinaio, ma numerose sono le tappe suggestive lungo il percorso.

Sul tracciato delle ferrovie dismesse
Sui percorsi delle ferrovie abbandonate spesso si allunga il passo dell’uomo, o la ruota della bicicletta. Al percorso dell’ex-ferrovia della Val Rosandra, in Friuli-Venezia-Giulia, che si spinge fin dentro Trieste, si congiungono diversi itinerari ciclabili per attraversare il Friuli su due ruote. In Liguria si viaggia sulla vecchia linea Savona-Ventimiglia, scoperta accidentalmente 140 anni fa durante uno scavo. In Lombardia da Colzate si va a Clusone, facendo tappa tra i santuari. Sempre a nord il percorso a Cortina, in Trentino, chiede una buona gamba per 65 km tra vari saliscendi. Verso sud invece il Gottardo dell’Umbria, la Spoleto-Norcia, si getta tra tornanti e viadotti. Anche in Sicilia si scelgono le due ruote nella zona della Riserva di Torre Salsa, attraversata da un’antica ferrovia ricavata su paesaggi mozzafiato.
C’è una giornata delle ferrovie dimenticate in Italia, il 3 marzo, in occasione della quale si riattivano luoghi dismessi, organizzando eventi e tour lungo percorsi scavati un tempo, da riscoprire.

Sulle antiche vie delle persone e dei lupi
C’è il gran tour della Val di Merse, che si allunga verso sud, e la via Francigena che segue gli itinerari dei pellegrini verso San Pietro. Sempre su antiche vie romane è scavato il percorso della ciclabile che da Venezia sconfina a Donauwoerth, sul Danubio tedesco. Si valicano le Alpi in un punto facile, ai lati scorrono paesaggi tra villaggi alpini e distese pianeggianti. Alle vie degli uomini e dei treni si aggiungono quelle dei lupi: la Via dei lupi sguscia tra i monti Simbruini, nei boschi dove viveva il lupo sull’Appennino, toccando borghi oggi abbandonati. Si tuffa invece sulla Strada del vino la ciclabile della Val Venosta, che da Merano collega a Resia, dove si trova il campanile solitario che emerge dal lago.
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A sud c’è una ciclabile che in parte viaggia sull’asfalto, e da Napoli si aggancia a Bari. Da qui si può proseguire verso Matera, toccando sempre borghi suggestivi che punteggiano distese pianeggianti.

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