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Cinque consigli di lettura filosofica per agosto

L'estate è la stagione della lentezza, ma anche delle letture eretiche. Ecco quelle che vi consigliamo in ambito filosofico

14 minuti di lettura

L’estate, si sa, è la stagione della lentezza, quando il caldo scioglie il tempo addosso e rende i movimenti più difficili. Ma è anche la stagione di ciò che non ci siamo voluti concedere altrove, delle letture eretiche, dei pomeriggi passati nell’ombra di una tapparella abbassata a ritrovare sulla carta chi abbiamo cercato invano di affrontare. È la stagione in cui, nella malinconia infinita delle ore diurne, ci è permesso tornare padroni di noi stessi. Ecco qualche consiglio di lettura filosofica per il mese di agosto.

A. T. Battacharya, N. Fraser, «Femminismo per il 99%: Un manifesto», Laterza

Se non è anticapitalista, intersezionale, ambientalista, antirazzista e non fondato sulla lotta di classe, allora non chiamatelo femminismo. Chiamatelo oppressione con le paillettes piuttosto, o pinkwashing borghese: il femminismo «o è per il 99% o non è». A porre ed illustrarci i dettami di questo aut aut sono Cinzia Aruzza, Tithi Battacharya e Nancy Fraser, autrici del saggio Femminismo per il 99%: Un manifesto.

Nel vuoto generato dal fallimento del femminismo liberale e dal declino del liberismo abbiamo bisogno di un nuovo femminismo capace di contemplare un differente orientamento di classe, un differente ethos, radicale e trasformativo. Un femminismo che speronando l’ipocrisia liberale da posizioni di sinistra, si mostri finalmente in grado di raccogliere le sfide della nostra epoca, lavorando a gomito con i movimenti anticapitalisti e antisistema, con i militanti antirazzisti, con gli attivisti per i diritti dei migranti e dei lavoratori. Un femminismo che attraverso la propria militanza riesca a guadagnare terreno e forza sufficienti per spezzare le alleanze esistenti e ridisegnare la mappa della politica e dei rapporti di potere su scala globale.

Per Aruzza, Battacharya e Fraser è necessario che il fronte di lotta del femminismo contemporaneo si innesti in quello spiraglio critico aperto dall’aggressione ultradecennale del capitale alle condizioni di vita della classe lavoratrice e media.

consigli lettura filosofici

In questo saggio dal tono sagacemente polemico e divulgativo le autrici ripercorrono le implicazioni storiche e politiche che hanno reso gli scioperi femministi un vero e proprio modello di difesa “dal basso” delle nostre comunità capace di catalizzare a sé tutte quelle forze che nel nome di tale difesa intendono esporsi.

Riportando in vita quello spirito militante, le femministe in sciopero dei nostri giorni rivendicano le proprie radici nelle lotte storiche per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e per la giustizia sociale. Uniscono donne separate da oceani, montagne e continenti, ma anche da confini, muri e reti di filo spinato, per dare un nuovo significato allo slogan ‘La solidarietà è la nostra arma’. Rompendo l’isolamento di muri domestici e simbolici, gli scioperi dimostrano l’enorme potenziale politico del potere delle donne: il potere di chi, col lavoro salariato e con quello non pagato, sostiene il mondo.

Cosa significa, dunque, costruire un femminismo per il 99%? Significa innanzitutto partire da un interrogativo capace di inquadrare in prospettiva rizomatica le grandi crisi del nostro tempo per ridisegnare i margini di una controffensiva capace di co-implicare — considerandoli come inscindibili — i concetti di giustizia sociale ed ambientale: continueremo ad inseguire “le pari opportunità di dominio” mentre il pianeta brucia o sceglieremo finalmente di lottare — e in sinergia — per un mondo giusto in cui ricchezze e risorse naturali siano condivise da tutti e in cui libertà ed uguaglianza non siano solo premesse, ma aspirazioni?

Consigliato da Sara Campisi

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P. Hadot, «Che cos’è la filosofia antica», Einaudi

Nel libro Che cos’è la filosofia antica?, Pierre Hadot offre un’excursus incisivo e mai didascalico lungo la filosofia antica fino alla prima filosofia cristiana, attraversando gli inizi della figura del “saggio” fino alla delineazione del personaggio del “filosofo” nelle sue varie declinazione. La linea di lettura che attraversa il libro è l’interpretazione della filosofia antica come una continua tensione a costituire “forme di vita”, in un intreccio inscindibile tra speculazione, fisica e morale. Aspetti inseparabili, che a partire da Socrate diventeranno un modo di creare comunità e promuovere veri e propri modi di vita, o ancora meglio attitudini, posizioni soggettive nei confronti degli avvenimenti e delle condotte da tenere o rigettare, in linea con quell’idea di “estetica dell’esistenza” reperita da Michel Foucault.

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Dall’Accademia platonica al Liceo artistotelico, fino alle scuole ellenistiche (epicureismo, stoicismo, scetticismo), al cinismo, al neoplatonismo e alla cristianità, la filosofia è pratica comunitaria e pedagogica volta a rendere poi l’individuo, in forme diverse, capace di agire nel mondo in modo etico, in particolare se impegnato non solo nella vita pubblica, ma anche, e talvolta soprattutto, in quella più strettamente politica. Ognuno di questi orientamenti presupponeva esercizi spirituali, sulla base dei suoi presupposti metafisici. Ne emerge un ritratto della filosofia antica come una serie di discorsi che intrecciavano profondamente astratto e concreto, intelletto e comportamento, azione e pensiero. Un taglio diverso e inedito, ben lontano dall’apparente astrattezza della filosofia.

Consigliato da Mattia Giordano

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«La fine di tutte le cose», ovvero l’inizio della filosofia

S. Landucci, «I filosofi e i selvaggi», Einaudi

La fine dell’esperienza coloniale nella seconda metà del XX secolo ha portato la filosofia ad interrogarsi sul significato che la scoperta e la conquista dell’America ebbe sulla cultura europea. In un filone particolarmente florido su scala internazionale, Sergio Landucci ha offerto un prezioso contributo italiano nel 1972 con la pubblicazione di I filosofi e i selvaggi.

 Come si evince dal titolo, il libro ricostruisce l’impatto che l’incontro con i “selvaggi” -i nativi americani- ebbe sui filosofi della civiltà europea. Ricordandoci come, prima del Novecento, sia sostanzialmente impossibile scindere la filosofia da quelle che oggi chiamiamo “scienze sociali”, l’autore ricostruisce il complesso sistema di concetti attraverso cui la filosofia ha cercato di afferrare i popoli al di là dell’oceano. Il dibattito si scisse presto fra coloro che cercavano di ricondurre i “selvaggi” all’interno della tradizione assodata di stampo medievale-aristotelico e chi, invece, li utilizzava come critica alle concezioni classiche e poneva la necessità di costruire nuovi concetti. La scoperta dei “selvaggi” colpì radicalmente diversi spazi della cultura europea: le concezioni della società, dello Stato, del diritto, della religione, della storia e del rapporto natura-cultura furono costrette al profondo ripensamento che porterà alla modernità.

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In un anno turbato dall’avvento della guerra russo-ucraina, in cui ogni lato del dibattito pubblico si è espresso sui nomi “Europa” e “Occidente”, riscoprire ciò che storicamente è stato l’incontro con l’alterità culturale permette di gettare una nuova luce sul processo che ha portato alla formazione del nostro modus cogitandi e, pertanto, di formarsi una coscienza più sottilmente critica e complessa in questo momento storico particolarmente denso e complesso.

Consigliato da Giovanni Soda

J. N. Bergamo, «Marxismo ed ecologia», Ombrecorte

In questo denso volume, Bergamo offre una prospettiva – la prima – molto esaustiva su un ambito di ricerca solo parzialmente conosciuto in Italia, l’eco-marxismo. Si tratta di una commistione originale di elementi provenienti dalla filosofia marxiana a istanze teoriche richieste dalla crisi ecologica attuale attraversata a livello planetario. Secondo le prospettive teoriche degli autori che Bergamo illustra in questo saggio, Marx (ed Engels) fornirebbero gli elementi adatti per riconfigurare il nostro modo di concepire la realtà, e dunque agire su di essa.

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Punto di partenza fondamentale dell’esponente più importante dell’eco-marxismo statunitense, John Bellamy Foster, è che il marxismo (insieme al darwinismo) sia sin dalla sua origine una prospettiva materialistica e perciò ecologica, capace cioè di pensare la natura non come un oggetto da negare, ma come, dialetticamente, un ambito di realtà autonomo rispetto alla mente umana e che retroagisce alla prassi. Questa fondamentale intuizione che sarebbe presente nei testi marxiani, viene sviluppata da Bellamy Foster in direzione politica.

Di contro, la linea di Jason Moore sposa l’ipotesi della cosiddetta ecologia-mondo, la quale, adottando una prospettiva ontologica vicina ai neomaterialismi, abbatte la distinzione tra natura e cultura per indicare nel capitalismo una forza che struttura, essa stessa, la natura, dandole forme storicamente determinate.

Il libro di Bergamo è il primo importante affondo italiano in questi temi, ad oggi forse tra i più cruciali per la ridefinizione politico-filosofica che la crisi ecologica impone al pensiero.

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La natura del capitalismo. Su marxismo ed ecologia

Consigliato da Giovanni Fava

F. Dostoevskij, «Memorie del sottosuolo», Einaudi

Che Dostoevskij sia maestro nel raccontare la complessità dell’animo umano è cosa scontata e risaputa. Meno scontato, però, è il modo in cui lo fa in uno dei suoi più celebri romanzi, Memorie del sottosuolo, scritto nel 1864, anno che spiana la strada a tutte le sue opere più mature.

«Sono un uomo malato… Sono un uomo maligno»

Con queste parole inizia la confessione sincera e trepidante, nonché profondamente filosofica, del protagonista de Le Memorie, il quale ha deciso di mostrare al mondo, portando finalmente alla luce, quella zona d’ombra, quel “sottosuolo” appunto, presente in ogni essere umano e in cui albergano sentimenti perfidi e maligni verso cui si prova, allo stesso tempo, vergogna e timore.

La scelta rivendicata e consapevole di non cercare di innalzarsi al di sopra delle proprie passioni ma di voler sprofondare nel proprio fango anche a costo della propria autodistruzione (in un movimento che porta continuamente dall’alto verso il basso, dalla luce del giorno all’oscurità del sottosuolo), ha alla base la volontà di ribellarsi contro la mediocrità e l’ipocrisia dell’uomo del suo tempo che persegue una vita ordinata e volta al progresso negando, così facendo, il libero arbitrio.

L’uomo del sottosuolo, dunque, è l’antieroe, è l’outsider, colui che sceglie di autoescludersi dalla società per non rimanere coinvolto nella sua dinamica viziosa e malata ma che, nonostante ciò (o a causa di ciò?), cade in un luogo ancora più perverso e misero quale quello di un’anima biliosa e traviata che si condanna all’emarginazione e all’autocommiserazione diventando perfino incapace di capire “cosa amare e cosa odiare, cosa rispettare e cosa disprezzare”.

Consigliato da Giusy Nardulli

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Redazione

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