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Coronavirus, migranti, Salvini: il caso di Treviso

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5 minuti di lettura

129 migranti positivi al coronavirus. Un caso simbolo che rivela molto sugli effetti delle politiche leghiste dal punto di vista pratico e sociale sui migranti e non. Un caso inquietante perché rischia di non essere isolato.

Le polemiche

Negli ultimi giorni, tra le polemiche sulla proroga dello stato d’emergenza e quelle sul recovery fund, è tornato centrale nel dibattito pubblico il tema immigrazione. Questo perché alcuni dei migranti che sono sbarcati nelle ultime settimane e alcuni migranti già da tempo presenti in Italia sono risultati positivi al COVID-19. Molti si sono indignati e hanno additato i migranti di diffondere il virus nelle città italiane. Salvini, che sul suo cavallo di battaglia non poteva tacere, è intervenuto chiedendo la chiusura dei porti. La preoccupazione di Salvini risulta a molti però incoerente dato il suo recente rispetto approssimativo delle regole per la prevenzione del COVID-19.

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Un esempio simbolo

A Treviso, solo nell’ex-caserma Serena, si sono registrati il 30 Luglio 129 nuovi positivi al coronavirus su 330 migranti. La notizia ha scatenato lo sdegno dei cittadini, di Zaia e di Salvini (che twitta «Se tornerà l’epidemia sappiamo chi ne sarà colpevole»). Uguale sdegno ha suscitato la notizia della rivolta dei migranti nella caserma. Ma facciamo un passo indietro per capire questo caso e molti analoghi.

L’ex caserma Serena ospita da anni i migranti che non hanno potuto usufruire né del sistema dell’accoglienza diffusa né degli Sprar (si veda l’episodio di Quinto di Treviso per capire il perché). Il malcontento, dovuto anche alle difficoltà di essere passati dal “miracolo del nord-est” alle delocalizzazioni e ai suicidi dei piccoli imprenditori, ha portato sempre più voti alla Lega. E così si è arrivati a Salvini ministro degli interni e ai decreti sicurezza.

I decreti sicurezza

Con i decreti sicurezza la situazione non è migliorata. Dal momento che gli Sprar possono accogliere solo minori e soggetti con protezione internazionale, tutti gli altri migranti vanno a finire o per strada (si è abolito, tra le altre cose, il permesso di soggiorno per motivi umanitari) o nei grandi centri come l’ex caserma Serena, che diventano sovraffollati. E quindi si hanno maggiori difficoltà nella gestione (anche sanitaria), più malcontento tra i migranti e incapacità di intraprendere un percorso di integrazione serio. E a tutto questo si aggiunge anche la riduzione della quota versata per migrante: dai famosi 35 euro al giorno a 21

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La comodità di un problema

Ricapitoliamo. Nella regione amministrata dal 1995 ad oggi dal centrodestra, scoppia un focolaio di COVID-19. I migranti vengono additati come untori da chi negli anni non ha migliorato questa situazione e ha causato il sovraffollamento e la malagestione dell’ex caserma. Da chi ha raccolto consenso elettorale marciando sul disagio dell’uomo moderno indicando un caprio espiatorio nel più debole, offrendo facili soluzioni a problemi complessi. Da chi ha spesso solo aggravato la situazione e, non risolvendo, ha aumentato il consenso. E dopo tutto questo fracasso, il governatore afferma che «È ormai certificato che questo sistema di ospitalità è fallimentare, socialmente, culturalmente, sanitariamente ed economicamente». Ed esprime solidarietà a Salvini, l’artefice di ciò.

Le responsabilità

Ciò che si può dire è che sul caso dei migranti della caserma Serena, per fortuna tutti asintomatici, c’è anche la responsabilità di chi in questi anni non è intervenuto o è intervenuto male e anche di chi non è ancora riuscito ad abolire i decreti sicurezza. Salvini twitta “Se torna l’epideemia sappiamo chi ne sarà colpevole”. Ma lui è sicuro di essere innocente?


 


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