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Dimensioni del pene, relatività delle pene

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A pene continue è condannato un pene dalle dimensioni ridotte. Ma se oggi il chiacchiericcio sulle misure è d’obbligo nei capannelli al femminile, un tempo canoni estetici diversi premiavano ben altri “sproporzionati”. Se l’abbronzato si lustra in faccia al bianco e il maleducato si fa grosso di male parole con il pettinato, qualche secolo fa era il fauno libidinoso ad essere sbeffeggiato dal posato intellettuale. Spiegava Andrew Lear, docente di antichità classiche alla Columbia, ad Harvard e alla New York University, che ad essere immortalate con il pene eretto erano solo categorie più lascive di esseri, come i satiri e i vecchi. Il pene degli eroi era invece sempre a riposo, a significare posatezza e controllo

Fonte: elvirasantaniello.blogspot.com

Eroi prestanti, razionali, seduttori, dal pene piccolo

A tal proposito, la storica Ellen Oredsson su Vox specificava che il modello greco non era pudico o bigotto. «Poteva certamente fare molto sesso, ma questo non era collegato alla grandezza del suo pene», le cui dimensioni gli garantivano un coinvolgimento solo moderato. Un vanto notevole. Canoni estetici diversi, che alimentano immaginari diversi, che costruiscono differenti percezioni della realtà, opposte perfino. Se un tempo la dimensione ridotta era premiante, oggi è escludente, derisa, sempre imbarazzante. Un’impalcatura di convenzioni regge una realtà da ogni lato diversamente percepita. 

Carnagione pallida, torace stretto, pronunciata lascivia, tratteggiavano, con il pene grosso, figure umane riprovevoli. Aristofane, citato da Lear, ne Le nuvole le attribuiva a soggetti indigeni e non atletici, oggi da altri tratti identificati, ma sempre squalificati. 

Fonte: www.thedressupper.com

Body shaming che affossa, affossato dall’avvicendarsi delle epoche

La costruzione dell’ideale è in continua ridefinizione e non appoggia mai su verità definitive. Forse è colpa del porno, forse del body shaming, la percezione del fisicamente attraente si è ribaltata. Vigliacco e infame, il body shaming si àncora a caratteri fisici non aderenti ai canoni estetici di una data cultura in un preciso momento storico. Relativo ma crudelmente incisivo: non necessariamente aderente alla “forma fisica perfetta” o alla salute, maltratta corde delicate. Adiposità e magrezza, altezza e bassezza, presenza, assenza e cura della peluria corporea, forma e dimensioni del pene, del seno, del bacino e delle natiche, il body shaming senza remore affonda la lama. 

Superstizione o canoni estetici del momento particolare guidano una lingua infame, che piega l’autostima e genera malattie nervose, disturbi alimentari, ansia e depressione. Eppure, incredibilmente, non esiste prova certa che questo carattere sessuale sia legato alla soddisfazione fisica, o ad una maggiore elevazione morale. Storie cucite, che è difficile corrodere e ridipingere, ma che guidano la percezione della realtà, e che influenzano l’autostima e la serenità di cosiddetti, forse no, “poco dotati”.

Fonte: www.gay.it

Fonte immagine in evidenza: www.spyit.it

Francesca Leali

Nata a Brescia nel 1993. Laureata in lettere moderne indirizzo arti all'Università di Bergamo, dopo un anno trascorso in Erasmus a Parigi. Appassionata di fotografia, cinema, teatro e arte contemporanea.

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