«Nessuno può mettere Baby in un angolo» è la frase che più ha fatto sognare le adolescenti d’America. Non erano ancora arrivati i belli inumani di Twilight, i melensi Step e Babi di mocciana memoria o, peggio ancora, i de Sade 2.0 mr. Grey e Anastasia Steele. Negli anni ’80 c’erano solo Baby e Johnny a far palpitare i cuori.
Sarà stata l’assoluta «normalità» della protagonista Francis Houseman (Jennifer Grey), diciassettenne acqua e sapone in grado di conquistare il prototipo del macho Patrick Swayze o la situazione di completa familiarità (vacanza in un villaggio turistico) a far immedesimare le giovani d’oltreoceano, fatto sta che Dirty Dancing è diventato un successo globale, uno di quei film che ci si vergogna di aver visto in pubblico eppure si continua a gustare con una tazza di tè in mano e l’occhio al telefonino in attesa di un messaggio dal Johnny di turno.
I balli proibiti del sottotitolo italiano hanno procurato sospiri e improvvisati passi di danza nell’intimità della propria camera e la storia d’amore tra il ballerino e la studentessa ha fatto sì che tutte, almeno una volta, immaginassero di sgattaiolare dal proprio letto per finire in quello, ben più invitante, del ragazzo dei propri sogni.
A confronto con la cruda idiozia di alcuni amori cinematografici odierni, la relazione tra Baby e Johnny conserva ancora quel misto di ingenuità e seduzione che rende la pellicola assolutamente godibile, pervasa da una sensualità accennata, quasi adolescenziale. Se nelle sale ufficiali del villaggio di Max Kellermann la borghesia nordamericana ballava il fox trot, nei locali riservati ai dipendenti la musica era più calda, i corpi più liberi, le mani pronte a scorrere sulle cosce tornite. Il tutto senza mai scadere nella volgarità, nel voyeurismo becero che dal Duemila in poi è diventato elemento necessario persino nelle serie tv.
In Dirty dancing, Baby conosce Johnny in una di queste sale, lo vede ballare con la sensuale Penny che vortica elegantissima su tacchi da capogiro; non sa, Francis, che Penny è incinta e di lì a poco dovrà abortire. Complicazioni, rischi per la propria salute, e la ballerina è costretta ad annullare la tournèe con il compagno. Sarà proprio Baby a sostituirla, imparando con impegno i passi di danza, dando vita a un’alchimia possente tra lei e il bel Johnny.
Il tocco lieve della mano del ballerino che dolcemente accarezza il fianco destro della ragazza, gli esercizi «bagnati» nel Mountain Lake, i baci leggiadri sul collo reclinato della giovane promessa del Mount Holyoke: «ogni gesto reca con sé una carica erotica difficile da rendere a parole, sottile e leggera come una brezza d’autunno» (She’s like the wind, del resto, canta Patrick Swayze).
A fine visione si ha l’impressione di aver gustato una bella favola per ragazze e pensare che ci sia stata una scena ritenuta sconveniente, troppo osé da essere inserita nella versione definitiva del film, è quasi impossibile.
Eppure è stato così. Nel cofanetto realizzato per i vent’anni della pellicola si è deciso di inserire l’unica scena tagliata dal regista che, per evitare polemiche, aveva deciso di riporre l’ultimo ballo proibito in un cassetto. Si tratta di una sequenza di poco più di due minuti, corrispondente alla prima volta che Johnny e Baby fanno l’amore. Nella versione ufficiale i due si fermavano a baci languidi e colli reclinati, per poi trovarsi – con un sapiente taglia e cuci – distesi a letto con la luce soffusa. Ora, sulle note di She’s like the wind, Johnny e Baby si cimentano in un ballo a metà strada tra il corteggiamento e i preliminari, con un bell’ondeggiare di fianchi e sguardi languidi. Il tutto mantenendo i vestiti indosso, per lo meno quelli che coprono le parti più peccaminose.
Ciò che ne deriva da Dirty dancing è uno spettacolo intimo e passionale, assolutamente casto se confrontato con i messaggi volgari che colonizzano la televisione di oggi, dalla Brava Giovanna della pubblicità fino agli atti osceni in luogo pubblico-privato del Grande Fratello. Quello di Johnny e Baby è un sensuale atto d’amore, un’espressione elegante e spontanea che, meglio di qualsiasi rappresentazione esplicita, sa far vibrare le corde dell’eros.
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[…] conto, sapete che questa è in realtà la scena numero sei. Non si tratta di un errore di calcolo: la scena più erotica del cult di Emile Ardolino fu in realtà tagliata dal film ed è stata inserita solo di recente […]
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