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«Don Chisciotte» il capolavoro di Cervantes compie 400 anni

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Sono passati ben 400 anni da quando Miguel de Cervantes Saavedra ha pubblicato la versione definitiva del Don Chisciotte della Mancia, ma l’irreprensibile paladino a cavallo del suo ronzino continua imperterrito a combattere contro i mulini e a far risuonare il suo insegnamento, che ben si adatta all’epoca moderna: sottolineare l’inadeguatezza della nobiltà dell’epoca nel fronteggiare i nuovi tempi che correvano in Spagna, caratterizzati dal materialismo e dal tramonto degli ideali.

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L’Istituto Cervantes di Madrid ha infatti organizzato la mostra Quijote por el mundo, che ben si presta a esprimere la portata globale di questo capolavoro. Infatti, Ernesto Perez dell’Istituto spiega:

«Don Chisciotte è un simbolo universale, in qualche modo naturalmente si avvicina ad ogni linguaggio e all’immaginario di tutte le persone».

Il capolavoro di Cervantes raggiungendo un successo immediato – tanto che già nel Seicento circolavano versioni in inglese e francese adattate dai traduttori – è entrato a far parte dei classici della letteratura mondiale. Questa, infatti, è la ricchezza dell’opera: nella sua incredibile originalità, essa è in grado di raccontare situazioni diverse e lontane che però riflettono la realtà complessa e corrotta dei nostri giorni.

Insieme a Michel de Montaigne ha dato inizio a un’epoca che ha visto nascere l’Illuminismo, il Romanticismo e le avanguardie: un percorso filosofico-letterario che include al suo interno Friedrich Nietzsche, Immanuel Kant, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Giacomo Leopardi, Lev Tolstoij, Marcel Proust, Franz Kafka e James Joyce. Da quel momento il romanzo è diventato, insieme al pensiero filosofico e alla scienza sperimentale, la chiave di lettura dei tempi moderni: per la prima volta i personaggi, attraverso le loro avventure, ossessioni e passioni poterono raccontare lo spirito di un’epoca, ponendo alcune tra le domande più urgenti per la società e offrendo le risposte che erano il frutto delle facoltà dell’intelletto.

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Riguardo la vicenda, il protagonista Alonso Quijiano è morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi al punto tale da lasciarsi trascinare in un mondo fantastico, nel quale si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere errante. Mutato il suo nome in Don Chisciotte, si mette in viaggio per difendere i deboli e riparare i torti in compagnia di un contadino-scudiero Sancio Panza e del ronzino Ronzinante, che a prima vista sembra malconcio, ma in realtà è superiore perfino al leggendario Bucefalo di Alessandro Magno.

Purtroppo per lo sventurato cavaliere, la Spagna del suo tempo non è più quella cavalleresca o dei romanzi picareschi: le avventure rimaste sono piuttosto scarse. La sua visionaria ostinazione lo spinge, però, a leggere la realtà con altri occhi: inizierà a scambiare i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni e i greggi di pecore con eserciti arabi, suscitando l’ilarità della gente che assiste alle sue folli gesta.

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Tramite la follia del protagonista, l’autore può pervenire al primo fine del romanzo: ridicolizzare i romanzi cavallereschi e satireggiare il mondo medievale, che, importati dalla Francia nel Cinquecento, avevano riscosso grande successo, tanto da generare una schiera di lettori impazziti. Questa messa in ridicolo è mossa anche da motivi personali: Cervantes combattè, infatti, nella battaglia di Lepanto ma, non premiato per il suo valore e dimenticato da tutti, trascorse gli ultimi anni della sua vita in povertà – leggenda vuole che sia stato addirittura in carcere. Egli si oppone alla comune ammirazione verso gli eroi cavallereschi, del tutto inesistenti e frutto della fantasia degli autori, desiderando riequilibrare le opinioni della gente sul reale valore del soldati della cristianità a discapito degli eroi immaginari della letteratura cavalleresca.

Questo triste cavaliere varca la soglia del Seicento Barocco, il cosiddetto Siglo de Oro, ovvero il secolo successivo alla Scoperta dell’America – un periodo molto florido per la Spagna, pioniera delle nuove rotte commerciali sull’Atlantico, in direzione dell’America, e sul Pacifico – caratterizzato dagli ideali trascendenti e dell’inizio delle narrazioni: trovandosi a metà fra Medioevo ed età moderna, fra finzione e realtà, fra credenza ed esperienza, non può che essere unico nel suo genere. La sua posizione, seppur a distanza di secoli, riflette anche la nostra e, come tutti i classici, Don Chisciotte conserva in questa sua caratteristica la sua modernità, il piacere estetico del paradosso e del trompe l’oeil metafisico che attraggono tuttora il lettore.

Nicole Erbetti

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