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Come cambia la politica francese dopo le elezioni legislative

Un presidente senza la maggioranza assoluta: Le Monde lo definisce un terremoto politico. Chiuse le partite elettorali - Presidenziali ed elezioni legislative - adesso la Francia è un laboratorio da tenere d'occhio.

12 minuti di lettura

Cercare compromessi e trovare alleati. Dovrà fare questo la politica francese nei mesi e negli anni che l’aspettano. Dopo oltre mezzo secolo di equilibri dettati da una maggioranza assoluta, di fatto garanzia della stabilità del Presidente, ora Emmanuel Macron – fresco vincitore delle Presidenziali di fine aprile – dopo il risultato delle elezioni legislative è costretto a fare i conti con i numeri: quelli dell’estrema destra di Marine Le Pen e quelli di una nuova sinistra, che con un’operazione storica si ritrova (quasi) tutta sotto un’unica formazione. Le elezioni legislative in Francia del 2022 segnano uno spartiacque. Come siamo arrivati qui e quello che succederà adesso in Francia, dopo le elezioni legislative, proviamo a spiegarvelo nelle prossime righe. 

Come sono andate le elezioni legislative in Francia?

Lo scorso 12 giugno i francesi sono tornati alle urne per le elezioni legislative che determinano il rinnovo dei 577 deputati dell’Assemblée Nationale. Il risultato dopo due turni di votazione ha segnato una débâcle per la coalizione del presidente Macron, che a fine aprile aveva vinto le elezioni presidenziali contro la candidata di estrema destra Marine Le Pen, leader del Rassemblement National. 

Il dato, semplice, è che il Presidente ha perso la maggioranza assoluta: a scrutinio ultimato la sua Ensemble!, ottiene solo 246 seggi. Per avere la maggioranza assoluta ne servivano 289. In Francia, alle elezioni legislative, Macron crolla e i vincitori sono altri: la Nupes – l’esperimento della sinistra francese guidata da Jean-Luc Melénchon – ottiene 142 seggi e il Rassemblement National 89, decuplicando così il numero dei suoi deputati. Erano 8, oggi sono 89 ed è la terza forza del Paese. Per la prima volta nella storia l’estrema destra supera i repubblicani, che si fermano a 64 seggi. 

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Fonte: Le Monde

Al ballottaggio, in tante sfide erano coinvolti i ministri del nuovo governo di Elisabeth Borne, che in caso di sconfitta devono rassegnare le dimissioni come stabilito da una regola in vigore dal 2007. La prima ministra ce l’ha fatta ed è stata eletta parlamentare con il 52,46% mentre diversi esponenti vicini a Macron, tra cui Richard Ferrand, presidente dell’Assemblea nazionale, sono stati battuti. Al momento, sono tre i ministri sconfitti e che dovranno dimettersi. Si tratta di Amélie de Montchalin (Transizione Ecologica), Brigitte Bourguignon (Salute) e Justine Bénin (Affari marittimi). 

Che succederà in Francia dopo le elezioni legislative? 

Finito il grande sogno del maggioritario a doppio turno, che in Francia dura da ben 64 anni (quando Charles de Gaulle l’ha imposto nella convinzione che «deve aiutare una nazione così divisa come la nostra al raggruppamento delle opinioni»), il panorama politico francese deve fare i conti con la fine dei partiti storici del Novecento, gollisti e socialisti, che almeno in questa fase lasciano a spazio a formazioni più liquide. Percepita come un terremoto politico in Francia, la perdita della maggioranza assoluta da parte della formazione del presidente Emmanuel Macron, durante le ultime elezioni legislative, però non è nulla d’insolito in tutta Europa. Come la Francia di oggi, alcuni dei suoi vicini hanno dovuto compensare il declino dei maggiori partiti tradizionali cercando nuove squadre di governo. Ogni singola legge e riforma dovrà essere “contrattata”, discussa e nel caso approvata allargando quelli che sono i confini di Ensemble! e di volta in volta recuperare voti. L’allargamento sulla carta più “semplice” dovrebbe essere con i Repubblicani, ma in questi giorni anche la lontanissima Le Pen ha dichiarato di essere disposta a votare alcuni provvedimenti se concordati prima col presidente.

E poi c’è la partita del Governo. La prima ministra Elisabeth Borne, nominata da Macron poco più di un mese fa resta al suo posto (il Presidente non ne ha accettato le dimissioni, presentate dopo il risultato delle legislative, ndr) e avrà il compito di trovare una squadra per il nuovo esecutivo. Macron intende darle ancora fiducia e non ne fa mistero: in un’intervista rilasciata all’Agence France-Presse (AFP) la sera di sabato 25 giugno, ha annunciato di averle chiesto di presentargli alla fine della prossima settimana proposte per un nuovo governo d’azione, che prenderà il nome nei primi giorni di luglio:

Quando tornerò dai vertici del G7 e della Nato, il Primo Ministro mi sottoporrà proposte per una tabella di marcia per il governo francese nei prossimi mesi e anni, e anche per la composizione di un nuovo governo d’azione al servizio della Francia, che metteremo in atto nei primi giorni di luglio.

Da settimane i maggiori esponenti della sinistra, riunita nella Nuova unione popolare ecologica e sociale, hanno evocato la coabitazione, cioè la situazione in cui la maggioranza parlamentare e il capo dello Stato appartengono a schieramenti opposti. È una caratteristica tipica dei sistemi semipresidenziali e in particolare di quello francese. Come fa notare Anais Gironi, corrispondente francese per Repubblica, Borne dovrà andare davanti al nuovo parlamento il 5 luglio dove rischia una mozione di sfiducia che Jean-Luc Mélenchon ha già detto di voler presentare, qualora non si trovi una via di mediazione. Al momento non c’è accordo tra le varie forze d’opposizione per far cadere il governo, ma la fase che si apre è inedita e quindi imprevedibile.

È nata una nuova sinistra… 

Ha scritto il giornalista Massimo Nava che «dalle ceneri della sinistra sparpagliata è emerso il castello elettorale di Jean-Luc Mélenchon, il cui successo esalta questa scomposizione profonda e violenta della politica francese». È l’operazione messa in campo dal leader de La France Insoumise, il cambiamento più significativo avvenuto nella costellazione della sinistra francese degli ultimi decenni. Con il neonato Nupes (Nouvelle Union populaire écologique et sociale), il pezzo che sta più a sinistra di Macron porta a casa quasi 150 seggi e si rende di fatto non solo la forza più autorevole al tavolo dopo la coalizione del Presidente, ma anche un laboratorio politico estremamente interessante che inevitabilmente è guardato da molti. 

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Jean-Luc Mélenchon

Quella del Nupes è stata definita dai media come una «operazione storica»: fanno parte della coalizione i principali partiti della gauche con un occhio attento per quelle che sono le formazioni ecologiste. Nato il 1° maggio 2022, oggi il Nupes conta 12 partiti, tra cui lo storico partito socialista. 

Una creazione fondata sulla costruzione di una campagna per grandi obiettivi condivisi, sull’organizzazione di istanze per la ricerca e il confronto partecipato sulle scelte politiche da assumere, anche attraverso referendum interni. In estate, vengono organizzate università estive, come grandi scuole di formazione, una potente e diffusa rete di organi di comunicazione costituisce una trama di relazioni tra i militanti e l’opinione pubblica. Ne esce un nuovo soggetto politico capace di iniziativa, di azione, di elaborazione, di riflessione condivisa. Un soggetto inclusivo, capace di costruire un popolo per un obiettivo e una meta.

Fausto Bertinotti commenta la nascita del Nupes su “Il Riformista”

Non è tutto rosa e fiori: fuori e dentro la Francia in molti hanno additato Mélenchon come un «populista di sinistra», che ha allargato la sua base elettorale navigando l’onda di rabbia post gilet gialli e proponendo misure economiche troppo assistenzialiste. Difficile capire quanto e come il Nupes si evolverà: ad oggi i partecipanti dichiarano di riunirsi attorno a diverse proposte comuni, tra cui l’aumento del salario minimo al netto delle tasse a 1.400 euro mensili, il ritorno alla pensione a 60 anni, il blocco dei prezzi dei beni di prima necessità, lo sviluppo ecologico e l’istituzione della Sesta Repubblica.

…e l’estrema destra cresce

Le Pen lo definisce come un risultato storico e fa bene. L’estrema destra cresce e lo fa di misura, quasi senza fare campagna elettorale: 89 seggi all’Assemblée Nationale è il risultato più alto mai registrato per la leader di RN. Che fa meglio, per la prima volta nella storia, anche della destra moderata:

Il popolo ha deciso di inviare un gruppo parlamentare molto potente di deputati del Rassemblement National all’Assemblea nazionale, che diventa così un po’ più nazionale. Questo gruppo sarà di gran lunga il più numeroso nella storia della nostra famiglia politica. Faremo una opposizione ferma, senza connivenze, ma anche una opposizione responsabile e costruttiva

La prima dichiarazione di M. Le Pen dopo il secondo turno del ballottaggio

Forte dei suoi cavalli di battaglia storici (crisi del potere d’acquisto, critiche all’UE, politica identitaria), non stupisce che i suoi nuovi 89 parlamentari siano stati eletti nelle regioni caratterizzate da deindustrializzazione e alta disoccupazione del nord e del sud, nei borghi, nella grande provincia e nelle zone di confine.

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Marine Le Pen

Il successo elettorale e di seggi di Le Pen e di Mélenchon è l’evidente conseguenza della loro capacità di farsi interpreti del disagio sociale diffuso in Francia. Che peraltro si è anche espresso in un netto rifiuto della politica: 54% il preoccupante dato dell’astensione, il che vuol dire che meno di un avente diritto su due è andato a votare. Eccola qui la disaffezione alla politica che da anni caratterizza le nostre elezioni. In un mondo che cambia, una brutta costante.

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Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.

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