Il giornalismo informa, e afferma visioni di realtà. Certe posizioni sono influenzate da un passato tragico, che ha scottato un popolo, e che rimane, marchiato, sulla sua pelle. Come il fascismo. Eppure con più superficialità si riaccarezzano determinate tematiche a cui mai, si era detto, si doveva permettere di riemergere. Oggi con meno timore si pronunciano parole che un tempo facevano tremare la voce, su cui pesava, e pesa, un’eredità odiosa. Camilla Cederna è stata una penna attiva, che con consapevolezza, e coraggio, combatteva serie battaglie. Giornalista, e scrittrice, saggista anche se il termine su di lei stonava, ha rischiato la strada difficile della testimonianza civile, in un mondo scomodo, dove l’informazione era padroneggiata da soli uomini. Un personaggio controverso, amato e odiato appassionatamente, perché non ha esitato a schierarsi contro i potenti. Il momento storico era cruciale, e feroci gli scontri: si parlava di tradimenti, di bombe e di sangue.
L’Ambrosiano, l’Europeo, l’Epresso
L’Ambrosiano milanese fu il suo primo quotidiano e la accolse dal 1939 quando ci si buttò con il suo piglio polemico: canzonava lo stile dei fascisti il suo primo articolo Moda nera, e subito la raggiunse una minaccia di arresto e condanna a undici anni, che non sconterà. Ma la polemica con il fascismo non si sfiatò, e negli anni della Repubblica di Salò il Potere riescì a segregarla, anche se solo per due mesi. «Polemista», amava definirsi, perché il suo rapporto con la realtà non era abituato a rilassarsi mai.
Una realtà che allora come ora è velata dai brogli e dalle cattive condotte di una classe politica e di potere continuamente incline a lasciarsi corrompere. Sulle pagine di quel nascente Espresso per cui collaborava, fondato da Carlo De Benedetti dopo la vivace carriera del suo primo Europeo a cui Camilla Cederna stessa aveva ampiamente contribuito, tracciò un visionario profilo di Silvio Berlusconi, già nel 1977 «Un uomo non tanto alto, con un faccino tondo da bambino coi baffi, nemmeno una ruga, e un nasetto da bambola […] un milanese che vale miliardi». Da venditore di elettrodomestici a direttore commerciale, laureato a pieni voti con una tesi sulla pubblicità, con la connotazione prima del suo carattere che è «la positività».
Musa impertinente e radical chic
Dei salotti milanesi di Berlusconi anche lei sapeva qualcosa, figlia di imprenditori di cotone valtellinesi trasferitisi a Milano. La sua Milano dove era nata nel 1911 e si era laureata in letteratura latina e dove morirà, a ottantasei anni, con al fianco pochi amici, ripudiata da quel mondo della borghesia, della politica e degli affari con cui non aveva usato toni leggeri. In passato ronzava spesso attorno alla buona borghesia dei giornali e delle case editrici, che passava varie sere alla Scala, che si muoveva tra mostre d’arte e viaggi, di lavoro e di piacere, nel quadro ideologico del pensiero liberale.
Una giornalista da quasi tutti riconosciuta come straordinaria, ma da molti accusata di essere eccessiva ed impertinente. Cesare Lanza racconterà con disappunto la sua presunta introduzione non per merito all’Europeo, quando l’editore era Angelo Rizzoli, che del giornale elitario non si occupava più personalmente, ma, come troppo spesso sempre, amava le belle presenze. «La musa radical chic di ogni evento importante» dirà Lanza di lei, «cronista meticolosa e perfezionista e, allo stesso tempo, scrittrice ironica, brillante e cinica». Con Oriana Fallaci, la rivalità era dichiarata, pare per l’invidia del reciproco successo. Camilla Cederna riportando un commento della Fallaci «Mi descrisse come una pazza anticomunista, in preda a un delirio isterico…».
Controverse campagne stampa
Dalla moda alla politica, a un certo punto della sua carriera Camilla Cederna raccolse un grosso seguito nell’aggressione verbale della figura dell’al tempo Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, soprattutto motivata dallo scandalo Lockheed. Una campagna rozza, secondo alcuni, alla quale in tantissimi aderirono senza filtri, ed evitando di porsi troppe domande. La Cederna ne ricavò anche un libro, Giovanni Leone, la carriera di un presidente, venduto in migliaia di copie. Leone, travolto dallo scandalo, abbandonato dalla Democrazia Cristiana, fu costretto alle dimissioni. Lei fu condannata, la dignità e il nome del presidente riabilitati.
Non fu la sola campagna di stampa dai risvolti dibattuti. La Cederna accompagnò ancora gli italiani, presuntuosi giustizialisti, in un’invettiva di massa contro il commissario di polizia Luigi Calabresi. L’accusa era pesante e verteva sulla sospetta morte dell’anarchico Pinelli, che si presumeva fosse stato spinto giù da una finestra dopo un interrogatorio. Il poliziotto venne poi ucciso dai terroristi e Camilla Cederna tacciata come la mandante morale dell’omicidio (Vittorio Sgarbi). Lei scrisse Pinelli. Una finestra sulla strage. “Amante dei bombaroli” si dirà di lei. Ma la questione rimase aperta.
«Tutto mi indigna oggi, il processo di decomposizione sociale che attraversa il nostro Paese». Controversa, ma combattiva, mai esausta, in tempi che forse avrebbero richiesto qualche riflessione in più. Ma «Guai a chi perde la capacità di indignarsi»: qualcosa da imparare c’è sempre, dai personaggi di valore: impegnarsi con la realtà e con le persone, in una professione, come nella vita, in cui occorre esporsi, sempre, e sapersi ripensare, qualche volta.