Andare per boschi con lo sguardo segugio per individuare, cogliere e classificare erbette autoctone, può sembrare una pratica pedante. Ma alla mania classificatoria si sposa il passatempo più creativo di chi a terra ci guarda con un occhio già alla padella. Indagare l’uso alimentare delle erbe dei nostri territori può crescere passioni virtuose, che la salubrità della passeggiata portano sulle tavole. Nel territorio bresciano sono diverse le erbe che più o meno vivacemente aggrediscono l’occhio e il palato.
Aglio orsino come il maiale: il coraggio della sperimentazione
Schierato in colonie popolose dal profumo intenso, coccolato da foglie di un verde vivace e dalla nervature evidenti, chiuso da cappelli di fiori a cupola, di colore bianco, l’aglio orsino (Allium ursinum) è di casa in ambienti umidi e sottoboschi ombrosi, accompagnati dal sottofondo scrosciare di vicini fiumi. La raccolta si apre a febbraio e termina a giugno. Dell’aglio ogni parte è buona: nei soffritti possono cadere i bulbi e la base del fusto, fin dove sfuma verso il verde, ad ornare insalate miste le foglie crude triturate, da staccare prima della fioritura. Su tartine, carni o pesce si sdraia il pesto, ricavato sempre dalle stesse foglie.
L’aglio orsino punge i palati, ma esalta i sapori. Le trenette all’aglio orsino lo accompagnano con i gamberi, mentre i ravioli lo sposano con mascarpone o crème fraîche. Nelle zuppe l’aglio si abbina alle patate o alle erbe aromatiche: salvia, timo e alloro. Per una corretta e lunga conservazione le foglie tenere dell’aglio vanno pulite e asciugate, tritate nel mixer e in un vasetto a chiusura ermetica coperte da uno strato d’olio con aggiunta di sale.
Cicoria timida e mattiniera
Alta fino a un metro e sbarazzina nei suoi fiori azzurri, la cicoria Radeti (Chichorium Intybus) si schiude presto al mattino e nel pomeriggio già si riavvolge. Sta ritta su una radice robusta, con rizoma ingrossato. Si veste di foglie basali lanceolate, molto seghettate. Nei piatti freddi e in quelli caldi aggiunge un tocco vitale, cruda in insalate miste e cotta in minestra, zuppa o saltata in padella con aglio. Raccolta da febbraio ad aprile aggiunge ai piatti una nota amarognola.
Ortica meno spigolosa in cucina
Dispettosa al tatto ma appagante nel gusto, l’ortica Ortiga (Urtica dioica) cresce in terreni molto concimati, spesso in compagnia della menta. La struttura è robusta e i peli urticanti ma le foglie giovani sono tenere lessate e condite da sole o come gli spinaci. Infagottate in ravioli o torte salate, impastate in risotti o gnocchetti, sono diversi gli incentivi per raccoglierla, sempre però da febbraio a ottobre.
Di ortiche si fanno torte salate, che alternano strati di ortiche saltate a pasta, formaggio e ricotta sbriciolata, pesti, con nocciole e mollica, e un’ampia varietà di primi, dalla zuppa al risotto, dalle lasagne agli gnocchi alle fettuccine, proseguendo verso secondi di carne o rigorosamente veg: frittate, pasticci, polpette e scaloppine. Le ortiche si lasciano sperimentare anche amalgamate in una raffinata crema di ricotta.
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