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Lo sapevi che a settembre il mare arriva in Brianza?

Terza edizione del Festival delle Geografie a Villasanta

7 minuti di lettura

Il mare ci interroga, come dimostra il titolo Dove inizia la fine del mare, che prende le origini da Oceano mare di Alessandro Baricco, e voluto come titolo per la prossima edizione de Il libro del mondo – Il Festival delle Geografie di Villasanta (MB), che quest’anno andrà in scena per la terza volta. Si tratta di un titolo giocoso e provocatorio, che porterà a concentrarsi su un elemento base della vita come è l’acqua e sulla centralità e importanza delle grandi distese blu nel determinare i destini dei popoli e il mondo in cui viviamo.

Il mare ci chiama

Il 90% delle merci che compriamo e utilizziamo arriva a noi dopo essersi spostato via mare, sulle grandi navi cargo; gli altri tipi di trasporto commerciale sono infinitamente meno rilevanti.

Metà della popolazione mondiale, afferma l’ONU, dipende per la sua alimentazione in modo prioritario dal mare. Il paese al mondo con la maggior estensione di zone economiche esclusive (ZEE), cioè di diritti di sfruttamento di spazi marini, è la Francia, che così assume rapidamente tutt’altra immagine rispetto a quella della Francia metropolitana, che siamo abituati a osservare sulle carte europee e a studiare a scuola.

Un terzo degli arrivi turistici internazionali, ancora oggi, si concentra sulle sponde del Mediterraneo e ne fa uno dei mari più navigati e inquinati del mondo. Bastano pochi accenni, qualche dato, per sorprenderci, per mostrarci quanto poco consideriamo il mondo visto dall’acqua, quanto poco osserviamo il pianeta blu nella sua interezza.

La geografia delle popolazioni e quella culturale, la distribuzione di lingue, usi e credenze, la faccia odierna della Terra sono figlie dell’incessante movimento di idee, persone, merci, avvenuto in età moderna soprattutto via mare.

Il mare visto da un pesce

L’attuale scenario geopolitico, l’ineguale distribuzione della ricchezza, ancora largamente concentrata nel mondo euro-atlantico, sono figli del processo di accumulazione messo in moto dai grandi nastri trasportatori del colonialismo, dalla ricerca di “Nuove Europe” da abitare in giro per il mondo.

I nuovi scenari di oggi si stringono tutti attorno alle coste di altre masse d’acqua: nell’Asia – Pacifico dove ruggiscono le “tigri asiatiche” e si srotolano i tentacoli delle odierne “vie della seta” o lungo le nuove rotte consentite dallo scioglimento dei ghiacci nell’Artico. Eppure di rado consideriamo le distese d’acqua come luoghi: di volta in volta, sono limiti da superare, linee d’orizzonte da anelare, vie per giungere altrove, casse piene di pesce e petrolio da svuotare.

©Tomas Malik

«Nel riverbero accecante del meriggio, quando il mare è tutto barbagli, non si vede niente ed è un incanto, l’epifania degli dei» scrive Claudio Magris in Un altro mare, restituendo lo stupore, la meraviglia e il senso di incognito e di infinito che proviamo quando scrutiamo il mare. Quanta letteratura si è interrogata rimirandone le onde, quanta ne hanno riempito di sfumature e atmosfere le sue acque salate.

Dagli interrogativi degli antichi greci, che osservando l’orizzonte mettevano per primi in discussione la possibile sfericità del globo terracqueo, ai portoghesi che solcavano gli oceani in cerca di spezie e chissà con quale idea di altrove. Dalle popolazioni degli arcipelaghi australi, di cui in Europa si perdono facilmente tracce, nomi e riferimenti, alle popolazioni litoranee che hanno visto arrivare dal mare conquistatori vecchi e nuovi.

Ancora: le guerre per l’acqua, la sfida ecologica, la nuova sete che attanaglia tanti paesi ed è resa più insopportabile dal surriscaldamento globale.

E poi l’Italia, la nostra penisola sdraiata nel Mediterraneo, come fosse – usando le parole di Erri de Luca – «un braccio teso verso le terre d’Africa».

Le nostre glorie passate dipendono dall’acqua che ci bagna da tre punti cardinali, le paure di oggi colano a picco sul fondo del mare nostrum, cimitero delle vergogne d’Europa. Per noi, per la nostra geografia e la nostra storia, è difficile non interrogarsi sul ruolo del mare.

«I greci – scriveva Jean Claude Izzo, in Marinai Perduti – avevano tante parole per definirlo: “Hals, il sale, il mare in quanto materia. Pelagos, la distesa d’acqua, il mare come visione, spettacolo. Pontos, il mare spazio e via di comunicazione. Thalassa, il mare in quanto evento. Kolpos, lo spazio marittimo che abbraccia la riva, il golfo o la baia…»

Con questa edizione del Festival vogliamo immergerci, entrare in mare, guardare da lì, farci un nuovo vocabolario. Non più solo acqua come fascia blu interposta, solcata distrattamente come se fosse la stessa in ogni luogo, come se avesse un’unica faccia da trovare in ogni sperduta baia del mondo.

La redazione di Frammenti Rivista seguirà la terza edizione del Festival delle Geografie, che si svolgerà da mercoledì 15 a domenica 19 settembre 2021. Ci saranno interviste, approfondimenti sul tema e tante novità da seguire. Qui intanto potete sfogliare il programma https://festivalgeografie.it/programma-2021/

Continua a leggere le novità del Festival delle Geografie 2021 sul sito web.

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Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.

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