Nelle tele di Fulvio Di Piazza, caratterizzate da un virtuosismo tecnico stupefacente, campeggiano “golem” zoomorfi e antropomorfi, proiettati in atmosfere solforose. Il cielo non è mai di un azzurro puro, ma sempre insidiato da grosse nuvole cineree o da cerchi di fuoco. La natura è qui catturata nel suo inarrestabile divenire: essa stessa “Divenire”, assurge a matrice permanente di quel dissidio che travaglia gli elementi. Vapore, magma, acqua, masse vegetali e minerali, si intrecciano continuamente in un abbraccio feroce e convulso quasi a voler espiare l’un l’altro l’ingiustizia originaria di esistere. In questo modo si ossequia l’ antica saggezza di Anassimandro e la domanda fondamentale sull’Essere. D’altra parte l’atto demiurgico di Di Piazza non è constatazione dello sfacelo del reale. La crudeltà della natura non conduce ad un rapporto depressivo con l’esistenza, ma al contrario attivo e propulsivo. Ecco allora che nell’opera L’Isola Nera, con al centro una scultura rappresentante la Sicilia, intervengono dei veri e propri flussi di “cetacei-gameti” che, come scrive Alberto Zanchetta, sembrano voler fecondare l’isola e determinarla ad un nuovo ciclo vitale. La balena, del resto, è elemento pervasivo delle opere dell’artista siciliano, come nel grande dipinto Across the Universe: ciò che la fantasia di Di Piazza qui concepisce è una balena-isola solcante un mare di legno ed erba. Si tratta forse di un riferimento a quella leggenda medioevale che voleva disseminati gli oceani di ingannevoli isole che si rivelavano dorsi di balene? Non lo sappiamo. È più probabile che l’artista interpreti il grande mammifero marino come simbolo arcaico di quel viaggio iniziatico a cui noi spettatori siamo chiamati. La discesa è necessaria, l’inabissamento indifferibile. Di Piazza lo ribadisce popolando le sue tele di autoritratti criptati, indici di quella attitudine auto-analitica che, rifuggendo dalla pura evasione o dal semplice divertissement, rende le sue rappresentazioni scavo nelle profondità dell’Essere. Scopriamo allora in questo mare-magma di colori e forme, in questo umore primordiale preposto a vecchie e a nuove cosmogonie, un’ inattesa fonte d’abluzione in cui immergersi tramite l’esperienza estetica.
