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E così Giorgia Meloni ha ottenuto la fiducia

La Presidente del Consiglio ha esposto alle Camere le sue linee programmatiche. Dall'Europa ai diritti civili, dalla politica economica all'immigrazione, quali sono le posizioni del nuovo governo?

18 minuti di lettura

Giorgia Meloni è ufficialmente in carica. Il 25 ottobre la nuova Presidente del Consiglio ha tenuto il discorso programmatico alla Camera dei Deputati e ottenuto la fiducia con 235 voti. Il giorno successivo la fiducia è stata confermata da 115 senatori, dopo la discussione a Palazzo Madama e la replica della premier.  

L’Europa secondo Giorgia Meloni

A Palazzo Montecitorio, Giorgia Meloni parla dei commenti internazionali in seguito alla sua vittoria elettorale, come l’intenzione di “vigilanza” sull’operato del governo italiano espressa dalla Francia a inizio ottobre, definendoli mancanze di rispetto nei confronti del Belpaese. Si concentra poi sull’Europa, di cui non manca di sottolineare le cosiddette «radici cristiane». Auspica per il paese una voce forte dentro l’UE «come si conviene a una grande potenza fondatrice» per indirizzare l’integrazione Europea sulla «giusta via», rivendica il ruolo di coordinamento di Bruxelles negli ambiti delle politiche migratorie, della lotta al terrorismo, dell’energia e degli accordi commerciali. Afferma prontamente l’allineamento italiano all’Alleanza Atlantica e il sostegno all’Ucraina.

Il discorso programmatico di Giorgia Meloni

Politica economica

Rifiuta ipotesi di austerità in campo economico e si dice determinata a promuovere la crescita, incoraggiando anche «gli investimenti stranieri non predatori», oltre al supporto delle imprese Made in Italy che danno persino il nome a un ministero di questo governo. Le proposte leghiste di flat tax, pace fiscale vengono accolte e rilanciate, in Senato Meloni sostiene che la flat tax «premia il merito» perché secondo lei è giusto che chi «fa di più» ottenga dei benefici. Oltre a queste misure Meloni punta sulla riduzione delle tasse imposte agli imprenditori per incentivare le assunzioni e alla progressiva riduzione del cuneo fiscale a favore sia dei lavoratori che delle aziende, al bando invece il Reddito di Cittadinanza.

Presidenzialismo

Rimarca poi l’obiettivo di una riforma costituzionale che faccia dell’Italia una repubblica presidenziale, che Giorgia Meloni intende attuare con o senza la collaborazione dell’opposizione. Afferma di voler mettere al centro la questione meridionale al fine di eliminare il divario nord-sud e contemporaneamente esibisce il suo supporto ai progetti di autonomia delle regioni settentrionali, Lombardia e Veneto in primis. Del meridione Giorgia Meloni sottolinea le potenzialità in termini di produzione di energia rinnovabile come via per la crescita economica nell’area.

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Diritti civili

Dopo un accenno alle famigerate «devianze giovanili», passa ai temi identitari: la famiglia viene definita una delle istituzioni più importanti della società, che deve essere supportata per esempio con l’aumento dell’assegno unico universale ma anche con l’incentivo all’occupazione femminile favorendo le imprese che permettono di coniugare casa e lavoro. Accenna all’aborto solo per ribadire la filastrocca con cui in campagna elettorale ha tentato di rassicurare la società civile, sostenendo che la volontà  di mettere in discussione la legge 194 sia assente nel suo governo, omettendo che gli ostacoli amministrativi sono perfettamente in grado di impedire de facto ciò che è garantito de iure.

No a Mussolini, sì al neofascismo: il revisionismo storico di Giorgia Meloni

Si dichiara distante da qualsiasi regime antidemocratico, fascismo compreso, e aborre le leggi razziali. Eppure restituisce un racconto menomato di un pezzo doloroso di storia del nostro paese: condanna l’antifascismo militante senza accennare alle violenze e agli attentati neofascisti di quegli anni. Parlando degli anni di piombo la strage di Bologna, Piazza Fontana e Piazza Loggia passano in sordina e non vengono nemmeno citate. Dalle parole della premier emerge come nel 2022 un revisionismo storico pericoloso ed intellettualmente disonesto, che «condanna ogni sopruso» ma ne menziona solo qualcuno, sieda ancora in Parlamento:

La destra democratica italiana è stata una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole, a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane, anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese. Quella lunga stagione di lutti ha perpetuato l’odio della guerra civile e allontanato la pacificazione nazionale che proprio la destra democratica italiana più di ogni altro da sempre auspica.

Giorgia Meloni, discorso programmatico alla Camera dei Deputati, 25 Ottobre 2022

Se si pensa che tra le fila di questa “destra democratica” c’era anche il Movimento Sociale Italiano che faceva l’occhiolino, e non solo, agli stragisti, la buona fede di queste parole non può che essere messa in discussione.

giorgia Meloni

Non solo porti chiusi, anche neocolonialismo per «aiutare i migranti a casa loro»

Infine, il tema dei flussi migratori. Giorgia Meloni ripropone la formula del «blocco navale» in altri termini: ovviamente respingimenti, ma ancor prima impedire le partenze collaborando con le autorità nordafricane per costruire hotspot gestiti da organizzazioni internazionali in quei territori, in cui identificare chi abbia i requisiti per avanzare la richiesta d’asilo e chi no. Impossibile non sottolineare come i tentativi che finora hanno visto l’Italia collaborare con governi nordafricani come la Libia abbiano finanziato centri di detenzione che sono luoghi di violenze e violazioni di diritti umani. Oltre a ciò, i trafficanti di esseri umani che la destra dice di voler fermare guidano le motovedette italiane in quanto membri della Guardia Costiera libica. Il tutto grazie al Memorandum Italia-Libia del 2017 che il Governo Meloni vuole prendere come modello e replicare.

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A completamento, Giorgia Meloni auspica un nuovo impulso a quello che a tutti gli effetti sarebbe neocolonialismo all’italiana. Propone un «nuovo piano Mattei» di collaborazione con i governi africani, soprattutto nell’area subsahariana del continente, per «migliorare le condizioni degli attuali migranti» in modo che non si trovino costretti a lasciare la loro terra e le loro origini. Come se secoli di violenza coloniale e ancora oggi dilagante land grabbing e sfruttamento delle risorse potessero essere risolti dalla popolazione africana concordando con ENI l’ennesima concessione. Obiettivo ultimo, perfettamente coerente con la retorica meloniana, finisce infatti, nel discorso della premier, per essere quello di ridare all’Italia il suo «ruolo strategico nel Mediterraneo».

La squadra di governo di Giorgia Meloni

Con questo discorso e le votazioni in Parlamento, la presidente del Consiglio ha ottenuto la fiducia dopo aver formato il governo in tempi record: a ventisei giorni dalla fine dello spoglio ha ricevuto l’incarico dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accettato senza riserva.

Di seguito vediamo chi sono gli esponenti di spicco della squadra di governo di Giorgia Meloni.

Matteo Salvini – Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile

Il vicepremier Matteo Salvini finisce alle Infrastrutture, concludendo la fase “toto-ministeri” che nelle settimane precedenti alla formazione del governo ha visto il segretario della Lega puntare in primis al Viminale. Resta dura a morire la sua ambizione a controllare i confini marittimi, nel segno del suo operato durante il governo Conte I e della politica “porti chiusi”. Come primo atto da ministro incontra il comandante generale della Guardia Costiera Nicola Carlone, con l’obiettivo dichiarato di ottenere la delega ai porti. Esiste però un Ministero del Sud e del Mare, affidato all’ex-presidente della Sicilia Nello Musumeci, con cui contendersi il controllo di questo settore strategico. Sembra quindi che, indipendentemente dalle competenze affidategli in questo governo, Matteo Salvini continui a battere ferro sui cavalli di battaglia della sua campagna elettorale, dove la guerra ai migranti figura tra le priorità. Tra i temi cari a Salvini, che rimangono il leitmotiv della sua proposta politica, anche flat tax, pace fiscale e aumento delle pensioni. Di infrastrutture quindi il neo-ministro fino ad ora ha effettivamente parlato poco, limitandosi a confermare il sostegno alle grandi opere come Tav e Ponte sullo Stretto. Del resto Matteo Salvini sembra ancora concentrato sui suoi hobby preferiti: fare grandi promesse e violare diritti, e con ciò guadagnare consensi. Quanto poco sia incoraggiante il fatto che un ministro guardi con gelosia ai dossier sulle scrivanie altrui è abbastanza evidente. L’impressione è che, se Carola Rackete iniziasse a militare in Val di Susa, Salvini potrebbe esserne solo contento.

Matteo Salvini

Antonio Tajani – Ministero degli Esteri

La scelta di Antonio Tajani alla Farnesina, oltre che come vicepremier, mette a capo del Ministero degli Esteri un convinto europeista. Le dichiarazioni dell’ex-presidente del Parlamento Europeo che auspicano la formazione degli «Stati Uniti d’Europa» cozzano però con l’impronta che Giorgia Meloni ha voluto dare al governo, introducendo qua e là il termine “sovranità” tra i nomi dei ministeri. La candidatura di Tajani ha vacillato a causa delle registrazioni trapelate in cui Silvio Berlusconi parlava del suo dolce rapporto con Vladimir Putin, non sorprende tuttavia che Meloni non abbia avuto grandi esitazioni a passarci sopra. Sulla guerra in Ucraina e l’allineamento atlantista Antonio Tajani non ha dubbi e come primo atto da ministro chiama il suo omonimo ucraino Dymitro Kuleba per esprimere supporto e solidarietà.

Antonio Tajani

Guido Crosetto – Ministero della Difesa

Le speranze di chi si oppone alla corsa agli armamenti sono probabilmente andate in fumo con la nomina di Guido Crosetto come ministro della difesa. Il co-fondatore di Fratelli d’Italia questo settore lo conosce bene, non solo perché ha ricoperto la carica di sottosegretario al Ministero della Difesa dal 2008 al 2011, ma anche perché tra i produttori che vendono armi allo Stato lui è uno di famiglia. Crosetto, prima delle elezioni del 25 ottobre, era infatti presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e a Sicurezza (AIAD), che sotto l’ombrello di Confindustria riunisce gli interessi di oltre 200 imprese produttrici di armi. Il neo-ministro ha rinunciato alla carica subito dopo il voto per mettere a tacere rumors riguardo un conflitto di interessi. Dal punto di vista della forma pare non esserci alcunché da obiettare, niente ruoli pericolosamente sovrapposti, resta da chiedersi se, in sostanza, legami e interessi possano essere recisi in un batter d’occhio. Dopo tutto non c’è di che scandalizzarsi, al di là di Crosetto la linea della dirigenza politica è chiara da anni, dalla destra al centrosinistra e passando per i tecnici: con le armi si fanno profitti e in un contesto internazionale come quello di oggi, precario e di militarismo dilagante, questa traiettoria appare a molti perfettamente legittima. 

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Guido Crosetto

Giancarlo Giorgetti – Ministero dell’Economia

All’economia Giancarlo Giorgetti, ex-ministro dello sviluppo economico nel governo Draghi e leghista che compare tra le fila dei critici nei confronti della leadership di partito di Matteo Salvini. Nel pieno della tempeste in cui l’economia italiana si trova, il ministro Giorgetti ha alcune idee chiare: favorire le imprese che producono reddito e non fare nulla che possa destare preoccupazione nei mercati finanziari internazionali. L’obiettivo? Sollevare l’economia ed evitare che le velleità berlusconiane e salviniane facciano fare a Giorgia Meloni la fine di Liz Truss. Nel mentre, rimane un punto di domanda come rispondere alle esigenze di giustizia sociale che emergono dal collasso del potere d’acquisto e che non solo rischiano di far calare il reddito dei capi d’azienda, ma anche di impedire a chi lavora in quelle stesse aziende di arrivare a fine mese.

Giancarlo Giorgetti

Eugenia Maria Roccella – Ministero della Famiglia, Natalità e Pari Opportunità

Il Ministero della famiglia, natalità e pari opportunità va nelle mani di Eugenia Maria Roccella. Se in politica economica e affari esteri il Governo Meloni sembra disposto a scendere a compromessi ritrattando alcuni punti dolenti del passato come l’euroscetticismo, per quanto riguarda le posizioni in merito ai diritti civili non cede di un millimetro. Famiglia tradizionale basata sull’eteronormatività, quindi no al matrimonio egualitario, e aumento alla natalità per contrastare la crisi demografica. Ciò si traduce in disincentivo all’aborto attraverso quello che, in un’intervista per Avvenire, Roccella dichiara «il sostegno alle maternità difficili per evitare che i figli siano un privilegio», ma che si teme assuma la forma di ostacoli amministrativi nell’accesso ai servizi sanitari di IVG. L’interruzione di gravidanza infatti «non è un diritto, ma il lato oscuro della maternità» secondo Roccella, che tuttora si autoproclama femminista in nome della sua attività nei movimenti delle donne negli anni Settanta, ai tempi in cui militava per ciò che oggi nega.

Eugenia Maria Roccella

Carlo Nordio – Ministero della Giustizia

Alla giustizia c’è l’ex-magistrato Carlo Nordio che esprime tra le sue priorità il taglio dei costi del sistema giudiziario e delle procedure burocratiche per affermare un nuovo efficientismo, la separazione delle carriere e la discrezionalità dell’azione penale, per cui il pubblico ministero dovrebbe avere la facoltà di scegliere quali indagini seguire e non procedere in quelle che ritiene insussistenti. L’aspirazione a depenalizzare i reati minori e la convinzione che «pena non significa carcere» lo portano a indicare fin da subito interesse nell’ambito della riforma del sistema carcerario, a detta sua in continuità con l’operato dell’ex-ministra Marta Cartabia.

Carlo Nordio

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Francesca Campanini

Classe 1999. Bresciana di nascita e padovana d'adozione. Tra la passione per la filosofia da un lato e quella per la politica internazionale dall'altro, ci infilo in mezzo, quando si può, l'aspirazione a viaggiare e a non stare ferma mai.

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