Fino al 29 gennaio al Palazzo Reale di Milano è in mostra, in occasione del centocinquantesimo anniversario del trattato di amicizia tra Italia e Giappone, l’esposizione Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Luoghi e volti del Giappone che ha conquistato l’Occidente, una vera e propria macchina del tempo e dello spazio in grado di catapultare i visitatori nell’impero nipponico del XIX secolo. Tantissime opere (oltre duecento) si fanno guida di un viaggio immaginario fra vestiti tradizionali, templi, kimoni e samurai che portano direttamente al cuore di un’arte lontana ma che tanto ha influenzato i movimenti pittorici occidentali, primo fra tutti l’impressionismo europeo.
Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1854), Kitagawa Utamaro (1753-1806) sono tre grandi artisti, campioni nello stile dell’ukiyo-e, letteralmente «immagine del mondo fluttuante», appartenenti alla classe sociale degli chōnin (equiparabili ai nostri borghesi).
Katsushika Hokusai era piuttosto eccentrico (cambiò più di trenta volte nome) e divenne famoso soprattutto come autore di stampe, anche se si dedicò molto anche alla pittura. Celebri sono i suoi surimono, delle stampe augurali di carattere privato, e varie sue serie di xilografie che rappresentano le vedute di ponti famosi, di cascate e le celebri trentasei vedute del Monte Fuji. In particolare, fra queste ultime, si ricorda La grande onda di Kanagawa (anche nota solo con il nome di La grande onda), quasi un simbolo dell’arte nipponica di quegli anni, diffusasi nella cultura di massa e riutilizzata anche nell’ambito pubblicitario. Tanta è la sua importanza che Palazzo Reale ha riservato all’opera un posto di rilievo all’interno della mostra milanese, ponendola al centro di una delle sale, circondata da una serie di divisori circolari che ne evidenziano la rilevanza.
Utagawa Hiroshige è considerato uno dei più grandi paesaggisti giapponesi, noto per una grande dovizia nei particolari e un’eccelsa conoscenza dell’arte occidentale. Serie degna di nota è sicuramente Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō.
Kitagawa Utamaro, infine, è ricordato soprattutto in relazione al suo interesse per i ritratti di donne, eseguiti spesso a mezzo busto − tecnica che lo inserisce fra i grandi innovatori di questo genere. Quest’arte che rappresenta la bellezza e la sensualità femminile è detta bijin-ga, letteralmente «dipinti di belle donne».
Tre importantissimi artisti, dunque, la cui arte si trova ben espressa in questa mostra magnificamente allestita: intraprendendo il percorso all’interno dell’esposizione, prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira e curata dalla professoressa Rossella Menegazzo, si viene accompagnati da rappresentazioni pulite e precise che illustrano le mode e i costumi di una cultura lontana e, a duecento anni di distanza, ci permettono di vivere con sognante interesse le sensazioni e le atmosfere di allora.
L’arte nipponica di questi anni ruota sempre intorno alle stesse tematiche per rispondere alle richieste del pubblico e, proprio per questo, il ruolo dell’editore − ancor prima dell’artista stesso − si fa centrale. Si rappresentano pressoché sempre le stesse cose: volti famosi, ponti, edifici importati. Il materialismo di quest’arte, tuttavia, è mitigato dalla perizia tecnica e dalla poetica reinterpretazione di ogni soggetto, colto dalla sua prospettiva più significativa.
A scandire questo viaggio ci sono cinque sezioni: Paesaggi e luoghi celebri: Hokusai e Hiroshige, Tradizione letteraria e vedute celebri: Hokusai, Rivali di natura: Hokusai e Hiroshige, Utamaro: bellezza e sensualità, Manga: Hokusai insegna − quest’ultima con l’interessante supporto di schermi che, sulle pareti della sala che ospita i taccuini con gli schizzi con cui Hokusai insegnava agli allievi a disegnare, proiettano tutt’intorno Manga di vario genere.
L’apparato contenitivo delle opere si muove in modo parallelo all’esposizione degli ukiyo-e, integrando in modo esaustivo le rappresentazioni, con spiegazioni e background necessari ai più: grazie a questo studiato connubio anche il visitatore più inesperto di arte giapponese sarà in grado di assaporare a fondo la mostra e i suoi capolavori. Anche la luce gioca un ruolo chiave: soffusa e per nulla fastidiosa contribuisce al crearsi di un’atmosfera sospesa e fluttuante, che ancora di più permette di addentrarsi nel mondo lontano dei maestri giapponesi.
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