Il ritorno di Mary Poppins (Mary Poppins Returns) è stato uno dei film di casa Disney più attesi del 2018.
Il confronto con il musical del ’64, che valse a Julie Andrews l’Oscar come miglior attrice protagonista, è naturale e ha proiettato sul suo sequel moderno grandi aspettative.
Il ritorno di Mary Poppins non solo ha retto il confronto con il primo film, ma ha anche tenuto testa al cinepanettone del ricongiungimento Boldi-De Sica al box office italiano.
Una nuova storia
Avevamo lasciato i piccoli Banks a far volare l’aquilone con i loro genitori, mentre Mary Poppins volava via tra le nuvole. Ora li ritroviamo cresciuti e questa volta la tata magica torna ad occuparsi dei figli di Michael Banks (Ben Whishaw). Come nel primo film, la missione di Mary Poppins è aiutare il padre a ritrovare la strada fino a quando la porta (quella della felicità e del cuore) non sarà aperta.
Il ritorno di Mary Poppins onora il suo illustre predecessore, pur mantenendo una propria identità. La stessa interpretazione di Emily Blunt guarda all’indimenticabile Julie Andrews senza però copiarla del tutto, ritagliandosi uno spazio di libertà rispettosa del grande modello. I personaggi, le inquadrature -ricchi di richiami al primo film- raccontano una nuova storia; quella di Mary Poppins comes back, il secondo libro della serie opera della penna di Pamela L. Travers.
Tutto il cast è pieno di entusiasmo, dalla terza generazione di piccoli Banks a Dick Van Dyke che a 93 anni dà prova di energia e professionalità fuori dal comune in un cameo che pure dura solo qualche minuto.
Le critiche dei nostalgici
Come era prevedibile, non sono mancate le critiche dei nostalgici cresciuti sulle note di Supercalifragilistichespiralidoso.
Alcune tra le critiche più frequenti vedono nell’interpretazione di Emily Blunt un Mary Poppins più fredda e riservata in un sequel non autonomo dal primo film le cui canzoni sono poco orecchiabili.
Di certo però Pamela L. Travers apprezzerebbe la nuova veste meno zuccherosa della sua tata e di tutto il film (ambientato in un periodo -l’anno della crisi del ’29- per nulla zuccheroso). La Travers ebbe infatti molto da ridire durante la realizzazione del primo film, criticando le canzoni, la scena dei pinguini in tecnica mista e l’aria scanzonata di Mary Poppins che non rispecchiava il carattere rigido del personaggio da lei scritto.
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Il ritorno di Mary Poppins è intimo e riflessivo e proprio in questo si distacca dal suo predecessore, avvicinandosi di più al modello letterario.
Quasi tutti i personaggi e molte scene hanno un loro “doppio” nel musical del ’64, ma sarebbe stato straniante un film che non strizzasse l’occhio al suo precedente illustre, soprattutto a diversi decenni di distanza. Se la Travers non avesse rifiutato la realizzazione del sequel un anno dopo la versione con Julie Andrews, non sarebbe stato necessario sottolineare il legame tra i due film.
Le canzoni rispecchiano lo spirito delle loro famose sorelle maggiori, sono funzionali alla storia e approfondiscono l’introspezione dei personaggi (soprattutto la ninna nanna The Place where Lost Things Go e A Cover is not the Book).
Come sempre accade per i film della Disney, una volta tradotti i testi perdono molto e trasmettono tutto il loro messaggio solo in lingua originale.
Solo il tempo dirà se le nuove canzoni diventeranno iconiche come quelle del ’64, che sono ormai “orecchiabili” per natura dato che tutti le hanno canticchiate per 54 anni prima dell’uscita del sequel.
Anche Mary Poppins sbaglia
Alcune debolezze, e disattenzioni, però ci sono e si sarebbero potute evitare.
Ne citiamo solo due.
- Quando il lampionaio Jack la invita a cantare, Mary Poppins sostiene di non cantare da anni. L’affermazione lascia inevitabilmente perplesso lo spettatore, dato che Mary Poppins ha cantato fino a cinque minuti prima (con lo stesso Jack per giunta).
- Nel momento di massima tensione, dopo diversi tentativi fallimentari (tra cui scalare il Big Ben a mani nude) Mary Poppins risolve in un batter d’occhio la situazione. La domanda “Perchè non l’hai fatto subito?!” è naturale e giustificata.
Mary Poppins ritorna al momento giusto
Il ritorno di Mary Poppins è ambientato in uno dei periodi più neri del secolo scorso, la Grande crisi del ’29.
Nonostante la distanza temporale, la domanda di Michael Banks “Quando questa crisi finirà?” parla direttamente allo spettatore di cento anni dopo.
La crisi è quella economica, ma soprattutto quella del cuore incapace di sognare, di guadare con fiducia al futuro, di credere che tutto può aggiustarsi: dai vasi rotti ai cuori spezzati.
La storia della famiglia Banks fa capire ancora una volta (nonostante le imperfezioni citate) che tutti abbiamo bisogno di Mary Poppins per imparare di nuovo a sognare.