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L’imperatrice Irene e Carlo Magno: il sogno di riunificare Oriente e Occidente

Il tentativo di Irene di consolidare il potere e il fallimento delle trattative con Carlo Magno per unire i due imperi, in un Medioevo segnato da ambizioni dinastiche, guerre e iconoclastia.

7 minuti di lettura

Una storia di guerre, diplomazia e dinastie si sviluppa nella seconda metà dell’VIII secolo d.C., in quello che siamo soliti definire Alto Medioevo. Da un lato, l’imperatrice bizantina Irene, legata al mondo orientale ma forte, al tempo stesso, della lunga eredità imperiale romana; dall’altro, Carlo Magno, re dei Franchi, pronto all’incoronazione imperiale in Occidente. Al centro, il sogno di riunificare i due imperi. Un sogno che, come vedremo, sfumò senza mai concretizzarsi.

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Un progetto che i due regnanti – sia per convenienza politica che militare – cercarono di raggiungere dapprima tentando un matrimonio tra i figli: Rotrude (figlia di Carlo) con Costantino VI (figlio di Irene). E in un secondo momento, fallito il precedente tentativo, allestendo trattative per un’unione matrimoniale tra loro stessi: Carlo Magno e Irene, l’uno sessantenne e l’altra cinquantenne. Anche questa seconda via, alla fine, non si concretizzò. Procediamo con ordine, provando a raccontare una suggestiva pagina di Medioevo.

Moneta raffigurante Leone IV detto “il Cazaro” e il figlio Costantino VI

Irene: la bellissima ateniese che divenne imperatrice

Nessuno, al tempo, avrebbe immaginato che quella giovane donna sarebbe arrivata, da sola, a raggiungere tanto potere, scavalcando uomini influenti, in un’epoca in cui non solo non era scontato, ma era pressoché impossibile. Di lei, nata ad Atene nel 752 d.C. circa, la tradizione storiografica ci parla come di una fanciulla bellissima, scelta per moglie dell’imperatore Leone IV di Bisanzio, probabilmente tramite una selezione, come si usava a Bisanzio per individuare le principesse e le consorti reali. Irene cresce da orfana, ma supportata dallo zio, stratega dell’Ellade, un vasto territorio greco, certamente influente.

Il matrimonio con Leone IV venne celebrato da Niceta, patriarca di Costantinopoli, il 17 dicembre del 769 d.C.. Dall’unione tra Irene e Leone nacque, nel 771, Costantino VI, che prese il nome dal nonno, l’imperatore Costantino V. Pochi mesi dopo, durante la guerra contro gli storici nemici di Bisanzio, i Bulgari, Leone morì. Irene si ritrovò ad essere reggente del figlio, Costantino VI, il quale non prenderà affatto il potere perché, come vedremo, la madre assumerà abilmente centralità al suo posto, al punto, alla fine, da farlo addirittura eliminare. Taluni dissero di Irene che fece uccidere persino il marito Leone (ipotesi improbabile).

Solido aureo bizantino con l’effige di Irene, rappresentata come gli imperatori, con globo crucigero e abito cerimoniale

La questione dell’iconoclastia, le campagne militari, la costruzione del potere

Costantino V, suocero di Irene, fu tra i più ferventi iconoclasti. Fece parte, cioè, di quei fermi avversatori, all’interno del mondo bizantino e della Chiesa ortodossa, del culto delle immagini sacre. Una questione che si era protratta per anni e che aveva portato alla totale messa fuori legge delle raffigurazioni sacre, viste quasi come idolatria. Irene, al contrario, fu favorevole al culto delle immagini sacre e cercò, una volta preso il potere, di dichiarare eretici gli iconoclasti e di riabilitare le raffigurazioni. Pare che, quando ancora era in vita il marito, l’imperatore Leone, egli l’avesse sorpresa con alcune immagini sacre (al tempo proibite) nascoste in camera da letto, infuriandosi.

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Costantino V impone la distruzione delle raffigurazioni sacre, miniatura del XIV secolo

Ma come acquisì potere Irene, estromettendo addirittura il figlio, legittimo erede? E come riuscì ad abolire l’iconoclastia, trovando sponda in alcuni ambienti religiosi? Irene si appoggiò a molti funzionari imperiali, ai burocrati, a diversi eunuchi (che per la loro condizione non potevano avere velleità di governo), ai preti, agli iconofili (cioè a coloro che erano favorevoli al culto delle raffigurazioni sacre). Mettendo insieme queste persone, la giovane imperatrice, che aveva 25 anni all’epoca, riuscì a crearsi una cerchia di appoggio e sostegno alla sua azione di governo, disarmando persino svariate congiure ai danni del figlio (e indirettamente del suo potere), ordite dai fratelli di Leone, il marito defunto, e da altri membri della famiglia che ambivano al trono.

Tra funzionari e fidati collaboratori, Irene si affidò in particolare all’eunuco Stauracio, che dal 781 d.C. inviò anche in svariate campagne militari, non del tutto fortunate, durante le quali fu, non a caso, vittima di alcuni tentativi di rovesciamento da parte di generali sfavorevoli al potere di Irene. Stauracio fu impegnato in Anatolia e poi in Tracia, contro gli Slavi, dove si espanse con l’esercito sino ai monti dei Balcani. Nel frattempo, morto il patriarca di Bisanzio, Irene lo sostituì con un suo fidato, Tarasio, provando a convocare un primo concilio – poi saltato – e un secondo nel 787 d.C. che mise fuori legge l’iconoclastia e ripristinò il culto delle immagini sacre.

Stauracio ferito in battaglia, miniatura del XIV secolo

Irene mirava ormai a un potere imperiale tutto per sé. Non più moglie di imperatore, non più reggente del figlio. L’imperatrice Irene puntava ad esserlo a tutti gli effetti. E quando il figlio, Costantino VI, provò ad opporsi alle scelte materne e persino ad ordire una deposizione, lei lo fece accecare. In base alla legge di Bisanzio, non poteva essere più imperatore un uomo con mutilazioni o evidenti difetti fisici. In sostanza lo mise fuorigioco, e Costantino, suo stesso figlio, morì poco dopo.

Intanto, Irene non mancò di mostrarsi a tutti gli effetti come un imperatore: si faceva chiamare al maschile, basileus, e si faceva raffigurare in abiti maschili. Si presentò sul campo di battaglia a Vereja (attuale Stara Zagora, in Bulgaria) sul carro imperiale e con le armi, seppur senza combattere, ma per dimostrare il suo potere anche ai soldati. Dopo la vittoria, fece nominare la città Irenopoli.

Nel frattempo, mentre i Bulgari attaccavano da una parte, gli Arabi logoravano i confini dell’impero bizantino dall’altra, uccidendo anche i monaci del monastero di Zobe. E non mancavano difficoltà nei tentativi di riconquistare o mantenere territori in Italia. Irene necessitava di alleati o di nuovi accordi ad Occidente.

Immagini sacre di Cristo distrutte dagli iconoclasti, miniatura di IX secolo

Carlo Magno e i due tentativi matrimoniali per riunire l’impero d’Occidente e quello d’Oriente di Irene

Anche Carlo Magno, che nell’800 d.C. sarà incoronato imperatore del Sacro Romano Impero in Occidente, ebbe svariati problemi da risolvere negli ultimi decenni dell’VIII secolo. Nel 774 depose il re longobardo Desiderio, espandendosi in Italia settentrionale. Il celebre principe longobardo Adelchi, quello che si ritroverà nell’opera di Manzoni, trovò riparo a Bisanzio, in Oriente. Ma i funzionari Franchi, spesso e volentieri, entrarono in conflitto con la Chiesa di Roma, specialmente nei territori del centro-Italia, contesi per lungo tempo anche dai bizantini. Carlo, ancora non imperatore ma soltanto re dei Franchi, fu costretto a scendere nella penisola nel 776, per provare a sistemare la situazione.

Ritratto di Carlo Magno

Altro filo da torcere gli dava Arechi, principe di Benevento, che non accettò l’influenza franca, portando avanti campagne militari nel sud Italia, in Campania. Su Benevento, tuttavia, gravitava pure l’influenza orientale di Bisanzio, per mezzo delle truppe imperiali di stanza nel Meridione, in particolare in Sicilia. Una possibile alleanza con i bizantini avrebbe garantito a Carlo non soltanto un legame diretto con gli imperatori orientali – eredi effettivi della Roma antica e legittimi detentori della compagine imperiale romana – ma anche la sicurezza di eventuali alleanze militari laddove potesse servire.

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Il principe longobardo Adelchi in un ritratto del XVII secolo

Tramite trattative diplomatiche, si tentò di far sposare la principessa franca Rotrude con l’erede al trono di Bisanzio, Costantino VI, figlio di Leone IV e di Irene. Questo primo tentativo fallì nel 787 d.C., con una netta rottura del fidanzamento – del tutto diplomatico, è evidente – e un tentativo di Bisanzio di portare avanti, anche a discapito di Carlo Magno, campagne militari in Italia, specialmente contro Arechi e Benevento, con l’impiego delle truppe di stanza in Sicilia. Unire l’impero dei Franchi e quello di Bisanzio – qualora si fosse concretizzato il piano – avrebbe significato creare un impero che non si vedeva dai tempi della Roma antica. Un’ipotesi suggestiva, ma dinasticamente complessa, soprattutto al momento delle successioni. Ma si fece un ulteriore tentativo, nonostante tutto.

L’ipotesi di matrimonio con Carlo e la deposizione di Irene: la fine del sogno di un impero esteso

Non sappiamo – ragionandoci se ne deduce la complessità – quanto potesse essere effettivamente funzionale, o più che altro gestibile, un impero unito con quell’estensione e con due mondi all’epoca decisamente differenti, che non erano più il mondo romano antico, ma in sostanza una federazione di stati in parte barbarici e in parte no, con due forme di governo centralizzate ma differentemente organizzate e gestite, con sistemi amministrativi, cerimoniali, funzionari, economia e ramificazioni territoriali del tutto eterogenei. Ma il secondo tentativo di matrimonio coinvolse direttamente i due regnanti.

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Carlo, incoronato imperatore nell’800, che nel frattempo aveva esteso il dominio su Spagna, Francia, Germania e verso i Balcani, propose le nozze a Irene. Tuttavia, a trattative diplomatiche ancora attive e forse in dirittura d’arrivo, Irene nell’802 d.C. fu deposta, perdendo il potere imperiale. Al suo posto prese il controllo di Bisanzio il logoteta Niceforo, un ufficiale cinquantenne, impegnato anche in funzioni economico-amministrative imperiali, tra i più validi uomini di cui si circondò Irene. Prima di diventare logoteta, Niceforo aveva prestato servizio come stratego del tema d’Armenia, mostrando capacità militari e lungimiranza amministrativa. Proprio lui, nell’804 d.C. sottrasse agli Slavi larga parte del Peloponneso, portandovi i Bizantini. Il potere di Irene era finito e con esso il sogno di un largo impero.

Solido aureo con Niceforo

La fine di Irene in monastero e la santificazione ortodossa

Nonostante il figlio spodestato, accecato e fatto morire – nonché un deciso atteggiamento autoritario e accentratore nella gestione del potere imperiale – Irene (la storia riserva sempre sorprese!) divenne santa, su proclamazione dalla Chiesa ortodossa. L’imperatrice passò gli ultimi anni di vita in monastero. Venne esiliata da Costantinopoli per paura che mostrasse nuove mire di governo.

Fu dapprima mandata in un monastero sulle Isole dei Principi, un arcipelago della Turchia, poi sull’isola di Lesbo, nell’Egeo, dove si sarebbe impegnata (pare) come filatrice di lana e dove morì nell’agosto dell’803 d.C. Nel 864 fu canonizzata ad opera di Fozio, patriarca di Bisanzio, per aver difeso il culto delle immagini sacre e il clero, nonostante il figlio ucciso e – a parere di molti storici – il suo contributo al declino dell’economia bizantina. Il culto di Sant’Irene “la giovane” si limita all’ambiente della Chiesa ortodossa.

Il sarcofago dell’imperatrice Irene a Santa Sofia, Di Antonio Piccolo – Istanbul per italiani, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=51445404

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RIFERIMENTI:

  • Cyril Mango, La civiltà bizantina, 1980
  • Georges Minois, Carlo Magno, edizione italiana 2018, collana “I protagonisti della storia”, Corriere della Sera
  • Warren Treadgold, Storia di Bisanzio, 2021, Il Mulino
  • Nicola Bergamo, Irene, imperatore di Bisanzio, 2015, Jouvence
  • Angela Vignotto, Imperatrici dell’Impero Romano d’Oriente (324-1453), 2023, Aracne
  • Il regno di Carlo Magno e lo scontro con Bisanzio, storiaecronologia.altervista.org

Paolo Cristofaro

Nato nel 1994, si è laureato in Lettere e Beni Culturali all'Università della Calabria. Presso lo stesso ateneo ha conseguito poi la laurea magistrale in Scienze Storiche, con una tesi di ricerca sul Medioevo. Collaboratore di quotidiani e riviste, è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti.

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