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L’Italia che lotta per i diritti: ne parliamo con l’On. Cirinnà

La redazione di Frammenti Rivista ha avuto il piacere di intervistare la relatrice al Senato del ddl che porta il suo nome: ascolta le parole di Monica Cirinnà.

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3 minuti di lettura

Il 2016 si è aperto con la discussione di un tema molto importante: le unioni civili e i diritti delle coppie di fatto, sia etero che omosessuali. Abbiamo così interpellato Monica Cirinnà, relatrice al Senato del ddl che porta il suo nome, che ci ha gentilmente concesso un’intervista.

monica cirinnà

di Silvia Ferrari e Dalila Forni

Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia si è dimostrata molto lenta nel prendere una posizione di fronte alle richieste di uguaglianza della comunità LGBTI. Nel 1989 la Danimarca è stato il primo paese al mondo ad autorizzare le unioni civili tra persone dello stesso sesso, nel 2001 l’Olanda ha approvato il matrimonio egualitario, seguita nel 2002 dalla Finlandia, nel 2003 dal Belgio, nel 2005 dalla Spagna, e via dicendo fino ad arrivare a Grecia, Slovenia e Irlanda, che nel 2015 hanno aperto il matrimonio anche alle coppie omosessuali. Sembra incredibile che dopo 27 anni dalla prima approvazione nel mondo delle unioni civili l’Italia stia ancora discutendo sulla questione con così tanti timori. Eppure gli esempi che ci sono stati dati dagli altri Stati (europei e non) sono molto positivi: le unioni civili, il matrimonio egualitario, le adozioni omosessuali non hanno portato nulla ai paesi che li hanno approvati; nulla, se non una maggiore tolleranza e apertura verso il prossimo. Il ddl Cirinnà, proposto appunto dalla senatrice Monica Cirinnà, vuole far compiere al nostro paese un piccolo grande passo verso l’uguaglianza. Un passo che a molti sembra rischioso ed enorme, ma che in realtà vuole semplicemente dare alle minoranze la possibilità di tutelare una famiglia considerata per troppo tempo diversa, di serie B.

Mentre molti italiani vedono il ddl Cirinnà come un primo passo verso l’uguaglianza, altri ritengono che non sia sufficiente un vago riferimento all’articolo 2 della Costituzione e che ci vorrebbe una più decisa equiparazione al matrimonio. Che cosa ne pensa? Si tratta di una testo di legge che volutamente si approccia pian piano a un tema ancora delicato?

È la migliore proposta che siamo riusciti ad avanzare con questo Parlamento. Non c’erano i numeri per fare altro. Per fare un primo passo verso l’uguaglianza e per riportare l’Italia nella legalità dopo la condanna definitiva della Corte europea dei diritti umani, abbiamo portato in aula dopo mesi di studio e di confronto una proposta che potesse rappresentare un giusto compromesso tra le varie anime del Parlamento e della società civile.

Il ddl vuole tutelare un diritto base, un’unione che ancora non esiste agli occhi della legge. Molti politici e cittadini però si sono schierati contro la sua proposta. Cosa li spaventa secondo lei?

Più che di paura, si tratta di non avere la volontà di informarsi sulla molteplicità di situazioni che compongono il nostro mondo: c’è chi non ha la capacità di guardare alle persone e alla società nella quale viviamo. Io dico sempre che riconoscere l’amore tra due persone non porterà carestie, terremoti e pestilenze. I paesi che hanno introdotto una regolamentazione delle famiglie e delle coppie same-sex ce lo dimostrano da anni. Ma sono certa che nel giro di poco, con la legge in vigore, molto cambieranno idea e si renderanno conto che i diritti umani delle persone LGBTI non tolgono nulla a nessuno. La conoscenza, la routine del nostro vivere insieme spazzerà tutte le riserve mentali.

Dal punto di vista di diritti LGBTI, l’Italia deve fare ancora molto, sia per quanto riguarda la legislazione, sia per quanto riguarda la mentalità degli italiani, in molti casi poco inclini a supportare le minoranze. In un paese in cui l’idea di una coppia omosessuale spaventa ancora una parte di popolazione non indifferente, non è rischioso cominciare con un testo di legge in cui compare il concetto di adozione, solitamente passo successivo al matrimonio egualitario?

L’approccio “passo dopo passo” è indubbiamente una strategia utilizzata da moltissimi paesi europei e non. Noi stiamo facendo così, e con questa proposta stiamo ponendo una serie di punti fondamentali per offrire serenità e garanzie alle coppie gay-lesbiche e ai loro figli. Troppo spesso si parla di adozione tout court – che pure mi vede favorevole – ma è un’altra cosa rispetto alla possibilità di adozione del figlio naturale o adottivo dell’altra parte dell’unione civile che ho inserito nella mia proposta.

Leggi anche:
L’Unione Europea fa un passo avanti sui diritti LGBTQUIA+

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Redazione

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